Shock (collasso cardiocircolatorio): cause, sintomi, pericoli e cura

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Introduzione

Il collasso cardiocircolatorio, o shock, è una sindrome clinica che risulta da una inadeguata perfusione dei tessuti dell’organismo.

Una riduzione del flusso sanguigno nei vari distretti corporei comporta una diminuzione dell’approvvigionamento di ossigeno (O2), trasportato in circolo all’interno dei globuli rossi. L’ossigeno è fondamentale per il funzionamento delle cellule e una sua carenza determina diversi danni cellulari; la sofferenza delle cellule scatena inoltre una risposta infiammatoria che aggrava ulteriormente la diminuita disponibilità. Si crea così un circolo vizioso che può portare a lesioni di diversi organi, fino alla morte del paziente.

La perfusione tissutale, cioè la quantità di sangue ricco di ossigeno e nutrienti che risulta disponibile nei tessuti, è strettamente correlata alla pressione arteriosa e, se questa è ridotta, la pressione di perfusione lo sarà consensualmente.

Si parla di shock quando la pressione arteriosa media (la media tra la pressione sistolica e diastolica, cioè massima e minima) scende sotto i 60 mmHg, in soggetti precedentemente normotesi.

A seconda della causa lo shock può essere distinto in:

  • shock cardiogeno intrinseco,
  • shock cardiogeno estrinseco,
  • shock ipovolemico
  • e shock distributivo.

È tuttavia utile ricordare che nella pratica clinica possono essere presenti più forme contemporaneamente.

È importante riconoscere lo shock e intervenire il prima possibile, correggendone la causa e ristabilendo il volume sanguigno, per ripristinare la perfusione e quindi bloccare il pericoloso circolo vizioso che tenderebbe al contrario ad autoalimentarsi.

Movimenti concitati in Pronto Soccorso

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Cause

  • L’ipotensione (abbassamento della pressione del sangue),
  • l’ipoperfusione (la riduzione del sangue che passa dal sistema circolatorio ai tessuti/organi)
  • e l’ipossia (riduzione dell’O2 nel sangue)

che sono presenti nel collasso cardiocircolatorio causano l’attivazione di una risposta da parte del sistema nervoso autonomo, con

  • aumento dell’attività del sistema simpatico
  • e riduzione di quella del sistema parasimpatico (precisamente, del nervo vago).

In parole più semplici si mettono in moto dei meccanismi di compenso mediante i quali l’organismo tenta di mantenere un adeguato flusso di sangue, e quindi approvvigionamento di O2 e di sostanze nutritizie, agli organi più “nobili”:

Inoltre si attiva la liberazione di glucosio e di altri metaboliti che possono essere necessari come fonte energetica nella situazione di emergenza. Dunque, si avranno:

  • Riduzione dell’apporto di sangue in periferia (tessuto adiposo, cute, muscoli) e splancnica (sistema digerente) per favorire il flusso di sangue verso cuore, cervello e reni.
  • Aumento della frequenza e della gittata cardiaca.
  • Aumento della secrezione di renina da parte del rene. La renina è un enzima che permette l’attivazione di angiotensinogeno in angiotensina I, la quale viene ulteriormente attivata ad angiotensina II. L’angiotensina II ha un’azione diretta vasocostrittrice e determina un incremento del riassorbimento di acqua a livello renale, inoltre stimola la sintesi di aldosterone da parte del surrene, un ormone che porta ad un aumentato riassorbimento di sodio a livello renale. L’effetto finale di questo sistema è di ampliare il volume ematico e quindi mantenere la pressione di perfusione.

La midollare del surrene rilascia adrenalina, che determina un aumento della glicogenolisi (liberazione di glucosio dalle molecole di glicogeno immagazzinate nel fegato) e gluconeogenesi (sintesi epatica di glucosio) e una riduzione della secrezione di insulina.

La gluconeogenesi è favorita anche dal rilascio di cortisolo da parte della corticale del surrene e di glucagone dal pancreas.

Inoltre, il danno cellulare da ridotta perfusione determina la generazione di una risposta infiammatoria sistemica, con messa in funzione di neutrofili, macrofagi e piastrine e liberazione/attivazione di mediatori umorali quali:

  • il sistema del complemento,
  • la cascata della coagulazione, che può portare alla formazione di trombi nel microcircolo e fenomeni ischemici,
  • il trombossano A2, prostaglandine e leucotrieni,
  • TNFα che peggiora l’ipotensione e determina acidosi lattica e insufficienza respiratoria.

Classificazione

Shock ipovolemico

È la forma di shock più comune. Si ha una riduzione del volume di sangue che può essere conseguente a:

  • una perdita di globuli rossi e di plasma a causa di un’emorragia profusa in seguito a trauma, rottura di aneurisma aortico, complicanza di parto o di un’operazione chirurgica, …),
  • una riduzione del volume plasmatico associato a perdite di liquidi a livello genitourinario o gastroenterico (per esempio per vomito o diarrea),
  •  sequestro di fluidi extra-vascolare.

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Shock cardiogeno intrinseco

Si ha un’ipoperfusione dell’intero organismo dovuta ad una riduzione severa della funzione cardiaca; il cuore non riesce più a “pompare” efficacemente il sangue in periferia. La più frequente causa di shock cardiogeno intrinseco è l’infarto miocardico acuto, seguito da cardiomiopatie, miocarditi e patologie valvolari severe. In questi casi il tasso di mortalità ospedaliera è maggiore del 50%.

In particolare, nell’infarto miocardico si stabilisce un circolo vizioso di mantenimento dello shock: l’ischemia delle cellule muscolari cardiache comporta una riduzione della capacità contrattile del cuore e di conseguenza una diminuzione della sua attività di pompa (calo della gittata sistolica e della pressione arteriosa). L’ipoperfusione generale che ne deriva si riflette anche a livello miocardico, determinando ulteriori ischemia e depressione della funzione cardiaca.

Shock cardiogeno estrinseco

È dovuto ad una compressione estrinseca del cuore e delle strutture ad esso adiacenti. Non sono possibili i corretti movimenti di contrazione e di rilasciamento del cuore e la funzione cardiaca ne risulta compromessa. Le cause possono essere:

  • tamponamento cardiaco (accumulo di sangue o di fluidi nel sacco pericardico che avvolge il cuore ed è poco estensibile in acuto),
  • pericardite costrittiva,
  • aumento della pressione intratoracica (come nello pneumotorace iperteso o nell’erniazione di visceri addominali attraverso un’ernia diaframmatica),
  • ipertensione polmonare grave.

In questi casi si osserva nel paziente una triade di segni caratteristica:

  • ipotensione (abbassamento della pressione del sangue),
  • turgore delle vene del collo
  • e suoni cardiaci ovattati all’auscultazione.

Shock distributivo

È caratterizzato dalla presenza di diffusa vasodilatazione periferica: il sangue è “sequestrato” in periferia e la parte restante non è sufficiente per mantenere una circolazione efficace a livello degli organi più importanti (cuore, cervello, reni).

Lo shock distributivo comprende:

  • Shock settico: sindrome di risposta infiammatoria sistemica severa a eziologia infettiva (sepsi), accompagnata da ipotensione o evidenza di ipoperfusione d’organo. Può essere causato da qualsiasi tipo di microrganismo (per lo più batteri Gram negativi – Enterobacteriaceae, Pseudomonas, Haemophilus – e Gram positivi – S. aureus, enterococchi, S. pneumoniae).
  • Shock neurogeno: interruzione delle fibre nervose efferenti del sistema nervoso simpatico che controllano il calibro dei vasi. Può essere dovuto ad un danno al midollo spinale a livello cervicale, ad un importante trauma cranico o alla migrazione cefalica dell’anestesia spinale.
  • Shock anafilattico: risposta generalizzata del sistema immunitario entro pochi minuti dall’esposizione a specifici allergeni (per esempio pollini, acari della polvere, uova, frutta a guscio, veleno di imenotteri, farmaci) in soggetti predisposti. Si manifesta con collasso vascolare, che può essere associato a distress respiratorio (per rigonfiamento della laringe e/o intenso broncospasmo), manifestazioni cutanee (prurito, orticaria con o senza angioedema) e gastroenteriche (nausea, vomito, crampi addominali, diarrea).

Sintomi

Indipendentemente dalla causa e dal tipo di shock, nel collasso cardiocircolatorio conclamato i principali segni sono:

  • ipotensione (pressione arteriosa sistolica inferiore 90 mmHg o pressione arteriosa media inferiore a 60 mmHg),
  • tachipnea (frequenza respiratoria accelerata, come tentativo di compenso),
  • tachicardia (frequenza cardiaca accelerata, come tentativo di compenso),
  • oliguria (riduzione del volume di urine, inferiore a 500 mL nelle 24 ore) che può progredire ad anuria (inferiore a 100 mL nelle 24 ore) nello shock irreversibile,
  • cute fredda e umida (ad eccezione dello shock distributivo in cui sarà calda, dal momento che vi è una vasodilatazione generalizzata).

Inoltre possono essere presenti segni di sofferenza (disfunzione) d’organo a livello:

  • cardiaco (morte delle cellule del miocardio),
  • del sistema nervoso centrale (agitazione, confusione, coma, per carenza di ossigeno),
  • renale (insufficienza renale acuta),
  • gastroenterico (necrosi ed emorragie),
  • respiratorio (danno dell’epitelio alveolare e dell’endotelio capillare, edema polmonare),
  • epatico (necrosi delle cellule)

fino ad una compromissione multisistemica.

Prognosi e complicazioni

Il collasso cardiocircolatorio, o shock, è un’emergenza medica e in quanto tale dev’essere riconosciuto e trattato prontamente in ambiente ospedaliero. Se non si arresta il circolo vizioso alla base di questa condizione, l’ipoperfusione e il conseguente danno d’organo si aggravano sempre di più fino a divenire irreversibili e a portare alla morte del paziente.

Nel dettaglio, nello shock cardiogeno il tasso di mortalità ospedaliera è maggiore del 50% e nello shock settico il 40-60% dei pazienti muore entro 30 giorni dall’evento acuto.

Diagnosi

Per porre diagnosi di shock è importante valutare la clinica del paziente: i segni e i sintomi di collasso cardiocircolatorio sono gli stessi in tutti i tipi di shock e permettono di riconoscere la situazione di emergenza.

Fondamentale è poi stabilire la causa sottostante per impostare un’immediata e corretta terapia salvavita. Per esempio,

  • nello shock ipovolemico è necessario identificare la sorgente di perdita del volume plasmatico (emorragia, che può essere evidente o meno a seconda dei casi, perdite gastroenteriche, …),
  • nello shock settico dev’essere ottenuto materiale per l’identificazione dell’agente patogeno responsabile dal sangue o da altri siti rilevanti,
  • nello shock anafilattico bisogna correlare l’agente scatenante con l’insorgenza immediata dei sintomi attraverso l’anamnesi dei testimoni.

Cura

In caso di collasso cardiocircolatorio è necessario un ricovero ospedaliero in un reparto di terapia intensiva per monitorare e valutare costantemente lo stato fisiologico del paziente.

Devono essere determinate

Devono essere registrate la quantità e la qualità delle urine tramite un catetere vescicale di Foley. Inoltre, lo stato di coscienza è valutato in modo sistematico e frequente.

Si dovranno attuare poi tutte le cure utili per riportare la corretta perfusione tissutale, per ottimizzare il trasporto di ossigeno e per ripristinare rapidamente la funzione cardiaca. In generale, può essere necessario ristabilire il volume intravascolare con la somministrazione endovenosa di soluzione salina isotonica o soluzioni saline bilanciate come il Ringer lattato. In alcuni casi, la funzione cardiaca può essere supportata con la somministrazione di farmaci inotropi positivi (aumentano la forza di contrazione cardiaca) come dobutamina, dopamina e noradrenalina.

A seconda delle condizioni del paziente, inoltre, possono essere richieste trasfusioni di emazie concentrate, di plasma fresco congelato o di piastrine. La funzione respiratoria può essere sostenuta in modo non invasivo (somministrazione di ossigeno mediante l’utilizzo di una maschera) o invasivo (intubazione orotracheale).

Parallelamente al mantenimento delle funzioni vitali, è fondamentale trattare la causa sottostante lo shock, per esempio:

  • arrestare l’emorragia nello shock ipovolemico,
  • attuare la terapia dell’infarto miocardico (rivascolarizzazione tramite coronarografia percutanea o intervento di by-pass coronarico),
  • eseguire una pericardiocentesi (estrazione del liquido dal sacco pericardico) in caso di tamponamento cardiaco,
  • somministrare prontamente una terapia antimicrobica e rimuovere l’eventuale fonte di infezione nello shock settico,
  • somministrare adrenalina nello shock anafilattico.

Fonti e bibliografia

  • Shock and Cardiac Arrest; Maier RV, Munford RS, Hochman JS, Ingbar DH, Harrison’s Principles of Internal Medicine, 18th edition; McGraw Hill Medical, New York, 2012.
  • Hemorrhagic Shock; Cannon JW, Longo DL ed; The New England Journal of Medicine, Massachusett, Jan 2018.
  • Cardiogenic shock: Inotropes and vasopressors; Amado J, Gago P, Santos W, Mimoso J, de Jesus I; Rev Port Cardiol., Elsevier, Nov 2016.
  • The pathophysiology of anaphylaxis; Reber LL, Hernandez JD, Galli SJ; Journal of Allergy and Clinical Immunology, Elsevier, Aug 2017.
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