Sindrome compartimentale: cause, sintomi e terapia

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Cos’è la sindrome compartimentale?

La sindrome compartimentale è una rara ma drastica complicanza che rappresenta, di fatto, una delle poche vere emergenze in campo ortopedico e traumatologico; l’evento scatenante più comune è rappresentato dalla frattura di un arto con successivo involucro in gesso ed immobilizzazione. In questa condizione può venirsi a creare un edema (accumulo di liquidi) dei tessuti che, aumentando di volume, si ritrova “compresso” dall’involucro esterno rigido, quale appunto il gesso. Questo determina un aumento di pressione tale da ridurre il normale afflusso di sangue ricco di ossigeno e nutrienti in quel compartimento, generando un’ischemia a carico di quei tessuti (primo fra tutto il muscolo, che pertanto potrà tendere alla necrosi).

Di fondamentale importanza risulta quindi l’attento monitoraggio dei sintomi di un paziente con un arto ingessato, la comparsa di una sindrome compartimentale impone immediatamente

  • l’eliminazione della compressione esterna
  • e la liberazione dell’arto,

consentendo di evitare la necessità di un intervento chirurgico (dall’asportazione della quota di tessuto colpito, fino alla vera e propria amputazione dell’arto colpito).

Braccio e gamba sono ovviamente i distretti più comunemente interessati dalla sindrome.

Medico che esamina un arto ingessato alla ricerca di sintomi di sindrome compartimentale

iStock.com/AndreyPopov

Causa

Le cause che più comunemente portano alla formazione di edema e successiva sindrome compartimentale sono soprattutto le fratture di un arto, ma è possibile osservarla anche come complicanza di:

  • infezioni,
  • ustioni,
  • grandi traumi,
  • immobilizzazioni prolungate nel tempo.

Richiami di fisiopatologia

Per capire bene il meccanismo della sindrome compartimentale e soprattutto la gravità delle sue conseguenze è utile richiamare il meccanismo di ossigenazione dei tessuti.

La perfusione di un tessuto, che permette lo scambio di ossigeno e sostanze nutritive, è garantita da un gioco di pressioni differenti tra l’interno del vaso e l’esterno.

Nel caso di formazione di un edema, ossia di un inaspettato accumulo di liquidi, il delicato equilibrio di pressioni viene meno, determinando così una prima alterazione del circolo.

Quando poi tale edema si trova costretto dentro una scatola rigida ed inestensibile (come appunto un gesso ortopedico) la sua pressione contrasta ancor di più la circolazione, fino a bloccare del tutto il circolo all’interno dei capillari che è già di per sé estremamente debole.

Il risultato è che viene a mancare al muscolo

  • il nutrimento essenziale da parte del circolo arterioso
  • ed il drenaggio del circolo venoso per quanto concerne il sangue deossigenato e i prodotti di scarto.

Questo squilibrio genera quindi l’insorgenza di ischemia in un primo momento e di necrosi (cioè vera e propria morte cellulare) successivamente.

Sintomi

Le conseguenze di una sindrome compartimentale trascurata possono essere non solo molto gravi, ma anche irreversibili, per questa ragione è indispensabile riconoscerne i sintomi quanto prima ed intervenire con urgenza.

Il primo sospetto, a seguito di un arto ingessato, deve insorgere se il paziente inizia ad accusare dolore, ma tra gli altri sintomi possibili ricordiamo anche:

  • parestesie (alterazione della sensibilità) e formicolii a livello della regione interessata,
  • rigonfiamento, tipico proprio dell’accumulo di liquido per l’edema sottostante,
  • difficoltà di movimento,
  • arrossamento cutaneo,
  • calore in caso di infiammazione.

La cascata di eventi può essere particolarmente rapida, per questo è considerata una vera e propria emergenza medica; un arto necrotico può inoltre rappresentare una fonte di infezione capace di disseminarsi successivamente anche nel torrente circolatorio, diventando causa di sepsi.

Diagnosi

La diagnosi dev’essere quanto più rapida possibile e, per questa ragione,nella maggior parte dei casi non si dispone del tempo necessario a procedere ad esami strumentali capaci di fornire una diagnosi di certezza; indagine clinica ed eventuale sospetto devono spesso essere sufficienti per intraprendere un percorso terapeutico.

L’esame di un arto fratturato ed ingessato, dolente e lievemente rigonfio, deve suscitare il sospetto di una sindrome compartimentale.

L’esame in grado di dirimere sulla realtà o meno della diagnosi, quando le tempistiche lo permettano, è rappresentato dalla misurazione della pressione intra-compartimentale, procedura lievemente invasiva che richiede che un ago venga inserito direttamente all’interno del compartimento muscolare di uno o dientrambi gli arti, misurando in termini numerici la pressione al suo interno.

Altre indagini di contorno sono rappresentate da:

  • indici generalizzati di infiammazione,
  • indici di danno a livello muscolare, quali ad esempio la creatin-chinasi o la mioglobina circolante,
  • indici di funzionalità renale, che viene spesso alterata in caso di danno muscolare.

Terapia

Il trattamento di un evento così rapido deve essere intrapreso quanto prima.

Gli approcci possono essere molteplici e variano a seconda dello stadio a cui la patologia viene diagnosticata.

  • Trattamento sintomatico, nelle fasi iniziali. La prima manovra da realizzare consiste nell’eliminazione dell’involucro esterno rigido (in termini semplici è necessario togliere il gesso, quando presente), sollevamento dell’arto per facilitare il drenaggio dei liquidi e, se disponibile, impacchi con del ghiaccio.
  • Chirurgia, nel caso in cui la pressione intra-compartimentale non riesca a diminuire nonostante gli accorgimenti sopra descritti. L’intervento consiste nella fasciotomia, ovvero l’apertura a strati dell’arto così da permettere il riequilibrio delle varie pressioni tra loro. Nel caso in cui vi sia già del tessuto muscolare necrotico deve essere totalmente asportato dal chirurgo.
  • Amputazione. Rappresenta purtroppo l’ultimo step, laddove la diagnosi sia stata ormai tardiva e l’intervento non sia riuscito a salvare tessuto muscolare.

Prevenzione

Essendo la sindrome compartimentale innescata e legata ad una serie di eventi concatenati tra loro ed estremamente rapidi, risulta di fondamentale importanza la prevenzione ancor più della sua terapia, che non sempre garantisce una risposta ottimale.

Da parte del medico è sempre fondamentale osservare, dopo una frattura con successiva gessatura, qualunque sintomo o fastidio accusato dal paziente, per eliminare la contenzione e monitorare la pressione intra-compartimentale nel caso di sintomi suggestivi.

In caso di trauma o frattura è mandatorio sollevare l’arto, così da facilitare il drenaggio e prevenire la formazione di edema. Ad esso deve essere associata l’apposizione di ghiaccio sulla regione lesa così da favorire la vasocostrizione e minimizzare il rigonfiamento.

Fonti e bibliografia

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