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Introduzione

L’ernia in medicina è per definizione la fuoriuscita di un viscere da quella che rappresenta la sua sede naturale; con ernia epigastrica (o ernia della linea alba) s’intende la fuoriuscita di un viscere addominale (soprattutto grasso omentale e anse intestinali) a livello epigastrico, attraverso una piccola apertura della parete addominale dovuta ad un cedimento della sua struttura muscolo-fasciale.

Infografica semplificata dell'ernia epigastrica

iStock.com/VectorMine

La regione anatomica epigastrica è uno dei nove quadranti in cui è possibile dividere l’addome; nello specifico l’addome è divisibile in:

  • Ipocondrio destro
  • Epigastrio, o regione epigastrica
  • Ipocondrio sinistro
  • Fianco destro
  • Mesogastrio, o regione ombelicale
  • Fianco sinistro
  • Fossa iliaca destra
  • Ipogastrio
  • Fossa iliaca sinistra

L’epigastrio rappresenta il quadrante centrale più superiore, posto tra l’estremità dello sterno e l’ombelico.

Le cause di un’ernia epigastrica prevedono un cedimento delle strutture muscolo-fasciali della parete addominale, per esempio in seguito a:

  • pregresso intervento chirurgico a livello addominale che aumenta il rischio di successiva comparsa di laparocele epigastrico,
  • messa in atto del torchio addominale durante l’attività lavorativa, il sollevamento di pesi in palestra o gli sforzi evacuativi,
  • obesità e gravidanza.

Clinicamente l’ernia epigastrica si presenta con sintomi quali:

  • presenza di tumefazione rigonfiamento o di una massa a livello epigastrico,
  • possibilità di ridurre manualmente l’ernia, ovvero riportare il viscere erniato nella sua sede originaria, con scomparsa del gonfiore,
  • modificazioni dell’alvo con comparsa di stipsi.

Nelle fasi iniziali tipicamente non è presente dolore.

Col passare del tempo, qualora non si intervenga chirurgicamente per correggere il difetto erniario, potranno insorgere complicanze anche gravi, quali:

  • incarcerazione dell’ernia (impossibilità di ridurre manualmente l’ernia),
  • strozzamento dell’ernia (il viscere erniato viene compresso a livello del suo peduncolo, andando incontro a sofferenza vascolare con alto rischio di necrosi).

La diagnosi di ernia epigastrica è piuttosto agevole e si basa su anamnesi ed esame obiettivo, effettuati da un medico esperto. Per la conferma della diagnosi e soprattutto per porre indicazione all’intervento chirurgico si utilizzano esami strumentali quali ecografia o TC addome, che permettono di determinare quali siano i caratteri dell’ernia, la sua gravità, da quale organo essa è costituita e quindi quale trattamento risolutivo risulti più adatto.

Dal punto di vista terapeutico inizialmente si può attuare una strategia di “watch and wait”, ovvero tenere sotto stretta osservazione l’ernia valutandone gli sviluppi con un periodico follow-up; quando tuttavia le dimensioni dell’ernia tendono a superare una soglia limite e compaiano sintomi importanti, viene posta indicazione all’intervento chirurgico.

Cause

L’ernia epigastrica può insorgere in soggetti di qualunque età, dai bambini molto piccoli agli adulto-anziani. La causa è da ricercare in un cedimento delle strutture muscolo-fasciali della parete addominale, che può essere favorito da:

  • debolezza intrinseca della muscolatura della parete addominale a livello epigastrico, condizione che favorisce la comparsa dell’ernia sin dalla prima infanzia;
  • pregresso intervento chirurgico a livello addominale che porta ad una zona di debolezza a livello della cicatrice chirurgica. Un’ernia che compare in seguito ad un intervento chirurgico nella sede della pregressa cicatrice prende il nome di laparocele;
  • obesità grave;
  • gravidanza;
  • frequenti sforzi con torchio addominale e manovra di ponzamento (contrazione muscolare della parete addominale e del diaframma che porta un aumento di pressione nel cavo addominale trattenendo il fiato); questo si verifica in caso di:
    • determinate attività lavorative,
    • sollevamento di pesi in palestra,
    • stipsi ostinata che richiede un notevole sforzo evacuativo,
    • accessi di tosse ripetuti.

Sintomi

L’ernia epigastrica è una condizione spesso asintomatica, che può rimanere tale per diverso tempo e fino alla comparsa di complicanze.

In caso di ernia sintomatica il sintomo più comune è la presenza di una piccola tumefazione senza dolore, che può anche passare inosservata.

Col tempo e in assenza di trattamento l’ernia tende tuttavia ad ingrossarsi e ad associarsi a sintomi come:

  • senso di tensione e fastidio in posizione eretta o con l’assunzione di particolari posture,
  • dolore puntorio o trafittivo,
  • comparsa di stipsi (poiché eventuali anse intestinali erniate hanno più difficoltà a far progredire in senso aborale il loro contenuto),
  • notevole disturbo estetico.

In fase iniziale l’ernia sarà riducibile, ovvero con una manovra manuale il medico (e a volte anche il paziente stesso) riesce a riportare il viscere erniato all’interno della cavità addominale, mentre con il passare del tempo questa manovra si renderà sempre più complicata e meno ripetibile sino ad avere un’ernia che sarà ormai irriducibile.

Complicazioni

Le maggiori complicanze dell’ernia inguinale sono:

  • incarceramento dell’ernia con l’impossibilità della sua riduzione e conseguente occlusione intestinale con alvo non canalizzato a gas e feci,
  • strozzamento dell’ernia: rappresenta una vera e propria urgenza chirurgica con elevato rischio di morte qualora non si intervenga immediatamente. Indica la sofferenza vascolare del viscere erniato (soprattutto appendice omentale od ansa intestinale) con la compromissione della sua irrorazione che porta al rischio di necrosi ed infarto intestinale.
Ernia strangolata

Non è più possibile far rientrare l’ernia, il cui afflusso di sangue viene pericolosamente ridotto (iStock.com/blueringmedia)

Diagnosi

La diagnosi di ernia epigastrica si basa su anamnesi ed esame obiettivo condotto durante una visita generale del medico, coadiuvata eventualmente da esami strumentali.

Con l’anamnesi il medico pone una serie di domande al paziente, al fine di ricostruire la storia clinica recente e passata dell’ammalato, valutando ad esempio:

  • tempo trascorso dalla comparsa del rigonfiamento a livello epigastrico,
  • eventuale presenza di dolore,
  • eventuale aumento delle dimensioni col passare del tempo,
  • presenza di altri sintomi particolari,
  • recente modifica dell’alvo con tendenza alla stipsi,
  • svolgimento di una particolare attività lavorativa, sport o attività in palestra (come il sollevamento di pesi).

L’esame obiettivo mira invece al riconoscimento dei sintomi soggettivi e dei segni oggettivi del paziente. Individuando l’ernia e palpandola si chiede al paziente di eseguire piccoli colpi di tosse, così da attivare il torchio addominale e causare la spinta dell’ernia contro il dito del medico, confermandone così la presenza.

Sempre attraverso la palpazione è possibile determinare la grandezza della porta erniaria, ovvero le dimensioni del difetto di parete attraverso cui il viscere tende a fuoriuscire.

  • In caso di porta erniaria molto grande (diversi centimetri) il viscere tenderà ad erniare e a ridursi molto frequentemente, ma con basissimo rischio che si possa avere uno strozzamento del viscere.
  • In caso invece di porta erniaria molto piccola, è meno probabile l’erniazione del viscere ma, qualora avvenga, il rischio che l’ernia diventi irriducibile e quindi si strozzi con conseguente sofferenza vascolare risulta aumentato.

Per terminare l’iter diagnostico e per definire meglio i caratteri dell’ernia, anche al fine di un intervento chirurgico, il medico richiede l’esecuzione di un’ecografia e soprattutto di una TC addome. Questo esame permette la definizione dettagliata del tipo di ernia, riuscendo ad individuare la grandezza della porta erniaria e le strutture erniate (nella maggior parte dei casi si tratta di parti del grande omento, appendici epiploiche, anse intestinali o più raramente stomaco, fegato o colon).

L’esame TC viene anche eseguito in regime di urgenza per le forme di ernia epigastrica irriducibile ed a rischio di strozzamento; l’esame permette infatti di valutare anche la sofferenza vascolare del viscere erniato e di porre quindi indicazione all’intervento chirurgico in urgenza.

Cura

Come per gli altri tipi di patologia erniaria, l’ernia epigastrica una volta sviluppatasi non può essere risolta se non mediante un intervento chirurgico di correzione.

Nella maggior parte dei casi, soprattutto nelle forme iniziali e asintomatiche , ci si attiene ad un protocollo di “watch and wait” (vigile attesa), ovvero tenere sotto stretta osservazione l’ernia, con visite successive ed esami strumentali che ne valutino gli sviluppi nel corso del tempo.

Qualora

  • l’ernia diventi manifesta con sintomatologia dolorosa e con altri sintomi associati,
  • si presentino complicanze,
  • o sin dall’inizio la porta erniaria risulti essere molto stretta,

viene posta indicazione all’intervento chirurgico.

L’intervento chirurgico consiste nell’esecuzione di un piccolo taglio a livello epigastrico e con l’esposizione del viscere erniato, che attraverso specifiche manovre viene riposizionato nella sua sede naturale all’interno della cavità addominale; successivamente può essere praticata una riparazione diretta con punti di sutura del difetto erniario, oppure può essere richiesto l’inserimento di una “rete protesica” con la funzione di rinforzare il difetto erniario riparato.

Nonostante l’esito dell’intervento risulti spesso ottimo, esiste il rischio che l’ernia si ripresenti, trattandosi di patologia particolarmente suscettibile alle recidive (soprattutto qualora il paziente continui ad eseguire sforzi con il torchio addominale e/o a causa di un’imperfetta convalescenza).

Sia nella fase precedente all’intervento che in quella immediatamente successiva è particolarmente importate evitare sforzi ed attività fisiche particolarmente impegnative; sa giudizio del chirurgo può inoltre venire consigliato l’utilizzo di una “panciera elastica di contenzione” che, esercitando una pressione costante a livello addominale, eviti l’aggravarsi dell’ernia ne favorisca una guarigione ottimale.

Il periodo di riposo successivo all’intervento è in genere di almeno un mese prima di riprendere l’attività lavorativa o una qualche altra forma di attività fisica.

Fonti e bibliografia

  • Chirurgia. Basi teoriche e chirurgia generale-Chirurgia specialistica: 1-2. AA: Dionigi et al.
    Patologia chirurgica: Patel-Leger e coll. Ed. Masson
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