Pemfigoide bolloso: cause, sintomi, diagnosi e terapia

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Introduzione

Il pemfigoide bolloso è una patologia autoimmune della pelle caratterizzata dalla comparsa di lesioni eritematose che, dopo qualche giorno, si trasformano in bolle di diametro variabile in grado di raggiungere la dimensione di qualche centimetro. Le lesioni si localizzano principalmente sugli arti e sul tronco e sono spesso causa di intenso prurito.

Si tratta di una malattia di origine autoimmune, ciò significa che il corpo, in seguito a un malfunzionamento del sistema immunitario, produce anticorpi (auto-anticorpi) che aggrediscono le stesse cellule che dovrebbero invece normalmente difendere dall’attacco di virus e batteri.

È la più frequente patologia bollosa autoimmune e in Italia l’incidenza è di circa 10 casi per milione di abitanti. Si tratta quindi di una patologia rara, che colpisce prevalentemente soggetti anziani, ma che talvolta è stata descritta anche nei bambini. Maschi e femmine sono affetti con la stessa frequenza.

Nel 30-50% dei casi il pemfigoide bolloso è associato a malattie neurologiche e psichiatriche come

Il pemfigoide bolloso è una patologia cronica con andamento recidivante, caratterizzata da lunghi periodi di remissione alternati a periodi di riacutizzazione, in genere meno gravi rispetto all’episodio iniziale.

In assenza di trattamento il decorso spontaneo del pemfigoide bolloso può essere grave, lesioni estese possono portare a disidratazione e ad una significativa perdita di proteine, che può essere pericolosa soprattutto per le persone molto anziane.

Il trattamento è molto efficace e le lesioni guariscono generalmente senza la formazione di cicatrici; solo raramente possono rimanere delle macchie pigmentate o piccole cisti solide.

La terapia è basata sull’utilizzo di corticosteroidi in forma topica (locale) nei casi di malattia localizzata, con poche bolle o a lenta evoluzione. Nel caso in cui invece la malattia abbia un interessamento diffuso a tutto il corpo la terapia standard prevede l’utilizzo di corticosteroidi in forma sistemica. Talvolta è necessario ricorrere alla somministrazione di una terapia immunosoppressiva, utile per evitare gli effetti collaterali legati all’impiego prolungato nel tempo dei corticosteroidi.

Il pemfigoide bolloso è contagioso?

Il pemfigoide bolloso non è:

  • contagioso (non può essere trasmesso ad altre persone),
  • causato da un’allergia,
  • influenzato dalla dieta o dallo stile di vita.

Immagini

Immagine di una gamba colpita da pemfigoide bolloso

By Mohammad2018Own work, CC BY-SA 4.0, Link

Causa

Il pemfigoide bolloso è causato dalla formazione di auto-anticorpi diretti verso due proteine della membrana basale, la struttura che separa le due principali componenti della pelle cioè l’epidermide e il derma sottostante: invece di attaccare germi esterni, il sistema immunitario attacca e danneggia la pelle.

Gli autoanticorpi sono responsabili della malattia perché causano un distacco tra l’epidermide (verso l’alto) e il derma (verso il basso) e ciò causa la formazione di una bolla.

Fattori di rischio

Il pemfigoide bolloso, come la maggior parte delle malattie autoimmuni, non presenta fattori di rischio certi che predispongano all’insorgenza della malattia, ma si ritiene che concorra alla comparsa della patologia una combinazione di cause genetiche ed ambientali, in particolare sono stati evidenziati i seguenti possibili fattori di rischio:

Più raramente invece il pemfigoide bolloso può verificarsi in forma di sindrome paraneoplastica, ovvero può essere la spia di un carcinoma viscerale, in particolare del tratto gastrointestinale. L’esordio è spesso contemporaneo ai sintomi della neoplasia, ma talvolta la precede anche di molto.

Sintomi

La clinica del pemfigoide bolloso si compone di due fasi salienti: una fase prodromica e una fase bollosa.

La fase prodromica, detta anche pre-bollosa o non-bollosa, può durare per settimane o mesi ed è caratterizzata dalla comparsa di chiazze eritematose che possono essere più o meno pruriginose. In alcuni pazienti queste lesioni possono essere l’unica espressione della malattia per molti mesi o anni, mentre in altri pazienti possono addirittura non verificarsi lesioni visibili.

La fase bollosa è caratterizzata dalla comparsa graduale di bolle di dimensioni variabili, e talvolta confluenti tra loro, che insorgono sulla cute eritematosa e/o edematosa.

Il contenuto della bolla è nella maggior parte dei casi limpido o siero-ematico (composto cioè da siero e sangue). Le bolle possono persistere intatte per qualche giorno per poi rompersi lasciando il posto ad erosioni superficiali che si coprono di croste giallastre o bruno-nerastre. Le erosioni rimangono invariate nelle dimensioni e vanno incontro ad una progressiva guarigione, generalmente senza lasciare cicatrici o segni di atrofia.

L’estensione dell’eruzione bollosa e l’evoluzione variano da persona a persona; le lesioni bollose appaiono spesso raggruppate tra loro e la loro distribuzione si concentra prevalentemente sugli arti e sull’addome, soprattutto a livello delle pieghe cutanee. Il volto e il cuoio capelluto vengono normalmente risparmiati, mentre in rari casi vengono colpite le mucose di occhi, naso, bocca, faringe, esofago, e genitali.

Nel pemfigoide bolloso dell’infanzia le bolle mostrano una tipica distribuzione alle mani e ai piedi o ai genitali. Le lesioni cutanee sono sempre accompagnate da prurito, che può presentare vari gradi di intensità fino a diventare invalidante.

Il decorso del pemfigoide bolloso è cronico-recidivante, caratterizzato da lunghi periodi di assenza di malattia alternati a periodi di esacerbazione in genere meno gravi rispetto all’episodio iniziale.

La prognosi del pemfigoide bolloso è comunque favorevole nonostante i tempi di guarigione siano, in genere, molto lunghi.

Esistono diverse forme di pemfigoide bolloso:

  • La forma bollosa generalizzata sopra descritta, che è la più comune.
  • La forma vescicolare, meno comune e caratterizzata da piccole vescicole che insorgono principalmente sulle mani e causano un forte prurito.
  • Il pemfigoide della gravidanza, che insorge nel 2° o 3° trimestre di gravidanza o nel post-partum.
  • La forma mucosale, che interessa principalmente le mucose e solo eccezionalmente la cute.

Complicazioni

La principale complicanza legata al pemfigoide bolloso è rappresentata dalle infezioni delle aree colpite, che possono essere anche molto gravi.

Nelle persone anziane, inoltre, possono crearsi delle complicanze legate alla terapia, in particolare relativamente all’uso prolungato di corticosteroidi. Questo tipo di farmaci può portare infatti allo sviluppo di svariati effetti collaterali, tra i principali osteoporosi e diabete.

Diagnosi

La diagnosi di pemfigo bolloso può essere complicata, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia; l’iter diagnostico si avvale di

  • esami clinici,
  • di laboratorio
  • e di una biopsia cutanea.

Clinica

Dal punto di vista clinico si valutano le caratteristiche delle lesioni:

  • forma,
  • sede (l’assenza di bolle sulla testa e sul collo permette di avvalorare l’ipotesi di pemfigoide bolloso),
  • estensione della malattia,
  • intensità del prurito,
  • segno di Nikolsky negativo: esercitando una piccola pressione sulla cute sana circostante la lesione non si provoca il distacco epidermico. Questa manovra permette di distinguere il pemfigoide bolloso da un’altra patologia, il pemfigo volgare, in cui invece il segno di Nikolsky è positivo.

Esami di laboratorio

Le analisi del sangue sono utili per la rilevazione della presenza in circolo dell’anticorpo responsabile del pemfigoide bolloso. Il valore degli anticorpi abitualmente non correla con l’attività di malattia.

In alcuni casi può risultare un’eosinofilia (aumento degli eosinofili) all’emocromo.

Biopsia

La biopsia permette di valutare l’origine delle bolle.

Questo esame consente l’analisi microscopica di un frammento di pelle prelevato in anestesia locale, quindi senza dolore, alla ricerca della separazione tra il derma e l’epidermide, rivelando la presenza di bolle sottoepidermiche.

Vengono effettuati inoltre test di immunofluorescenza diretta ed indiretta e in tutti i pazienti affetti si riscontra la presenza anticorpi IgG e depositi di C3 (proteina che si attiva in presenza di infiammazioni, infezioni o malattie autoimmuni) a livello della membrana basale dell’epidermide, sede in cui avviene la reazione autoimmunitaria.

Cura e terapia

Il trattamento di elezione del pemfigoide bolloso è basato sull’utilizzo di corticosteroidi (cortisone).

Dosaggio e modalità di somministrazione dipendono dal grado si severità della malattia:

  • Nelle forme localizzate, con poche bolle e/o a lenta evoluzione, è indicata la terapia topica, che prevede un’applicazione quotidiana e prolungata di grandi quantità di unguenti su tutto il corpo.
  • Nelle forme con interessamento diffuso è preferibile una terapia per via sistemica, che prevede quindi l’assunzione di cortisone per via orale.

Il meccanismo d’azione dei corticosteroidi prevede il blocco della produzione di autoanticorpi, con la conseguente diminuzione e quindi scomparsa del prurito e delle bolle in due/quattro settimane.

Nel caso in cui la malattia non regredisca con il solo utilizzo di corticosteroidi, o nel caso in cui le lesioni risultino particolarmente estese, può essere utile il ricorso a farmaci immunosoppressori (come ad esempio metotrexate, ciclofosfamide, Azatioprina) che permettono un miglior controllo della malattia. L’impiego di farmaci immunosoppressori permette inoltre di diminuire gli effetti collaterali associati all’uso prolungato di corticosteroidi.

Le persone colpite da pemfigoide bolloso dovrebbero inoltre effettuare una disinfezione quotidiana della pelle con soluzioni antisettiche, al fine di evitare problemi di infezione delle bolle. È altresì importante prevenire eventuali problemi legati alla possibile disidratazione delle persone anziane con l’assunzione di abbondanti quantità di liquidi.

Nelle più recenti pubblicazioni scientifiche sta emergendo l’utilità di alcune nuove terapie alternative:

  • Rituximab, un anticorpo monoclonale utilizzato comunemente per il trattamento di linfomi e altre patologie autoimmuni. Questo farmaco permette la distruzione dei linfociti B responsabili della produzione degli autoanticorpi che causano la malattia.
  • Immunoglobuline per via endovenosa, che permettono una riduzione della durata della malattia tramite una più veloce riduzione del numero di autoanticorpi presenti in circolo.

Fonti e bibliografia

  • Fitzpatrick. Manuale ed atlante di dermatologia clinica. 2014
  • Cainelli T. Manuale di dermatologia medica e chirurgica. 2017
  • Kasperkiewiez M. The pathophysiology of bullous pemphigoid. 2007
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