Frattura del femore nell’anziano: riabilitazione, rischi, recupero, …

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Introduzione

Il femore è l’osso più lungo, voluminoso e resistente dello scheletro umano. È localizzato a livello della gamba, dove costituisce parte dell’anca, la coscia e parte del ginocchio.

La parola femore deriva dal latino femur (coscia).

Si articola tra l’altro con l’osso dell’anca, dove dà origine all’omonima articolazione (meglio conosciuta come coxofemorale), ed è proprio qui che si verificano la maggior parte delle fratture nel paziente anziano (oltre i 70 anni), a livello della testa (o collo) del femore. Le ragioni vanno cercate prevalentemente nella riduzione della quantità di tessuto osseo e nella variazione della sua composizione chimica (osteoporosi), che predispone alla rottura anche in seguito a traumi lievi come le cadute.

Tra i segni e i sintomi più indicativi di frattura ricordiamo:

  • dolore,
  • perdita della funzionalità,
  • posizionamento anomalo e accorciamento rispetto all’altra gamba.

La frattura può avvenire in diversi punti dell’osso e può essere

  • composta (i segmenti di frattura conservano la loro posizione anatomica),
  • scomposta (si verifica uno spostamento dei frammenti),

 

  • completa (si assiste a una separazione dei segmenti)
  • non completa (senza separazione dei segmenti)

 

  • ed eventualmente multipla, se si verifica una rottura in più punti.

Da una frattura al femore con le attuali tecniche si può guarire, ma è estremamente importante che l’intervento (prettamente chirurgico) sia tempestivo e che il paziente si riappropri il prima possibile della sua quotidianità.

Rappresentazione grafica dell'anatomia del collo del fermore , dove più spesso si verifica rottura.

Il collo del fermore è la zona dove più spesso si verifica rottura (iStock,com/yodiyim)

Causa

La principale causa di frattura del femore nel paziente anziano sono gli episodi di caduta, che aumentano proporzionalmente con l’età, e che a causa di una ridotta densità ossea (e spesso in presenza di una conclamata osteoporosi) molto spesso si traducono in rotture ossee.

Ad aumentare il rischio concorre anche una ridotta capacità protettiva durante la caduta.

Meno frequenti, ma comunque comuni, sono le fratture da stress, causate da una progressiva e costante degenerazione dell’osso; ne rappresentano fattori di rischio malattie come il diabete e l’artrite reumatoide.

Nei soggetti più giovani la causa più comune è invece un trauma, tipicamente sportivo o da incidente stradale; il femore è un osso particolarmente robusto che, in assenza di fattori di rischio importanti e significativi, necessità di urti particolarmente violenti per andare incontro a frattura.

Sintomi

I sintomi di una frattura del collo del femore dopo una caduta possono includere:

  • dolore,
  • percezione di uno schiocco al momento della rottura,
  • incapacità (o difficoltà ) a sollevare, muovere o ruotare (girare) la gamba,
  • incapacità (o difficoltà ) a stare in piedi o a caricare peso sulla gamba,
  • lividi e gonfiore intorno alla zona dell’anca,
  • accorciamento della gamba, che può anche rivolgersi più esternamente del normale.

Il dolore compare improvvisamente e può tendere ad irradiarsi verso inguine e/o, ginocchio e caviglia.

Da notare che in alcuni casi non compaiono lividi e il paziente mantiene (almeno temporaneamente) la possibilità di camminare.

In caso di sospetta frattura al femore è necessario chiamare immediatamente il 118 e mantenere immobile il paziente.

Complicazioni

Una frattura, soprattutto se non trattata adeguatamente, può evolvere con complicazioni anche molto gravi, come ad esempio:

  • artrosi,
  • infezioni,
  • danni ai nervi (con comparsa di formicolio e fastidio),
  • deformità permanenti.

È infine possibile sviluppare la cosiddetta sindrome compartimentale, una condizione relativamente rara in cui si assiste a un’eccessiva compressione di nervi, vasi sanguigni e muscoli all’interno di uno spazio chiuso; la conseguenza è un ridotto apporto di sangue ossigenato ai tessuti, che nella peggiore delle ipotesi può diventare causa di perdita dell’arto colpito.

Diagnosi

La diagnosi avviene in genere in ambiente ospedaliero e sulla base di:

  • anamnesi (raccolta di informazioni sul paziente, sintomi, storia clinica, fattori di rischio, modalità di caduta, entità del dolore, …),
  • esame obiettivo (visita medica, misurazione della temperatura corporea, osservazione attenta della gamba colpita con particolare attenzione a deformità, tagli, lividi, …),
  • esami strumentali.

Per diagnosticare con certezza una frattura si ricorre in genere a esami di imaging, come ad esempio:

Cura

In ospedale verranno se necessario somministrati antidolorifici per il dolore ed eventualmente antibiotici di copertura; può essere talvolta necessario ricorrere alla somministrazione di anestetici locali ed eventualmente soluzioni reidratanti per prevenire il rischio di disidratazione.

Il trattamento per una frattura del femore è quasi invariabilmente chirurgico e, a meno di condizioni che mettano a rischio la salute del paziente, l’intervento viene in genere fissato a breve distanza di tempo (entro 48 ore dalla caduta, o immediatamente in caso di lacerazione della pelle) per ridurre il rischio di complicazioni come:

  • piaghe da decubito,
  • alterazioni psichiche,
  • infezioni delle vie urinarie,
  • rischi cardiovascolari dovuti all’immobilità

e per consentire al paziente di recuperare l’abilità di stare seduto o in piedi nel più breve tempo possibile.

In circa metà dei casi si procede con l’inserimento di una protesi, nei restanti pazienti si opta invece per la correzione con chiodi e/o placche; la scelta viene fatta dal chirurgo in base a numerosi fattori, tra cui:

  • tipologia della frattura,
  • condizioni di salute del paziente,
  • età.

Di grande importanza nell’orientare la decisione è considerare i tempi di recupero: la frattura del femore corretta con la protesi consente di tornare a camminare in tempi relativamente rapidi, mentre il ricorso a chiodi o placche richiede che il paziente sia costretto a letto per tempi più lunghi, talvolta fino a 60 giorni.

Come qualsiasi altro intervento chirurgico anche quello per la frattura del femore è legato a possibili complicazioni, il cui rischio è tuttavia inferiore ai benefici attesi:

Come si vede in realtà parte dei possibili rischi sono gli stessi legati all’immobilità prolungata che causerebbe la scelta di un trattamento più conservativo.

Riabilitazione

Il principale obiettivo dell’opzione chirurgica per il trattamento della frattura del femore è velocizzare la ripresa e questo stesso scopo guida anche il percorso di riabilitazione che segue l’intervento; in questo modo si aumenta anche la probabilità di evitare perdite di autonomia e riduzione della forza muscolare.

Probabilmente già il giorno seguente l’operazione verrà pianificato con il paziente un percorso fisioterapico che ne supporti la guarigione, con obiettivi realistici fissati in base allo stato di salute pregresso. La letteratura dimostra che intervenire rapidamente e costruire un percorso riabilitativo personalizzato consente di garantire i più ampi margini di ripresa, riducendo al contempo degenza ospedaliera e convalescenza.

La rapidità nella ripresa permette al paziente, di solito anziano e fragile, un pieno recupero anche dal punto di vista mentale, che gli permetta di superare la paura di perdere capacità di movimento e autonomia a causa della frattura al femore.

La permanenza in ospedale dipende dalle condizioni del paziente, ma in genere la dimissione viene pianificata entro 3-5 giorni in assenza di altri problemi.

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Domande e risposte
  1. Il mio papà, 72 anni a dicembre e ragionevolmente in buona salute, giovedì si è rotto il femore a causa di una caduta in giardino; è stato operato il giorno successivo (venerdì) e sabato è già stato fatto scendere dal letto per fare qualche passo.

    Ieri girello e ha già pranzato/cenato seduto.

    Mi chiedo, non staranno correndo un po’ troppo? È vero che è in forma, ma non vorrei che si affaticasse troppo.

    Grazie mille.

    1. Dr. Roberto Gindro

      Le confermo che è molto importante velocizzare i tempi di ripresa e quindi anche il carico sulla gamba operata, questo per ridurre il rischio di complicazioni (sia fisiche che psicologiche); a maggior ragione se il suo papà è una persona attiva e in salute vedrà che non ci saranno problemi.

  2. C’è una dieta particolare che può aiutare?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Una dieta sana ed equilibrata è sicuramente di grande aiuto nel percorso di ripresa; vitamina D e calcio sono i nutrienti più specifici in grado di favorire la guarigione, ma più in generale l’alimentazione deve fornire il giusto apporto di calorie e nutrienti. Non è possibile entrare nello specifico, ma il modello mediterraneo è come sempre un ottimo punto di partenza.