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Introduzione

Con il termine “Shigella” s’indica un genere di batteri

  • Gram-negativi (che rimangono colorati di rosa dopo aver subito la colorazione di Gram),
  • asporigeni (incapaci di produrre spore),
  • non mobili (incapaci di muoversi)
  • e aerobio-facoltativi (che pur avendo un metabolismo principalmente aerobico, sono in grado di sopravvivere anche in condizione di scarsità di ossigeno).

Le Shigelle appartengono alla famiglia delle enterobatteriacee e trovano nell’intestino umano il loro habitat naturale; la malattia causata da questi microrganismi è definita shigellosi (anche nota come dissenteria bacillare), una condizione clinica caratterizzata da

La diagnosi è clinica ed è confermata alla coprocoltura, un esame microbiologico svolto sulle feci.

Il trattamento, nelle forme lievi di malattia, prevede un regime di reidratazione, mentre nei pazienti con infezioni moderate o gravi e nei soggetti immunocompromessi, può richiedere la somministrazione di antibiotici.

Primo piano di mani che toccano l'addome a causa dei crampi, sintomo comune nei casi d'infezione da Shigella

Il dolore addominale è uno dei sintomi caratteristici dell’infezione da Shigella (iStock.com/baona)

Il batterio

Il genere Shigella, così chiamato per il nome del suo scopritore, Kiyoshi Shiga, che lo caratterizzò nel 1898, comprende quattro specie:

  • Shigella dysenteriaee: causa la forma di dissenteria più grave ed è l’unico sierotipo produttore di tossina Shiga, che a volte è responsabile dell’insorgenza di una sindrome emolitica uremica (SEU), caratterizzata dall’associazione di manifestazioni patologiche a carico del sangue e dei reni, come l’anemia emolitica, la piastrinopenia (riduzione del numero di piastrine) e l’insufficienza renale acuta.
  • Shigella flexeneri: è la specie di Shigella predominante nei Paesi in via di sviluppo e si trova normalmente nelle fonti d’acqua contaminate da feci umane.
  • Shigella boyidii: è la specie di Shigella meno rappresentata.
  • Shigella sonnei: è la specie di Shigella più diffusa nei Paesi sviluppati, in particolare negli Stati Uniti.

Tutte le specie di Shigella possono causare diarrea acquosa ma, soprattutto Shigella dysenteriaee, può causare dissenteria (evacuazione frequente e spesso dolorosa di piccole quantità di feci che contengono sangue, pus e muco), diarrea grave e possibile sviluppo di complicanze.

Contagio

La fonte dell’infezione è rappresentata dalle feci degli individui infetti o dei portatori convalescenti.

Il contagio può essere:

  • diretto, da persona a persona, per via oro-fecale;
  • indiretto, tramite l’ingestione di alimenti contaminati o il contatto con oggetti contaminati e successivo trasporto dei batteri alla bocca.

L’acido gastrico non è in grado di distruggere questi batteri con facilità, per cui anche l’ingestione di minime quantità di Shigella può determinare la comparsa di infezione.

Intestino crasso e dettaglio del colon

iStock.com/ttsz

Nell’intestino crasso (la parte terminale del tubo digerente, che si estende dalla valvola ileocecale all’ano), i batteri causano infiammazione e successivamente vengono espulsi attraverso le feci.

L’infezione poi si diffonde attraverso:

  • mani sporche, da persona a persona,
  • rapporti oro-anali,
  • il consumo di acqua contaminata da rifiuti umani,
  • mediante l’ingestione di alimenti contaminati (per esempio lavorati da personale infetto, che non abbia accuratamente lavato le proprie mani dopo l’utilizzo del bagno).

In luoghi sovraffollati eo con servizi sanitari inadeguati, come campi profughi, navi da crociera, accampamenti militari, asili nido, possono verificarsi vere e proprie epidemie; le infezioni, inoltre, possono essere particolarmente gravi nei bambini, che possono presentare anche sintomi atipici, come le convulsioni.

Sintomi

L’incubazione delle infezioni da Shigella è pari a circa 1-2 giorni.

Negli adulti l’infezione si manifesta principalmente con:

  • crampi addominali,
  • frequente stimolo a defecare (l’evacuazione può alleviare temporaneamente lo stimolo doloroso),
  • diarrea acquosa,
  • occasionalmente febbre non elevata (38-38,9°),
  • dissenteria, con emissione di feci contenenti sangue, pus e muco, nei casi più gravi.

Nei bambini piccoli, la sintomatologia esordisce improvvisamente con:

  • febbre,
  • irritabilità,
  • sonnolenza,
  • inappetenza,
  • vomito,
  • diarrea,
  • dolori addominali,
  • frequente stimolo a defecare,
  • comparsa di sangue, pus e muco nelle feci, generalmente entro 3 giorni dalle prime manifestazioni cliniche.

Se non complicato, il quadro clinico si risolve generalmente nell’arco di due settimane.

Quando contattare il medico

In caso di diarrea si raccomanda di rivolgersi al medico in caso di:

  • febbre
  • dissenteria (diarrea sanguinolenta),
  • dolori addominali severi,
  • disidratazione,
  • grave debilitazione.

Complicanze

Le complicanze insorgono principalmente nei bambini e includono:

  • Comparsa di febbre molto alta (fino a 41°C) accompagnata da crisi convulsive, deliri, coma.
  • Disidratazione con conseguente calo ponderale (può essere particolarmente grave nei bambini al di sotto dei 2 anni, nelle persone affette da malattie croniche, nei pazienti anziani e debilitati, in cui può determinare shock e decesso).
  • Aumento nella frequenza delle evacuazioni (fino a 20 al giorno).
  • Prolasso rettale (fuoriuscita di parte del retto dal corpo).
  • Nel caso di infezione da Shigella dysenteriae, comparsa di sindrome emolitica uremica (SEU), caratterizzata dall’associazione di manifestazioni patologiche a carico del sangue e dei reni, come l’anemia emolitica, la piastrinopenia e l’insufficienza renale acuta.
  • Artrite reattiva (infiammazione articolare), specialmente negli adulti.
  • Uveiti (infiammazioni oculare) e uretriti (infiammazioni dell’uretra, con dolore durante la minzione), possono manifestarsi settimane o mesi dopo la diarrea.

Diagnosi

Il medico può sospettare la Shigellosi sulla base della storia clinica e della sintomatologia riferita dal paziente (dolore addominale, febbre, diarrea emorragica o acquosa).

La conferma si ottiene mediante coltura di un campione di feci (questo esame prevede il prelievo di un campione di feci che sono poi inviate in laboratorio al fine di far crescere e identificare la specie batterica responsabile dell’infezione e consente di determinare, attraverso l’antibiogramma, qual sia la terapia antibiotica più efficace per il caso in esame).

Cura

Le forme lievi di infezione in genere si risolvono entro 4-8 giorni e non richiedono l’utilizzo di antibiotici, ma solo la reintegrazione di acqua e sali per via orale.

Le forme gravi di infezione hanno una durata media di 3-6 settimane e possono richiedere il ricovero ospedaliero, per la somministrazione di liquidi endovena e la prevenzione di complicanze come la sindrome emolitico-uremica.

In caso di necessità e sotto consiglio medico possono essere somministrati antibiotici come l’azitromicina, la ciprofloxacina o il ceftriaxone.

L’utilizzo di farmaci antidiarroici (come la loperamide) è invece sconsigliato, in quanto potrebbe prolungare la durata della malattia impedendo l’eliminazione del batterio dall’organismo.

Prevenzione

È buona norma attenersi alle corrette norme igienico-sanitarie per prevenire la diffusione dell’infezione; in particolar modo, si consiglia, se si è affetti da shigellosi o se si è in contatto con altre persone infette, di lavarsi le mani con acqua e sapone, soprattutto prima di toccare altri individui o maneggiare del cibo; questa accortezza, comunque, dovrebbe essere attuata sempre, a prescindere dalla malattia.

Le feci che contaminano la biancheria del letto degli individui affetti devono essere smaltite in acqua corrente e successivamente abiti e biancheria devono essere lavati in lavatrice con acqua calda.

I bambini sintomatici, inoltre, dovrebbero evitare il contatto con bambini non infetti.

Fonti e bibliografia

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