Bruciore di stomaco: cause, rimedi e cosa mangiare

Ultima modifica

Introduzione

Il bruciore di stomaco, anche definito “pirosi”,

  • è una sensazione di fastidio, a volte dolore, descritto come urente, ossia “bruciante”,
  • localizzato dietro lo sterno o a livello epigastrico, cioè a livello della porzione alta dell’addome comunemente chiamata “bocca dello stomaco”.

Gli anglosassoni descrivono questa sensazione curiosamente “heartburn”, ossia “cuore che brucia”, termine che, al pari del nostro, ben indica la spiacevole sensazione di fastidio retrosternale. Circa il 45% della popolazione lamenta pirosi retrosternale con frequenza mensile, mentre circa il 10% ne soffre giornalmente.

Questo sintomo può essere indicativo di numerose malattie e condizioni, differenti tra loro in tema di

  • cause,
  • gravità
  • e trattamento.

Una delle patologie che più comunemente provocano pirosi retrosternale è la malattia da reflusso gastroesofageo, ma è necessario considerare anche le esofagiti, le diverse tipologie di gastriti e l’ulcera gastrica.

Talvolta, il dolore retrosternale che viene erroneamente imputato allo stomaco o all’esofago può essere invece determinato da problematiche cardiache, come angina pectoris o infarto del miocardio; questa consapevolezza suggerisce che è importante iniziare fin dal principio una diagnosi differenziale che escluda le problematiche cardiache, che richiedono una diagnostica e un trattamento talvolta immediato.

Ciò che guida la diagnosi differenziale è il corredo sintomatologico che accompagna il bruciore di stomaco, spesso caratteristico:

  • Ad esempio, la pirosi retrosternale associata alla malattia da reflusso gastroesofageo si manifesta tipicamente in fase postprandiale, specie dopo un pasto abbondante o che comprende cibi ad alto contenuto di grassi, cioccolato, o alcol; è spesso accompagnata dal rigurgito, ossia dalla risalita spontanea di contenuto gastrico fino alla cavità orale, non associata a vomito. La comparsa di questi sintomi è favorita dalla posizione sdraiata, che è infatti sconsigliato assumere subito dopo il pasto, e che giustifica i risvegli notturni lamentati dai pazienti che soffrono di malattia da reflusso gastroesofageo.
  • Nel caso in cui la patologia che provoca bruciore di stomaco abbia origine gastrica, il sintomo descritto si trova più frequentemente associato ad eruttazioni frequenti, senso di sazietà precoce, ripienezza post-prandiale (sensazione prolungata di ristagno di cibo a livello dello stomaco) nausea e vomito. Questi sintomi, se si presentano insieme, descrivono la “dispepsia”.
  • A volte, il dolore provocato da patologie di origine cardiaca come l’infarto del miocardio o l’angina pectoris, può essere confuso con il bruciore di stomaco. Nel caso il dolore retrosternale sia di origine cardiaca, esso non regredisce con gli antiacidi e si presenta generalmente come un senso di oppressione toracica. La comparsa di nausea o vomito può confondere ulteriormente il quadro. Mentre nel caso dell’angina pectoris il dolore si placa con il riposo, nel caso dell’infarto del miocardio esso insorge in maniera acuta, è violento, prolungato e non regredisce con il riposo. Importante è anche sottolineare che il dolore spesso si irradia alle braccia, alla mandibola, al collo e al dorso. Quando il dolore assume queste caratteristiche, è assolutamente necessario avvertire tempestivamente il medico ed eseguire un elettrocardiogramma per escludere la presenza di infarto del miocardio.

Questo articolo analizzerà le diverse cause più frequenti della pirosi gastrica e retrosternale, cercando di fare luce sulle diverse sintomatologie, diagnosi e possibilità di terapie che le caratterizzano; per trattarle con ordine verranno riportate e classificate in base all’organo di origine, rispettivamente esofago e stomaco.

Per quanto riguarda le patologie cardiache, responsabili di circa lo 0.6% dei casi di bruciore di stomaco (fonte), si rimanda ai relativi articoli di approfondimento:

Primo piano di due mani che si incrociano sul petto a causa del senso di bruciore

iStock.com/PeopleImages

Cause esofagee

L’esofago è un organo muscolare lungo circa 25 cm la cui funzione è quella di trasportare il cibo dalla cavità orale allo stomaco.

Al confine tra esofago e stomaco troviamo lo sfintere esofageo inferiore, un ispessimento muscolare che, unitamente ad altri sistemi anatomico-funzionali chiamati “anti-reflusso”, impedisce che il materiale gastrico risalga a livello esofageo. Le patologie ad origine esofagea che possono provocare bruciore retrosternale comprendono la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) e le esofagiti.

Malattia da reflusso gastroesofageo

La malattia da reflusso gastroesofageo è la causa più comune di pirosi retrosternale.

È una condizione dovuta all’eccessiva risalita di contenuto gastrico a livello dell’esofago. Tale risalita viene considerata un fenomeno fisiologico se limitata ad alcuni episodi occasionali associati al periodo postprandiale (dopo i pasti), mentre se tali episodi diventano frequenti, ma soprattutto provocano sintomi extra esofagei o complicanze, si configura la vera e propria patologia.

Il continuo contatto tra il contenuto gastrico e la mucosa esofagea (cioè lo strato più interno dell’esofago) può, se ripetuto e non trattato, provocare danni alla mucosa stessa, determinando l’instaurazione di un’esofagite, ossia di un’infiammazione a carico dell’esofago.

I fattori di rischio che concorrono nello sviluppo della malattia da reflusso gastroesofageo sono:

Anche durante la gravidanza, sia per motivi ormonali che per motivi compressivi da parte dell’utero verso le strutture addominali, è frequente che le donne lamentino la sintomatologia tipica della malattia da reflusso gastroesofageo.

Il “reflusso” di tale materiale è dovuto alla scarsa continenza dei sistemi “anti-reflusso” sopracitati. Tra questi una particolare menzione merita il legamento freno esofageo, una struttura fibrosa che svolge, tra le altre funzioni, quella di trattenere lo stomaco a livello addominale, cioè inferiormente rispetto al diaframma. Nel caso di lassità (cioè debolezza intrinseca) di tale legamento, si può instaurare l’ernia iatale, ossia una risalita della prima porzione gastrica attraverso lo iato (il foro) del diaframma deputato al passaggio dell’esofago. Se l’ernia iatale è di dimensioni cospicue (maggiore di 2 cm), diviene un fattore di rischio per la malattia da reflusso gastroesofageo.

I sintomi della malattia da reflusso gastroesofageo si classificano in:

  • esofagei (sintomi tipici):
    • bruciore di stomaco,
    • rigurgito, che può essere acido (se limitato al contenuto gastrico) o alcalino (se interessa anche contenuto intestinale).
  • non esofagei (meno frequenti):

I primi due sintomi caratterizzano la malattia da reflusso gastroesofageo, anche se talvolta il rigurgito può mancare.

In genere per la diagnosi è sufficiente un’accurata raccolta della sintomatologia, che costituisce indicazione al trattamento. In caso di

  • presentazioni atipiche,
  • non risoluzione del quadro nonostante la terapia
  • o presentazione in età avanzata

è necessario approfondire mediante alcuni esami strumentali. Tra questi, il più mirato è la PH-impedenzometria delle 24 ore, che consente, mediante una sonda introdotta tramite le cavità nasali, di registrare la pressione intraluminale, il pH e il tipo di reflusso (acido, alcalino, solido, liquido) a livello esofageo.

Poiché l’esame ha la durata di una giornata, è possibile misurare il numero degli episodi di reflusso, la durata singola e cumulativa e il rapporto tra tali episodi e gli atti fisiologici (ad esempio, la posizione supina). L’esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS), comunemente chiamata “gastroscopia” invece ha la funzione di escludere la presenza di complicanze della malattia da reflusso gastroesofageo. Le complicanze di tale patologia comprendono:

  • esofagite da reflusso (presenza di erosioni della mucosa esofagea),
  • stenosi esofagea (ossia la formazione di una cicatrice che restringe il lume esofageo),
  • la metaplasia di Barrett, ossia un cambio conformazionale della mucosa esofagea che per adattarsi al nuovo ambiente acido viene sostituita da epitelio colonnare, più resistente. Tale cambiamento costituisce un determinante fattore di rischio per lo sviluppo del tumore all’esofago (adenocarcinoma esofageo).

La terapia si basa sostanzialmente sul cambiamento dello stile di vita e sull’intervento farmacologico.

  • Dal punto di vista dello stile di vita è importante
    • smettere di fumare,
    • ridurre il consumo di cibi speziati, piccanti, di caffè, bevande gassate ed alcoliche;
    • incrementare l’esercizio fisico,
    • ridurre il sovrappeso (dimagrire).
    • È possibile anche intervenire sul decubito notturno alzando la testata del letto di circa 15-25 cm.
    • La terapia farmacologica invece consta di farmaci antiacidi (inibitori di pompa protonica o antistaminici H2) e di gastroprotettori.

Esofagite

Le esofagiti sono infiammazioni della mucosa esofagea. L’origine dell’esofagite può essere:

  • erosiva (da reflusso, vedi sopra),
  • infettiva (da candida, da herpes virus o da citomegalovirus),
  • attinica (ossia legata all’esposizione a raggi X secondaria a radioterapia toracica),
  • caustica (secondaria all’ingestione di acidi o alcali),
  • eosinofila (per attivazione eccessiva della risposta infiammatoria).

Le manifestazioni cliniche associate all’esofagite sono

  • dolore/fastidio retrosternale,
  • pirosi,
  • disfagia esofagea (ossia la difficoltà a portare a termine la deglutizione),
  • talvolta nausea e vomito.

La diagnosi è permessa dall’esecuzione di un’indagine endoscopica. La terapia dell’esofagite dipende sostanzialmente dalla causa: saranno prescritti antimicotici o antivirali in caso di origine infettiva, antinfiammatori in caso di esofagite da raggi, e steroidi in caso di esofagite eosinofila. Nel caso di danno da assunzione di caustici, invece, può essere necessario intervenire chirurgicamente.

Cause gastriche

Tra le cause gastriche di bruciore di stomaco evidenziamo le gastriti, ossia infiammazioni a carico della mucosa dello stomaco, e l’ulcera peptica.

Gastrite

Le gastriti possono essere classificate in acute e croniche sulla base della durata, mentre in base alla causa possono essere distinte in:

  • gastrite da Helicobacter Pylori,
  • gastrite da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS),
  • gastrite atrofica autoimmune.

Gastrite da Helicobacter Pylori

Helicobacter Pylori (HP) è un batterio praticamente ubiquitario in natura e la sua trasmissione avviene per via oro-fecale. La sua peculiarità è la capacità di resistere e replicare al livello gastrico nonostante il basso pH. L’infezione da Helicobacter Pylori può decorrere in maniera asintomatica o manifestarsi con la sindrome dispeptica, che comprende

  • dolore epigastrico,
  • eruttazioni frequenti,
  • senso di sazietà precoce,
  • ripienezza post-prandiale,
  • nausea e vomito.

La diagnostica richiede la esofago-gastro-duodenoscopia con biopsia gastrica. In alcuni casi è possibile ricorrere a test meno invasivi come il breath test all’urea (che consiste nella somministrazione orale di urea marcata che viene poi ricercata nel gas espirato) o nella ricerca di antigeni dell’Helicobacter Pylori nelle feci. La terapia prevede la somministrazione di antiacidi combinati con antibiotici, per l’eradicazione del batterio. Se non trattata, la gastrite da HP può evolvere in ulcera peptica e costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo del tumore allo stomaco (adenocarcinoma gastrico).

Gastrite da farmaci antinfiammatori non steroidei

I farmaci antinfiammatori non steroidei, comunemente riassunti con la sigla “FANS”, raggruppano una serie di farmaci con effetto antinfiammatorio, antidolorifico e antipiretico comunemente usati sia nella pratica clinica sia come prodotti da banco.

L’assunzione prolungata di elevati dosaggi di FANS determina un disequilibrio tra i “meccanismi di difesa” e i “fattori di aggressione” della mucosa gastrica, a vantaggio di questi ultimi. La sintomatologia si riferisce al quadro della dispepsia. La prevenzione del danno gastrico consiste nel limitare la somministrazione di FANS alla dose minima e ai tempi minimi di trattamento, e in alcuni casi nell’associare a questa l’assunzione di gastroprotettori. Le complicanze sono la gastrite acuta emorragica e l’ulcera peptica.

Gastrite atrofica autoimmune

La gastrite cronica atrofica si configura come una malattia autoimmune causata dalla presenza di anticorpi diretti contro le cellule parietali gastriche e contro il fattore intrinseco, una sostanza normalmente secreta dalle pareti dello stomaco necessaria per l’assorbimento della vitamina B12. Le manifestazioni cliniche della gastrite atrofica prevedono la classica sindrome dispeptica associata ad anemia. L’anemia si instaura per mancato assorbimento di vitamina B12 e di ferro.

Questa condizione può predisporre allo sviluppo di

  • polipi,
  • zone di metaplasia,
  • displasia
  • e neoplasia gastrica.

La diagnosi prevede, dopo il riscontro della positività anticorpale, un esame endoscopico con biopsia. Tale patologia non è reversibile e il rimedio è solo sintomatologico, mediante la somministrazione di procinetici per il trattamento della dispepsia.

Ulcera peptica

L’ulcera consiste in una lesione che coinvolge gli strati più profondi rispetto alla mucosa. La sede dell’ulcera può essere gastrica o duodenale. Tra i fattori di rischio per lo sviluppo di ulcera peptica ricordiamo:

  • infezione da Helicobacter Pylori,
  • assunzione di FANS,
  • fumo di sigaretta,
  • consumo di alcolici e caffè.

Il quadro clinico varia in base alla sede dell’ulcera, ma si manifesta spesso con

  • bruciore di stomaco, irradiato alla schiena e aggravato dall’assunzione di cibo,
  • spesso associato a nausea e vomito.

L’ulcera duodenale invece provoca un dolore epigastrico non irradiato che si manifesta lontano dai pasti e viene alleviato dall’assunzione di cibo.

Le complicanze che possono aggravare l’ulcera peptica sono

  • emorragia,
  • perforazione,
  • stenosi,
  • penetrazione.

La diagnosi richiede l’esecuzione di una esofago-gastro-duodenoscopia.

La terapia prevede la somministrazione di antisecretivi e l’astensione da cibi/fattori di lesione della mucosa, come fumo di sigaretta e FANS.

Cosa mangiare?

Ogni condizione richiede un approccio terapeutico specifico, ma da un punto di vista generale per ridurre il fastidioso senso di bruciore alla bocca dello stomaco si raccomanda una dieta leggera, incentrata su 5-6 spuntini piuttosto che sui classici tre pasti, e basata su alimenti in grado di oltrepassare velocemente lo stomaco per ridurre la secrezione acida.

Si raccomanda in particolare di evitare:

  • caffeina (da qualsiasi fonte, che sia caffè, , bibite energetiche, …)
  • agrumi e succhi di frutta,
  • bevande gassate,
  • alcool,
  • menta,
  • alimenti a base di pomodoro,
  • cibi fritti e grassi,
  • latte,
  • alimenti piccanti,
  • aglio e cipolle,
  • cioccolato.

Per approfondire è possibile fare riferimento al seguente articolo.

Fonti e bibliografia

  • Rugarli C., Medicina interna sistematica 2000
  • Harrison, Principi di medicina interna, 18ª ed., Milano, CEA Casa Editrice Ambrosiana, 2012
Articoli Correlati
Articoli in evidenza