Varici esofagee: cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

Le varici esofagee sono dilatazioni di vene presenti subito sotto la mucosa dell’esofago, il canale che dalla gola raggiunge lo stomaco: si formano nella maggior parte dei casi nei pazienti che soffrono di ipertensione portale, a sua volta una delle maggiori e temibili complicanze della cirrosi epatica.

Le varici esofagee sono una patologia piuttosto grave e pericolosa, in quanto in grado di andare incontro a rottura e causare così sanguinamenti digestivi massivi sotto forma di:

La presentazione clinica è caratterizzata da un quadro di shock emorragico associato ai sintomi caratteristici della cirrosi epatica e dell’ipertensione portale sottostante.

La diagnosi prevede una dettagliata anamnesi ed un attento esame obiettivo, coadiuvati da esami del sangue ed esami strumentali; tra questi ultimi riveste un’importanza cruciale la gastroscopia (EGDS), che permette

  • la diagnosi definitiva della presenza di varici,
  • la loro caratterizzazione patologica con relativo rischio di sanguinamento
  • e, nel caso di un’emorragia in atto, fornisce anche possibilità terapeutiche con la legatura elastica o la scleroterapia.

L’emorragia è talmente grave da poter essere fatale nel 50% dei casi sin dal primo episodio. Nel corso degli anni il rischio di recidive è altissimo e ad ogni nuovo episodio di sanguinamento il rischio di morte aumenta vertiginosamente.

Semplificazione grafica delle varici esofagee

iStock.com/vectortatu e iStock.com/magicmine

Cause

Con il termine varice s’intende la dilatazione di un vaso venoso a causa dell’aumento di pressione del sangue al suo interno; la vena diventa tortuosa, con le pareti che si sfiancano e si indeboliscono (a differenza delle arterie che hanno una parete più robusta per via della maggior presenza di componente muscolare al loro interno). Il meccanismo è ovviamente comune anche alle varici che si sviluppano nelle gambe.

La causa più comune alla base della formazione delle varici esofagee è l’ipertensione portale: La vena porta è un importante ramo venoso che raccoglie tutto il sangue proveniente dall’apparato digerente (e quindi ricco di sostanze nutritive) e lo convoglia verso il fegato, dove verrà utilizzato in numerosi processi metabolici.

Le varici esofagee si possono formare quando il flusso di sangue diretto al fegato è bloccato, nella maggior parte dei casi in seguito alla presenza di tessuto cicatriziale nel fegato stesso (causato tipicamente da malattie che colpiscono l’organo, come la cirrosi epatica). Il flusso sanguigno, non potendo più scorrere liberamente, inizia a risalire aumentando la pressione all’interno della vena porta.

Questa maggiore pressione (ipertensione portale) costringe il sangue a cercare percorsi alternativi attraverso le vene più piccole, come quelle nella parte inferiore dell’esofago; essendo vene minori, non adatte a sopportare l’aumento di sangue e di pressione, tendono a gonfiarsi fin quando non sono più in grado di sopportare il flusso, rompendosi e iniziando a sanguinare.

Le cause delle varici esofagee comprendono:

A seguito della loro formazione, le varici tendono ad ingrandirsi progressivamente con un aumento del loro calibro di circa il 15-20% all’anno, ovviamente con maggiore gravità nei soggetti con cirrosi scompensata.

Approfondimento di anatomia

La vena porta è costituita dalla confluenza di:

  • vena mesenterica superiore,
  • vena mesenterica inferiore,
  • vena splenica (della milza),
  • altri vasi venosi minori.

Il sangue portale confluisce nel fegato dove viene sottoposto a svariati processi biochimici metabolici e raggiunge quindi le vene sovra epatiche e successivamente la vena cava inferiore.

A livello esofageo esistono 3 plessi venosi principali:

  • i primi 2 drenano il sangue nella vena cava superiore,
  • il plesso inferiore drena nella gastrica sinistra e poi nella vena porta.

Proprio a livello del plesso inferiore vi è quindi questa comunicazione a distanza tra il sistema portale e il sistema cavale, e questo spiega il meccanismo patogenetico delle varici esofagee:

quando la pressione all’interno della vena porta supera una certa soglia (circa 20-25 mmHg), il sangue tende a refluire a ritroso nei vari circoli collaterali tra cui quello esofageo; così facendo il sangue tende ristagnare nel plesso esofageo inferiore e progressivamente la parete venosa si sfianca e si dilata portando alla formazione delle varici. Varici che sono piuttosto superficiali, e sottoposte nel tempo alle sollecitazioni meccaniche esofagee (ad esempio ad opera del cibo che viene deglutito) o ad aumenti di pressione improvvisi a questo livello, vanno incontro a rottura e ad emorragie piuttosto gravi.

Questo meccanismo, che in primis era nato per ridurre la pressione portale, porta quindi alla creazione di shunt porto-sistemici, ovvero comunicazioni tra il sistema portale e la vena cava; gli shunt più importanti sono a livello:

  • esofageo dove si formano varici a livello del plesso inferiore,
  • delle vene rettali, con formazione di varici emorroidarie,
  • dei vasi periombelicali, con formazione del tipico “caput medusae”,
  • delle vene gastriche con conseguente gastropatia congestizia.

Classificazione

Per quanto riguarda le varici esofagee, la classificazione più utilizzata per la loro caratterizzazione prevede:

  • Dimensione rispetto al lume esofageo:
    • F1: varici di diametro inferiore ad 1/3,
    • F2: varici con diametro tra 1/3 e 2/3,
    • F3: varici con diametro superiore ai 2/3;
  • Colore:
    • biancastre,
    • o bluastre;
  • Segni rossi che vengono chiamati:
    • red wale markings: lividi rossi a “colpo di frusta”,
    • cherry red spots: macchie “color rosso ciliegia”,
    • arrossamento diffuso,
    • cisti ematiche;
  • Assenza o presenza di esofagite consensuale;
  • Livello di localizzazione:
    • esofago alto,
    • e. medio,
    • e. basso.

Sintomi

Le varici esofagee, una volta formatesi, tendono nel primo periodo ad essere asintomatiche; progressivamente tuttavia compariranno i primi sintomi:

  • disfagia (difficoltà alla deglutizione),
  • sanguinamento sotto forma di:
    • ematemesi: emissione di sangue attraverso la bocca,
    • melena: il sangue non emesso attraverso la bocca prende la via dello stomaco e poi di tutto l’intestino fino ad essere emesso con le feci: venendo “digerito” il sangue fa assumere alle feci un colorito nerastro, un odore sgradevole molto caratteristico ed una consistenza viscosa;
  • anemizzazione: gli episodi emorragici tendono a consumare emoglobina e globuli rossi con conseguente anemia spesso molto grave che mette a serio rischio la vita del paziente;
  • scompenso cardiaco, disfunzione renale e multi-organo: conseguente alla grave emorragia acuta.

Accanto a questi sintomi caratteristici delle varici esofagee si assoceranno altri svariati sintomi dovuti al quadro clinico sottostante di ipertensione portale e cirrosi epatica:

  • ittero (colorazione giallastra di cute e mucose),
  • ingrossamento di fegato e milza (epato e splenomegalia),
  • encefalopatia epatica,
  • insufficienza epatica,
  • edemi declivi (accumulo di liquidi nelle parti declivi del corpo come piedi, caviglie, sacro e mano, a causa della forza di gravità),
  • ascite,
  • segni dello shock emorragico,

Pericoli

Il vero rischio associato alla presenza di varici esofagee non è tanto la presenza in sé, quanto la possibilità che vadano incontro a rottura; questa è più probabile nei casi in cui siano presenti uno o più dei seguenti fattori:

  • elevata pressione sanguigna portale: maggiore è la pressione portale, maggiore è il rischio di sanguinamento,
  • varici di grandi dimensioni,
  • malattia del fegato in fase avanzata,
  • consumo di alcolici.

Purtroppo la prognosi delle varici esofagee è infausta. Circa un terzo dei pazienti cirrotici, nel 70% dei casi entro i primi due anni dal riscontro delle varici, va incontro a rottura delle varici con conseguenti emorragie drammatiche, che risultano mortali in oltre la metà dei casi.

I primi 5 giorni dopo l’esordio del sanguinamento sono considerati il periodo critico per ogni episodio emorragico, per il rischio elevato di morte e di ri-sanguinamento in questa fase precoce.

Dei restanti pazienti oltre l’80% ripete l’episodio emorragico entro l’arco di un anno, con esiti spesso fatali.

Diagnosi

Quando un soggetto riceve la diagnosi di cirrosi sono già presenti varici esofagee nel 40-50% dei casi ed è sempre richiesta una EGDS (esofago-gastro-duodeno-scopia) di screening per valutarne la presenza e il loro rischio di rottura e sanguinamento.

Un paziente con cirrosi che non presenta varici esofagee deve sottoporsi all’esame endoscopico (EGDS) ogni 2-3 anni per valutarne l’eventuale comparsa ed evoluzione.

L’iter diagnostico comincia dall’anamnesi, una sorta di intervista medico-paziente che permette la ricostruzione della storia clinica remota e recente dell’ammalato. In caso di varici esofagee verrà indagata la presenza di cirrosi e ipertensione portale come patologie sottostanti.

L’esame obiettivo mira al riconoscimento di segni e sintomi del paziente che porteranno alla formazione di un quadro clinico tipico del paziente con cirrosi epatica ed ipertensione portale. Principalmente è possibile osservare:

  • cute e mucose pallide per lo stato anemico,
  • addome teso, gonfio e dolente, per l’eventuale presenza di ascite,
  • disturbi neurologici da encefalopatia epatica,
  • caput medusae (vene periombelicali ingrossate e visibili a livello cutaneo, tanto da ricordare la figura mitologica di medusa, caratterizzata dalla presenza di serpi al posto dei capelli),
  • ittero.

Gli esami di laboratorio mostreranno, in caso di sanguinamento da rottura delle varici esofagee, un grave stato anemico con:

  • riduzione dei globuli rossi,
  • riduzione dell’emoglobina (saranno necessarie trasfusioni di sangue multiple),
  • aumento degli enzimi epatici (per il danno da cirrosi),
  • disturbi della coagulazione: aumento del PT e dell’aPTT (che peggiorano la gravità dell’emorragia).

Dal punto di vista strumentale l’esame cardine diagnostico e allo stesso tempo terapeutico è rappresentato dall’esame endoscopico EGDS (in gergo “gastroscopia”), che permette la visualizzazione diretta delle varici esofagee e la loro caratterizzazione patologica; in caso venga effettuata in urgenza (per la rottura delle varici) permette anche diversi trattamenti terapeutici (EGDS operativa).

Cura

L’EGDS operativa permette il trattamento delle varici esofagee ad altissimo rischio di sanguinamento con 2 tecniche principali:

  • legatura elastica,
  • scleroterapia.

La legatura elastica delle varici consiste nello “strozzare” e quindi chiudere il lume di queste vene dilatate, ponendo alla loro origine degli anellini elastici di gomma. Questo blocca l’apporto di sangue all’interno delle varici, le quali inizieranno a detendersi con diminuzione del loro rischio di rottura e sanguinamento. Negli ultimi tempi la legatura è indicata come trattamento gold-standard delle varici emorragiche o ad alto rischio di sanguinamento (quindi come forma di trattamento o di profilassi).

La sclerosi consiste nell’iniezione all’interno delle varici delle sostanze sclerosanti in grado di “coagulare” il sangue al loro interno e quindi di chiuderne il lume.

Per il trattamento dell’emorragia acuta da varici è necessario:

  • Reintegrare il sangue perso con trasfusioni di sangue multiple sino a raggiungere valori accettabili di emoglobina.
  • Fornire copertura antibiotica per prevenire la comparsa di infezioni anche gravi.
  • Utilizzare farmaci vasoattivi per ridurre il sanguinamento (terlipressina, somatostatina od octreotide).
  • Eseguire l’EGDS d’urgenza (entro 12 ore) e praticare la legatura endoscopica (preferibile alla scleroterapia).

Per il trattamento di emorragie in atto è possibile utilizzare anche la sonda di Sengstaken-Blakemore, una sorta di tubicino con palloncino gonfiabile che viene posta all’interno dell’esofago e gonfiato; la sua espansione va comprimere le pareti dell’esofago e blocca il sanguinamento in atto in quel momento. È una procedura solo temporanea utile a tamponare i sanguinamenti massivi inarrestabili. Deve essere rimossa dopo 24-48 ore per evitare l’ischemia della parete esofagea.

Dal punto di vista farmacologico si utilizzano 2 categorie di farmaci che aiutano a ridurre la pressione portale e conseguentemente anche il rischio di rottura delle varici esofagee; hanno significato di prevenzione da altri episodi di emorragie (non sono utili in caso di emorragia acuta in atto):

  • farmaci beta bloccanti non cardioselettivi (propranololo e nadololo),
  • nitrati (isosorbide mononitrato).

Dal punto di vista chirurgico è possibile eseguire degli shunts porto-sistemici artificiali: si creano delle comunicazioni tra vena porta e vena cava inferiore che permettono al sangue di bypassare il fegato cirrotico e di ridurre la pressione a livello portale. Questa procedura ha il grave effetto collaterale di accelerare la comparsa di encefalopatia epatica, e negli ultimi anni viene eseguita sempre più raramente e solo in caso di fallimento dei trattamenti precedenti.

Fonti e bibliografia

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