Peperoncino e capsaicina: effetti, benefici e controindicazioni

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Introduzione

Il peperoncino (Capsicum annuum) è una pianta appartenente alla famiglia delle Solanacee – la stessa di pomodori, patate e melanzane. Originario dell’America Centrale (in Messico si coltivava già 6000 anni fa) e diffusosi in Europa grazie a Cristoforo Colombo, è ora conosciuto pressoché in tutto il mondo; l’India ne è attualmente il maggior esportatore.

Contiene dosi elevate di

Componente principale del peperoncino e responsabile del sapore piccante è la capsaicina [1], un alcaloide appartenente alla famiglia dei vanilloidi – la stessa della vanillina, dell’eugenolo (chiodi di garofano) e dello zingerone (zenzero).

La capsaicina è nota per il suo effetto

  • antibatterico,
  • analgesico,
  • antidiabetico,
  • ipocolesterolemizzante,
  • termogenico (aumenta la dispersione di calore attraverso il consumo di ossigeno),
  • antitumorale.

Numerose ricerche [2,3] hanno inoltre dimostrato le potenzialità della capsaicina per il trattamento di numerose malattie croniche, tra cui

  • malattie cardiovascolari (sfruttandone l’effetto vasodilatatore e antiaggregante piastrinico),
  • malattie gastrointestinali (per stimolazione della digestione e protezione della mucosa gastrica),
  • artrite reumatoide,
  • dolore neuropatico,
  • asma e malattie respiratorie.

Sfortunatamente i risultati nel trattamento delle malattie croniche sono ancora discordanti – soprattutto nello stabilire dosaggi efficaci e sicuri – e gli studi clinici ancora troppo pochi (la maggior parte delle ricerche è stata condotta su animali) [4]

Piccolo peperoncino che viene polverizzato nella metà di destra della fotografia

iStock.com/phive2015

Capsaicina crema/pomata

È noto come la capsaicina agisca direttamente sui recettori TRPV1 dei vanilloidi, deputati alla percezione del dolore e nel meccanismo infiammatorio somatico (pelle, muscoli, articolazioni) e viscerale (cuore e vasi sanguigni, apparato gastrontestinale e urinario, organi riproduttivi): la capsaicina è in grado di legarsi a questi recettori allo scopo di ottenere una sovra-stimolazione, cui segue la desensibilizzazione ed il relativo sollievo dal dolore [5,6].

Questo meccanismo viene già sfruttato in

  • preparazioni ad uso topico (creme, pomate, …) in commercio a base di capsaicina (in genere a concentrazioni intorno allo 0.1%),
  • cerotti a lento rilascio (a concentrazione fino all’8%) per il trattamento delle neuropatie croniche [7,8], come lo storico Cerotto Bertelli®.

Capsaicina e tumore

Secondo quanto riportato nelle pubblicazioni più recenti [9,10] ci sono valide evidenze scientifiche sull’efficacia della capsaicina come antitumorale, anche se sono necessari ulteriori approfondimenti sul meccanismo d’azione prima di poter pianificare una strategia terapeuticamente valida. Ad oggi si sa che la capsaicina è in grado di intervenire

  • sull’espressione di diversi geni coinvolti nello sviluppo delle cellule tumorali,
  • nella crescita delle cellule tumorali,
  • nel meccanismo di angiogenesi,
  • nello sviluppo di metastasi.

Diversi studi in vitro hanno inoltre evidenziato la capacità di inibire la crescita inducendo l’apoptosi (morte programmata) delle cellule di diverse linee tumorali (prostata, pancreas, fegato, esofago, seno, polmone) o impedendo l’angiogenesi (ossia la creazione di nuovi vasi sanguigni che le cellule tumorali utilizzano per il proprio nutrimento).

Capsaicina e obesità

Esistono numerosi studi sulla potenzialità del peperoncino di aumentare il metabolismo basale e indurre termogenesi, con effetto sui problemi metabolici alla base dell’obesità. Sembra inoltre che l’assunzione di capsaicina contribuisca a indurre il senso di sazietà e diminuisca il desiderio di cibi grassi o salati.

Ultimo, ma non meno importante, secondo alcuni studi la capsaicina sarebbe in grado di ridurre la resistenza all’insulina, primo step alla base del futuro sviluppo del diabete di tipo 2 [11,12].

Purtroppo sono studi ancora carenti a causa dell’eterogeneità dei soggetti presi in esame (età, etnia, eventuali malattie concomitanti) e delle dosi utilizzate.

Recentemente è stato pubblicato uno studio randomizzato in doppio cieco versus placebo su 50 donne sovrappeso, in cui i ricercatori hanno valutato l’effetto dell’integrazione di una miscela di capsaicina, zenzero e tè verde su perdita di peso e profilo metabolico [13]. Le partecipanti sono state divise casualmente in due gruppi uguali:

  • a uno è stata somministrata la miscela di integratori (estratto secco contenente 25 mg di capsaicina, 50 mg di zenzero e 125 mg di tè verde),
  • all’altro un placebo,

per 8 settimane.

Al termine dell’esperimento, nel gruppo con l’integratore si sono registrati:

  • un’interessante perdita di peso,
  • una significativa riduzione dell’indice di massa corporea,
  • una diminuzione dei livelli di insulina,
  • un aumento della sensibilità all’insulina stessa.

Esistono infine lavori che ipotizzano un’azione della capsaicina sugli adipociti del cosiddetto Tessuto Adiposo Bruno (BAT) [14,15]. Questo tessuto, presente in maniera estremamente variabile da individuo a individuo, sarebbe responsabile dell’aumento del metabolismo basale in risposta all’abbassamento della temperatura, ma anche ad un eccessivo introito calorico con la dieta: producendo calore, sarebbe deputato a mantenere la temperatura e il giusto peso corporeo.

Questo tessuto, abbondante nei neonati, diminuisce fisiologicamente nell’età adulta, ma sembra che la tendenza a perderlo possa essere invertita con stimoli opportuni – e uno di questi potrebbe essere l’integrazione con capsaicina: ciò aprirebbe interessanti scenari per la cura dell’obesità.

Peperoncino e pressione alta

Con la pubblicazione di un lavoro del 2010 si è diffusa l’idea che il consumo di peperoncino possa favorire un miglioramento dell’ipertensione (pressione alta), quando in realtà il lavoro di ricerca è stato sviluppato sul modello animale e andrebbe quindi inquadrato cum grano salis.

Da allora non ci sono state le attese conferme su questo fronte, ma è utile ricordare che l’abitudine in cucina all’uso delle spezie in genere consente di abbattere la quantità di sale utilizzato, con effetti tangibili sui valori di pressione del sangue; lo sottolinea l’American Heart Association facendo riferimento ad un lavoro di ricerca pubblicato recentemente che dimostra come un uso di spezie consenta di aumentare la percezione del salato, permettendo così di ridurre le dosi di sale.

Controindicazioni ed effetti collaterali

A fronte dei numerosi benefici, un uso eccessivo di peperoncino può risultare irritante per la mucosa gastrica e intestinale. In particolare, si consiglia di evitarne o ridurne il più possibile l’utilizzo in caso di

Si sono verificati altresì casi di prurito e dermatiti in seguito ad applicazione topica di preparati contenenti capsaicina (creme, pomate, cerotti, …), che può peraltro causare anche arrossamento e sensazione di bruciore. Si deve evitare l’applicazione su aree di cute lesa, come ad esempio ferite, abrasioni ed eczema.

Dopo l’applicazione è indispensabile lavarsi accuratamente le mani ed avere cura di evitare il contatto con gli occhi.

In ultima analisi l’uso in cucina è considerato sicuro e ragionevolmente scevro da rischi (fanno eccezione le categorie di pazienti sopraelencate), mentre è raccomandata maggior cautela nel caso di integrazione fitoterapica per possibile comparsa di effetti collaterali e interazioni.

Curiosità e domande frequenti

Troppo peperoncino: come spengo l’incendio?

La capsaicina è una sostanza incolore, inodore e idrofobica, ossia insolubile in acqua: inutile bere se abbiamo mangiato troppo peperoncino! Meglio mangiare un pezzo di formaggio, oppure del pane e olio; in alternativa si può sorseggiare del latte o mangiare uno yogurt, in quanto i grassi contenuti saranno in grado di solubilizzare (sciogliere) la capsaicina rimuovendone le particelle residue sulla lingua.

E volendo carpire qualche ulteriore spunto dai maggiori utilizzatori di spezie piccanti…

  • In Cina e nel Sud-est asiatico si combatte il bruciore mangiando riso bianco cotto a vapore,
  • in India si usano bevande o cibi a base di yogurt, come il Lassi o il Raita;
  • in Messico e in Sudamerica, invece, i cibi piccanti vengono spesso serviti con le Sopapillas, tortillas di frumento e burro, in genere fritte.

Contrariamente a ciò che molti pensano, la maggior parte della capsaicina non si trova nei semi, bensì nel cosiddetto tessuto placentare, ossia la membrana interna di colore chiaro che avvolge i semi stessi: per ridurre l’effetto piccante, quindi, è sufficiente rimuovere tale membrana

Vitamina C e ferro

Il ferro negli alimenti può essere presente in due forme:

  • organico (o ferro eme), come nella carne,
  • inorganico (ferro non-eme), come nei cereali, legumi, verdure.

Il ferro eme è quello più facilmente assorbibile, ma per non rinunciare alle fonti vegetali – che ne sono spesso più ricche – è sufficiente accompagnarle alla vitamina C, che ne aumenta la biodisponibilità. Molte verdure sono già di per sé ricche di vitamina C (pensiamo a cavoli e broccoli), ma per assicurarsi una buona assimilazione del ferro da fonti quali cereali e legumi – che ne sono molto ricchi – è sufficiente ricorrere ad opportune combinazioni alimentari, con cibi ricchi di vitamina C… oppure ricorrere a una buona spolverata di peperoncino, che contiene quattro volte la vitamina C che troviamo nell’arancia.

Qual è il peperoncino più piccante?

Fino al 2006, l’Habanero era ritenuto il peperoncino più piccante al mondo, con un livello nella scala SU (Scoville Unit, la scala che misura la piccantezza in base al contenuto di capsaicina) pari a 577 mila unità. Attualmente questo primato è conteso tra il Carolina Reaper e il Moruga Scorpion, varietà ibride con una piccantezza che supera i 2 milioni di SU. Sono specie che vanno maneggiate con i guanti, poichè il contatto della capsaicina con la pelle può provocare bruciore molto intenso, ai limiti del vero e proprio dolore fisico. Reversibile, ma comunque poco piacevole.

Giusto per dare un termine di paragone, il peperoncino di cayenna ha una scala SU pari a 50 mila unità e il nostro peperoncino calabrese 20 mila unità SU.

Il peperoncino è afrodisiaco?

Che sia per il colore rosso vivo o per il sapore forte (e il conseguente rilascio di endorfine) il peperoncino è stato da sempre considerato, da diversi popoli e in differenti epoche storiche, un afrodisiaco, in grado di migliorare desiderio e prestazioni sessuali. Dall’epoca precolombiana prima, all’estremo oriente poi, è infine giunto anche in Europa con questa fama, con tanto di iniziale censura da parte della Chiesa: alla fine del XVI secolo il gesuita spagnolo Josè de Acosta, nel suo Storia naturale e morale delle indie occidentali, lo definì “suscitatore di insani propositi”, spiegando che “il peperoncino ha effetti deplorevoli, perché è di natura molto calda, volatile e penetrante e il suo impiego ripetuto è pregiudizievole alla salute dei corpi dei giovani e ancor più alla loro anima, poiché incita alla sensualità”.

Al di là di leggende e pregiudizi, cosa c’è di vero? La capsaicina in effetti è in grado di stimolare la vasodilatazione a livello periferico, consentendo quindi un maggior afflusso di sangue anche agli organi genitali. Inoltre il peperoncino contiene vitamina E, che stimola la libido e favorisce la fertilità in entrambi i sessi.

Infine, lo stimolo piccante provoca il rilascio di endorfine, che aumentano la sensazione generale di benessere.

Attenzione però a non esagerare, perché bruciore e irritazione sono in agguato, in caso di dosi eccessive.

Fonti e bibliografia

  1. Biological Activities of Red Pepper (Capsicum annuum) and Its Pungent Principle Capsaicin: A Review. Srinivasan K. Crit Rev Food Sci Nutr. 2016 Jul 3;56(9):1488-500.
  2. Mechanisms and clinical uses of capsaicin. Sharma SK, Vij AS, Sharma M. Eur J Pharmacol. 2013 Nov 15;720(1-3):55-62.
  3. Phytochemistry and gastrointestinal benefits of the medicinal spice, Capsicum annuum L. (Chilli): a review. Maji AK, Banerji P. J Complement Integr Med. 2016 Jun 1;13(2):97-122.
  4. Capsaicin and Its Role in Chronic Diseases. Fernandes ES, Cerqueira AR, Soares AG, Costa SK. Adv Exp Med Biol. 2016; 929:91-125.
  5. Capsaicin, Nociception and Pain. Frias B, Merighi A. Molecules. 2016 Jun 18;21(6).
  6. Mechanisms and clinical uses of capsaicin. Sharma SK, Vij AS, Sharma M. Eur J Pharmacol. 2013 Nov 15;720(1-3):55-62.
  7. Capsaicin: Physicochemical properties, cutaneous reactions and potential applications in painful and inflammatory conditions. Ilie MA, Caruntu C, Tampa M et al. Exp Ther Med. 2019 Aug;18(2):916-925.
  8. Topical capsaicin for chronic neuropathic pain in adults Sheena Derry, Rosalind Lloyd et al. Cochrane Database Syst Rev. 2009; (4): CD007393.
  9. Anticancer Properties of Capsaicin Against Human Cancer. Clark R, Lee SH. Anticancer Res. 2016 Mar;36(3):837-43.
  10. Capsaicin: From Plants to a Cancer-Suppressing Agent. Chapa-Oliver AM, Mejía-Teniente L. Molecules. 2016 Jul 27;21(8)
  11. Chili pepper as a body weight-loss food. Varghese S, Kubatka P, Rodrigo et al. Int J Food Sci Nutr. 2017 Jun;68(4):392-401.
  12. Association between chilli food habits with iron status and insulin resistance in a Chinese population. Li J, Wang R, Xiao C. J Med Food. 2014 Apr;17(4):472-8.
  13. The Effect of Dietary Supplements Containing Green Tea, Capsaicin and Ginger Extracts on Weight Loss and Metabolic Profiles in Overweight Women: A Randomized Double-Blind Placebo-Controlled Clinical Trial. Taghizadeh M, Farzin N, Taheri S, Mahlouji M, Akbari H, Karamali F, Asemi Z. Ann Nutr Metab. 2017;70(4):277-285.
  14. Capsaicin and Related Food Ingredients Reducing Body Fat Through the Activation of TRP and Brown Fat Thermogenesis. Saito M1. Adv Food Nutr Res. 2015;76:1-28.
  15. Capsaicin induces browning of white adipose tissue and counters obesity by activating TRPV1 channel-dependent mechanisms. Baskaran P, Krishnan V1, Ren J, Thyagarajan B. Br J Pharmacol. 2016 Aug;173(15):2369-89.
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