Ultima modifica

Introduzione

HIV è l’acronimo usato per indicare il virus dell’immunodeficienza umana, un virus in grado di danneggiare il sistema immunitario distruggendone i globuli bianchi ed esponendo il paziente ad un aumentato rischio di contrarre gravi infezioni e alcuni tipi di cancro.

L’AIDS è condizione di immunodeficienza acquisita, ossia di carenza di difese immunitarie, ed è l’ultima fase dell’infezione da HIV (soprattutto grazie alle attuali terapie ad oggi non tutti i pazienti con HIV sviluppano l’AIDS).

L’HIV si trasmette principalmente attraverso i rapporti sessuali non protetti, condividendo aghi infettio a seguito del contatto con il sangue di una persona infetta (le donne possono contagiare i propri figli durante la gravidanza o durante il parto, se non trattate).

I primi sintomi di infezione da HIV possono consistere semplicemente in un ingrossamento dei linfonodi e nella comparsa di sintomi simil-influenzali, ma molti pazienti non sviluppano alcuna manifestazione se non dopo anni.

Ad oggi non esiste una cura per guarire definitivamente, ma la medicina dispone di molti farmaci che combattono l’infezione da HIV e riducono il rischio di infettare gli altri. Le persone che ricevono una diagnosi e una terapia precoce possono vivere a lungo con la malattia, al pari di chiunque altro.

Quella che segue è la seconda parte della disamina sul virus HIV, per altre informazioni (cause, sintomi, trasmissione, …) clicca qui.

Fotografia del fiocco rosso simbolo della lotta all'AIDS

iStock.com/Jannoon028

Pericoli

L’effetto ultimo del virus HIV nell’organismo umano è quello di indebolire il sistema immunitario innescando la comparsa della sindrome da immunodeficienza acquisita, non stupisce quindi che le complicazioni ne siano una conseguenza diretta sotto forma di infezioni ed altre malattie da cui il corpo non è più in grado di difendersi.

Si noti tuttavia che, seguendo con scrupolo la terapia, l’organismo riesce a mantenere un sistema immunitario attivo e vigile e quindi la probabilità di incorrere in queste conseguenze risulta drasticamente ridotta.

Infezioni opportunistiche

Le infezioni opportunistiche (le infezioni che approfittano del sistema immunitario indebolito di una persona) rappresentano la complicazione più comune dell’HIV/AIDS e comprendono tutte quelle aggressioni da cui l’organismo ci difende ogni giorno senza che nemmeno ce ne accorgiamo:

  • Candidosi: Si tratta di un’infezione causata da una specie di fungo molto comune e di norma innocuo (candida); se il fungo non trova ostacoli alla proliferazione può essere causa di infezioni a pelle, unghie e mucose (per esempio vagina, pene, bocca, …) in tutto il corpo. Le persone con infezione da HIV hanno spesso problemi con Candida, in particolare in bocca e vagina, ma diventa un problema serio solo quando infetta
    • esofago (tubo digerente),
    • tratto respiratorio inferiore (come ad esempio la trachea e bronchi, o il tessuto polmonare più profondo).
  • Carcinoma invasivo della cervice uterina: Questo tumore colpisce inizialmente la cervice, che è la parte terminale dell’utero che sporge in vagina, per poi diffondersi ad altre parti del corpo.
  • Coccidioidomicosi: Questa malattia è causata dal fungo Coccidioides immitis; il contagio avviene di norma per inalazione di spore fungine che possono causare polmonite, ma si tratta di una patologia comune più che altro in Sud America.
  • Criptococcosi: Questa malattia è causata dal fungo Cryptococcus neoformans, che penetra in genere attraverso i polmoni e può causare polmonite. Può arrivare a diffondersi al cervello, causandone un pericoloso gonfiore, oppure può infettare qualunque parte del corpo.
  • Criptosporidiosi: Questa malattia diarroica è causata dal protozoo parassita Cryptosporidium. I sintomi includono crampi addominali e una  grave diarrea acquosa.
  • Citomegalovirus: Si tratta di un virus che normalmente non causa particolari sintomi nell’organismo sano, ma che al contrario rappresenta una seria minaccia in caso di sistema immunitario indebolito. Può diventare causa di polmonite, gastroenterite, encefalite, retinite, …
  • Encefalopatia HIV-correlata: La causa esatta è tuttora sconosciuta, ma si tratta di una grave infiammazione del cervello.
  • Herpes simplex: Il virus herpes simplex (HSV) è un virus molto comune che per la maggior parte delle persone non è causa di grossi problemi, salvo una fastidiosa febbre sul labbro o una manifestazione erpetica genitale. L’HSV è generalmente acquisito per via sessuale o da una madre infetta durante il parto. Nella maggior parte delle persone con sistema immunitario sano il virus è per la maggior parte del tempo inattivo, salvo in occasionali situazioni di stress. Nelle persone con un sistema immunitario gravemente danneggiato l’HSV può causare bronchite, polmonite ed esofagite.
  • Istoplasmosi: Questa malattia è causata dal fungo Histoplasma capsulatum, microrganismo in grado di infettare polmoni e causare una sintomatologia simile a influenza o polmonite. Le persone con un sistema immunitario indebolito rischiano un grave coinvolgimento anche di altri organi.
  • L’isosporiasi è una malattia infettiva a carattere parassitario che coinvolge l’intestino, l’epidemiologia è aumentata soprattutto dopo la diffusione del virus HIV.
  • Sarcoma di Kaposi: Questo tumore è causato da un virus chiamato Herpesvirus umano 8. Causa la crescita anomala e incontrollata di piccoli vasi sanguigni, potenzialmente ovunque nel corpo, che si manifestano sotto forma di macchie rosa o viola. Diventa pericolosa per la vita quando colpisce gli organi interni come polmone, linfonodi o intestino.
  • Linfoma: Si tratta di tumori che colpiscono linfonodi e il sistema linfatico in genere, come ad esempio il linfoma non-Hodgkin e linfoma di Hodgkin.
  • Tubercolosi: Si tratta di un’infezione causata dal batterio Mycobacterium tuberculosis. La tubercolosi si diffonde a livello aereo, con l’emissione del batterio quando una persona con tubercolosi attiva tossisce, starnutisce o parla. Respirare i batteri può portare a infezioni nei polmoni. I sintomi della tubercolosi nei polmoni comprendono tosse, stanchezza, perdita di peso, febbre e sudorazioni notturne. Sebbene la malattia di solito si verifichi nei polmoni, può colpire anche altre parti del corpo, più spesso la laringe, linfonodi, cervello, reni e ossa.
  • Mycobacterium avium complex (MAC): Il Mycobacterium Avium Complex è una grave malattia provocata da batteri comuni che è in grado di copire polmoni, intestino, midollo osseo, fegato e milza. I batteri responsabili sono molto diffusi si possono trovare in acqua, nel terreno, nella polvere e nel cibo. Sono quindi presenti nel corpo della maggior parte delle persone. Un sistema immunitario sano è in grado di tenere sotto controllo imicrorganismi che causano una MAC, ma chi ha il sistema immunitario molto indebolito può sviluppare questa malattia.
  • Polmonite da pneumocystis carinii e polmoniti ricorrenti in genere.
  • Leucoencefalopatia multifocale progressiva: Si tratta di una malattia virale rara e per lo più fatale caratterizzata da un danno progressivo o da un processo di infiammazione della mielina in posizioni multiple, andando quindi a danneggiare cervello e midollo spinale.
  • Salmonellosi: I batteri appartenenti al genere Salmonella di solito entrano nel corpo attraverso l’ingestione di cibo o acqua contaminati. L’infezione da salmonella (salmonellosi) può colpire chiunque e di solito provoca una malattia auto-limitata con nausea, vomito e diarrea; nei pazienti con sistema immunitario indebolito possono essere causa di infezioni molto più gravi con il rischio di causare una pericolosa setticemia (infezione del sangue).
  • Toxoplasmosi del cervello: La toxoplasmosi è un’infezione che, con l’esclusione delle donne in gravidanza, non causa in genere grossi problemi e si limita a manifestarsi con sintomi influenzali per pochi giorni; nei soggetti con sistema immunitario indebolito può invece essere causa di conseguenza ben più gravi con importanti complicazioni a carico degli organi interni.
  • Sindrome da deperimento da AIDS, caratterizzata dalla perdita involontaria di più del 10% del peso corporeo a causa di diarrea e febbre prolungate, in grado di causare un’importante perdita della massa magra.

Cura e terapia

Ad oggi non si può guarire dall’HIV, ma esistono terapie che consentono a molti soggetti affetti dal virus di vivere una vita piena e lunga, con aspettativa pari a quella di chiunque altro.

Farmaci per il trattamento di emergenza (PEP)

Se si ritiene di essere stati potenzialmente esposti al virus nelle ultime 72 ore (3 giorni), ad esempio a causa di un rapporto sessuale non protetto, l’assunzione di farmaci anti-HIV può impedire che avvenga il contagio. Per essere efficace il trattamento, noto come PEP (profilassi post-esposizione), deve essere avviato entro 72 ore dal contatto con il virus e preferibilmente entro le prime 24 ore. È consigliato solo in caso di alto rischio, in particolare in caso di rapporti sessuali con partner positivo.

Prima viene avviata la profilassi e meglio è, idealmente anche entro poche ore dal supposto contatto con il virus. Più si aspetta, minori sono le speranze che funzioni.

La profilassi PEP è stata ingannevolmente pubblicizzata come “pillola del giorno dopo per l’HIV”, creando un parallelo con la prevenzione d’emergenza di una gravidanza dopo sesso non protetto. La descrizione non è però accurata, perchè la PEP richiede un mese di trattamento, con possibili effetti collaterali importanti e un’efficacia non garantita. Il trattamento richiede l’assunzione degli stessi farmaci prescritti ai soggetti positivi per l’HIV. Questo protocollo viene in genere prescritto e seguito dal Pronto Soccorso, in collaborazione con il reparto ospedaliero di malattie infettive. I soggetti affetti da HIV possono rivolgersi al proprio centro di cura nel caso la profilassi riguardi un proprio partner sessuale.

Se il test è positivo

In caso di diagnosi di HIV, sarà necessario sottoporsi periodicamente a esami del sangue per monitorare l’andamento dell’infezione prima di avviare il trattamento. Questo comporta il controllo della quantità di virus nel sangue (viremia) e degli effetti del virus sul sistema immunitario. Quest’ultimo elemento richiede la conta dei linfociti CD4+ nel sangue. Queste cellule sono fondamentali nel combattere le infezioni.

L’obiettivo della terapia è la riduzione dei livelli di HIV nel sangue, la ricostituzione del sistema immunitario e la prevenzione di qualunque malattia conseguente al virus.

Durante il trattamento i livelli del virus nel sangue (viremia) in genere sono molto bassi e le probabilità di infettare qualcuno ridotte.

Farmaci antiretrovirali

L’HIV viene curato con gli antiretrovirali (ARV); questi farmaci agiscono bloccando la replicazione del virus nell’organismo, consentendo così al sistema immunitario di ricostituirsi e prevenendo ulteriori danni.

Questi medicinali vengono somministrati in combinazione, perché l’HIV può mutare rapidamente e diventare resistente al singolo farmaco. Tipicamente, vengono somministrati tre o più ARV. Il trattamento è noto come terapia combinatoria o antiretrovirale (ART, dall’inglese AntiRetroviral Theraphy).

Esistono già combinazioni antiretrovirali in un’unica pillola, note come “combinazioni a dose fissa”, quindi nei soggetti con diagnosi recente di HIV il trattamento più frequentemente adottato richiederà l’assunzione soltanto di una o due pillole al giorno.

Nei singoli individui, combinazioni ARV diverse hanno effetti diversi; la terapia andrà adattata al caso specifico.

Una volta in terapia per l’HIV il trattamento andrà verosimilmente proseguito per tutta la vita. Perché mantenga efficacia, sarà necessario assumerlo ogni giorno con regolarità. Il trattamento può fallire se la terapia ARV non viene assunta regolarmente.

Molti dei farmaci impiegati per il trattamento dell’HIV hanno interazioni con altri medicinali di uso frequente, prescrivibili o da banco; ci possono essere interazioni anche con rimedi erboristici come l’iperico e altre sostanze assunte a scopo ricreativo.

Controllare sempre con i propri referenti medici prima di assumere qualunque farmaco o integratore.

Gravidanza

È disponibile un trattamento ARV che previene la trasmissione materno-fetale del virus HIV.
Senza terapia le probabilità di contagiare il neonato sono di 1 a 4. Con il trattamento, il rischio diventa inferiore all’1%.

Grazie ai progressi nella terapia non sussistono grandi rischi di contagiare il neonato durante un parto vaginale, ma la scelta tra parto naturale e cesareo andrà valutata volta per volta in base alla carica virale e altri fattori.

Se affetta da HIV, la puerpera non dovrà allattare al seno, perché il latte materno può trasmettere il virus.

Se uno dei due genitori ha l’HIV, consultarsi con un medico esperto in materia su come rimanere incinta senza esporre a rischio di infezione il partner. Per approfondire clicca qui.

Omissione di una dose

Il trattamento anti HIV è efficace solo se le pillole vengono assunte con regolarità ogni giorno. Saltare anche solo poche dosi aumenta il rischio che la terapia perda di incisività. Sarà quindi necessario organizzare il quotidiano il modo che l’assunzione dei farmaci sia perfettamente integrata nel proprio stile di vita.

Effetti collaterali

La terapia ARV, come qualsiasi altro farmaco, può dare effetti collaterali.

In caso di effetti gravi (evento poco comune), si potrà tentare combinazioni ARV differenti.

Tra gli effetti collaterali frequenti, ci sono:

Cure a lungo termine di bambini con HIV o AIDS

I casi di infezione da HIV e AIDS nei bambini sono complicati e devono essere seguiti da personale sanitario esperto. Questi bambini avranno bisogno di avere i piani delle loro cure monitorati molto attentamente e aggiustati regolarmente. Ogni infezione che potrebbe diventare minacciosa per la vita dovrebbe essere presto individuata e curata.

Le medicine vengono regolate in base alla condizione del bambino. Anche la salute viene monitorata con frequenti misurazioni del livello delle cellule T, perché queste sono le cellule che il virus dell’HIV distrugge. Un buon numero di cellule T è un segno positivo su cui le cure mediche stanno lavorando per mantenere la malattia sotto controllo.

Questi bambini necessiteranno di essere visitati spesso dal loro personale medico per esami del sangue, visite mediche e discussioni su come essi e le loro famiglie fanno fronte socialmente ad ogni stress derivante dalla loro malattia. Un bambino il cui sistema immunitario è gravemente compromesso non riceverà vaccini contro i virus attivi che includono morbillo-orecchioni-rosolia e varicella. Tutte le altre immunizzazioni di routine vengono effettuate come di consueto ed è inoltre raccomandato un vaccino contro l’influenza.

Se una famiglia cercherà delle cure mediche nel reparto di emergenza di un ospedale, i genitori dovranno assicurarsi di dire all’infermiera che riceve il bambino della condizione di l’HIV. Ciò permetterà al personale medico di cercare attentamente tutti i segni di malattie da infezioni opportunistiche fornendo le migliori cure possibili.

Prevenzione

La prevenzione dell’HIV è una questione di importanza mondiale ma, nonostante le numerose ricerche, non esiste ancora ad oggi un vaccino che prevenga l’infezione da HIV.

L’HIV si può evitare soltanto astenendosi da comportamenti rischiosi.

Il modo migliore di prevenire l’HIV consiste nell’utilizzare il preservativo durante i rapporti sessuali e nel non condividere mai dispositivi di iniezione (siringhe, lame, tamponi). Se affetti da HIV un rapporto sessuale non protetto o la condivisione di aghi, siringhe o altri dispositivi di iniezione può essere causa di trasmissione dell’infezione.

Il trattamento dell’HIV con l’ART riduce notevolmente il rischio di trasmettere l’infezione ad altri.
È importante conoscere il proprio stato HIV e quello del partner e, se a rischio di contagio, sottoporsi con regolarità al test.

L’evitare alcol e droghe è anche importante nel prevenire la diffusione dell’HIV, non perché una persona possa venire contagiata attraverso il consumo, ma perché queste abitudini spesso portano a condurre o ad assumere comportamenti rischiosi (come l’avere rapporti sessuali non protetti o scambiarsi gli aghi).

L’HIV non è invece trasmissibile attraverso:

  • contatti casuali, come abbracci o strette di mano,
  • condivisione di uno stesso bicchiere,
  • starnuti,
  • tosse,
  • zanzare o altri insetti,
  • asciugamani,
  • sedute del water,
  • pomelli.

Rapporti sessuali

Il virus può essere trasmesso per via vaginale o anale in assenza di preservativo. Esiste anche un rischio associato al sesso orale, ma le probabilità di contagio sono di molto inferiori.

L’HIV può essere contratto anche utilizzando giocattoli sessuali precedentemente usati da soggetti ammalati.

Il modo migliore di prevenire l’HIV e altre malattie trasmissibili sessualmente è l’impiego di preservativi nei rapporti con penetrazione e di una diga interdentale (dental dam) nel sesso orale.

Il preservativo è la più efficace forma di protezione da HIV e altre malattie trasmissibili sessualmente. Può e deve essere usato nel sesso

  • anale,
  • vaginale,
  • orale (ne rapporti praticati a una donna si può fare ricorso al dental-dam).

L’HIV può trasmettersi anche prima dell’eiaculazione, attraverso secrezioni pre-orgasmo e vaginali, e dall’ano. È quindi molto importante che il preservativo venga messo prima di qualunque contatto tra pene, vagina, bocca o ano.

I lubrificanti sono usati spesso per aumentare il piacere sessuale e la sicurezza, perché contribuiscono a umettare la vagina o l’ano durante il rapporto; possono aumentare la sicurezza riducendo il rischio di lacerazioni vaginali o anali dovute a secchezza o frizione e possono anche prevenire la rottura del preservativo. Con i preservativi, dovranno essere usati solo lubrificanti acquosi, non oleosi (come vasellina e olio per neonati), questi ultimi indeboliscono infatti il materiale di cui è fatto il preservativo (lattice) e possono causarne la rottura.

L’educazione sessuale è quindi estremamente importante per aiutare a prevenire la trasmissione dell’HIV, cosi come le altre malattie a trasmissione sessuale (STD), incluse la clamidia, herpes genitale, gonorrea, epatite B, sifilide, e verruche genitali. Molte STD causano irritazioni, piaghe, o ulcere della pelle e delle mucose attraverso cui viene trasmesso il virus, se si ha una STD, come l’herpes genitale ad esempio, è stato dimostrato che aumenta il rischio di una persona di contrarre l’HIV se lui o lei ha un rapporto sessuale non protetto con qualcuno che è HIV positivo.

Condivisione di dispositivi di iniezione

Se consumatori di droghe iniettabili, non riusare aghi, siringhe, cucchiai, tamponi o altri dispositivi di iniezione, perché potrebbero esporre all’HIV e ad altri virus a trasmissione ematica, come l’epatite C.

Molte strutture pubbliche e farmacie offrono programmi di sostituzione degli aghi, dove si possono avere aghi nuovi in cambio di quelli usati.

Nei soggetti eroinomani, considerare i programmi a base di metadone. Il metadone può essere assunto sotto forma di liquido, riducendo così i rischi di contrarre l’HIV.

Il medico curante o strutture dedicate al trattamento delle tossicodipendenze (come i SERT) saranno in grado di fornire le necessarie informazioni sui programmi di sostituzione degli aghi e a base di metadone.

Per tatuaggi o piercing, è fondamentale che siano usati aghi puliti e sterili.

Screening per l’HIV in gravidanza

L’esame per l’HIV viene proposto a tutte le donne incinte come parte della routine di screening prenatale. Se non trattata, l’infezione può essere trasmessa durante la gravidanza dalla madre al feto, durante il parto e successivamente con l’allattamento.

Per approfondire il tema gravidanza e HIV clicca qui.

Test, esami ed analisi

L’unico modo per scoprire se si è affetti da HIV è sottoporsi ad apposito test, poiché i sintomi della malattia possono non comparire per diversi anni.

L’esame per l’HIV è disponibile gratuitamente per chiunque tramite il SSN in qualsiasi ospedale e in forma anonima. Sono da poco disponibili anche kit per l’auto-esame in farmacia.

Chiunque ritenga di poter aver contratto l’infezione dovrebbe sottoporsi al test.

Alcuni gruppi di individui sono particolarmente a rischio; in questi gruppi, si raccomanda la ripetizione periodica dell’esame, per esempio in caso di rapporti occasionali non protetti.

Consultare tempestivamente un medico se si ritiene di potere aver contratto la malattia. Prima viene diagnosticata, prima viene iniziato il trattamento, prevenendo così l’insorgenza di complicanze gravi.

Alcuni esami per l’HIV dovranno essere ripetuti uno o tre mesi dopo esposizione all’infezione, ma non si deve aspettare così a lungo per rivolgersi al medico. Il medico curante (o uno specialista in malattie trasmissibili sessualmente) può spiegare l’approccio diagnostico e discutere l’opportunità di una terapia d’emergenza.

Tipi di esame per l’HIV

Ci sono tre tipi principali di esami per l’HIV:

  • Esame del sangue completo: viene prelevato un campione di sangue che viene inviato a un laboratorio per il test. I risultati sono in genere disponibili nell’arco di qualche giorno. A seconda della tipologia di test (Elisa, NAT, …) questo andrà ripetuto da 1 a 3 mesi dopo l’ultimo comportamento a rischio.
  • Esame “point-of-care”: vengono prelevati un campione di saliva o una goccia di sangue dal dito presso un centro. Il campione non richiede l’invio a un laboratorio; i risultati sono disponibili entro pochi minuti.
  • Kit per l’auto-prelievo a casa: il soggetto si preleva direttamente un campione di saliva (kit disponibili solo in alcuni Paesi esteri) o di sangue e dopo pochi minuti è possibile avere il risultato senza muoversi da casa. Questi kit sono in genere disponibili in farmacia. È fondamentale verificare che l’eventuale kit sia marcato CE e che ne sia autorizzata la distribuzione, poiché esistono vari sottoprodotti di scarsa qualità. Se il test non rileva tracce di infezione, fornirà un risultato “negativo”. Se rileva tracce di infezione, il risultato sarà “positivo”.

L’esame del sangue completo è il test più accurato e può dare risultati attendibili a partire da un mese dall’infezione. Gli altri test tendono a essere meno accurati e potrebbero dare risultati poco affidabili per periodi maggiori dopo l’infezione (questo periodo è detto “periodo finestra”).

Per tutti questi test, anche il test Elisa in ospedale, un risultato positivo dovrà essere validato con un esame del sangue Western Blot. Se anche quest’ultimo risulta positivo, il soggetto deve essere preso in carico da un centro specializzato per ulteriori esami e per l’impostazione del trattamento.

Per sottoporsi al test Hiv su sangue non è necessario essere a digiuno

Quando fare il test?

Nessun test ad oggi disponibile è in grado di rilevare un eventuale contagio nei giorni immediatamente successivi al comportamento a rischio, si deve invece tenere in considerazione la necessità di attenere il cosiddetto periodo finestra, variabile a seconda del tipo di esame.

  • Esami in ospedale:
    • Test Elisa (terza generazione): vengono ricercati gli anticorpi anti-HIV, che compaiono un certo numero di settimane a seguito dell’infezione; si consiglia quindi di sottoporsi al test ad un mese di distanza, da ripetere se negativo a tre mesi per avere un risultato definitivo.
    • Combo-test (quarta generazione): alla ricerca degli anticorpi viene associata la ricerca di una specifica proteina del virus, rilevabile in fase precoce e in fase tardiva; in questo modo il periodo finestra si riduce ad un mese.
  • Autotest (acquistabile in farmacia):
    • Si tratta di un esame comparabile al test Elisa di terza generazione, che richiede quindi di essere effettuato (o comunque ripetuto) a tre mesi di distanza.
  • Screening sulla saliva:
    • Disponibile in Italia solo in forma sperimentale in occasione di campagne di screening, il test salivare è equiparabile per sensibilità e accuratezza al test ELISA (periodo finestra di 3 mesi), ma con il vantaggio di una maggior praticità e soprattutto la possibilità di fornire l’esito in 20 minuti circa.

In caso di comportamento a rischio si raccomanda di valutare in ospedale la possibilità di ricorrere entro 72 ore (idealmente entro 24 ore) alla profilassi post-esposizione.

Fonti e bibliografia

Articoli Correlati
Articoli in evidenza
Domande e risposte
  1. Quando fare il test?

    1. Dr. Cracchiolo (Medico Chirurgo)

      Purtroppo nessun test può rilevare un eventuale contagio immediatamente dopo l’avvenuta infezione; i test combinati (test di quarta generazione)possono riscontrare l’avvenuta infezione già dopo 20 giorni, ma il periodo finestra (tempo dopo il quale il risultato è definitivo) è di 40 giorni dall’ultimo comportamento a rischio.

      I test di terza generazione hanno invece un periodo finestra di 90 giorni.

  2. Dopo quanto tempo è disponibile il risultato?

    1. Dr. Cracchiolo (Medico Chirurgo)

      Test casalinghi e test rapidi (per esempio sulla saliva) mostrano l’esito dopo pochi minuti, il test di ultima generazione eseguito in ospedale è disponibile mediamente in tre giorni (variabile a seconda della struttura).

  3. Dove comprare il test HIV?

    1. Dr. Roberto Gindro

      È possibile acquistare il test rapido in farmacia, mentre per il test di ultima generazione è possibile rivolgersi in ospedale (il test è gratuito e anonimo).

  4. Come si cura l’HIV?

    1. Dr. Cracchiolo (Medico Chirurgo)

      Non è ad oggi possibile guarire definitivamente, ma da qualche anno l’infezione da HIV è considerata una malattia non più mortale, ma cronica; questo significa che con le attuali terapie è possibile aspirare ad una sopravvivenza in tutto e per tutto sovrapponibile a quella della popolazione generale.

  5. Ho avuto un rapporto non protetto a rischio (per esempio per rottura del preservativo), è possibile prevenire un eventuale contagio?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Si consiglia in questi casi di rivolgersi urgentemente in ospedale per valutare la PEP, profilassi post-esposizione, una terapia in grado di abbattere il rischio di contagio quando iniziata a poche ora dal comportamento a rischio. Per approfondire: https://www.lila.it/it/infoaids/467-ppe

  6. Come capire se si l’ha l’HIV?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Il test specifico per l’HIV è l’unico modo per rilevare l’infezione; né eventuali sintomi, né tanto meno gli esami del sangue di routine possono evidenziare un eventuale contagio.