Vitamina K: alimenti, fonti, usi, proprietà, pericoli

Ultima modifica

Cos’è la vitamina K?

Nei primi anni ‘30 del secolo scorso lo scienziato danese Henrik Dam, che stava studiando il metabolismo del colesterolo nei polli, osservò che quelli che ricevevano un’alimentazione molto povera di grassi (a base essenzialmente di cereali e lieviti) avevano tendenza a sviluppare emorragie subdurali o muscolari e che il sangue prelevato da questi animali coagulava molto lentamente. Sulla base di queste e successive osservazioni, lo scienziato ipotizzò l’esistenza di un fattore liposolubile – ossia solubile nei grassi e quindi non assimilabile tramite una dieta solo a base di cereali quale quella somministrata – che fosse in qualche modo coinvolto nel meccanismo di coagulazione del sangue e che differisse dalle già note vitamine liposolubili A, D ed E. A questo fattore diede il nome di vitamina K (Koagulation vitamin), come riferito dallo stesso Dam in un articolo pubblicato sulla rivista Nature nel 1935 [1].

Nel 1936 Dam riuscì a isolare la vitamina K in forma oleosa dai germogli di alfalfa (erba medica); nel 1939 un altro scienziato, E.A. Doisy, isolò dal pesce avariato (in seguito a fermentazione batterica) un’altra sostanza ad azione antiemorragica, a cui diede il nome di vitamina K2. Per la scoperta della vitamina K e della sua struttura chimica, Dam e Doisy ricevettero nel 1943 il premio Nobel per la Medicina.

Oggi sappiamo che la vitamina K esiste in almeno 5 forme:

  • K1 (fitonadione o fillochinone), quella presente naturalmente negli alimenti;
  • K2 (menachinone), la forma solubile di vitamina K prodotta dalla flora batterica intestinale;
  • K3 (menadione), K4 (menadiolo) e K5, di origine sintetica. La K3 e la K5 sono utilizzate soprattutto nell’industria alimentare come conservanti

[2,3,4].

Lavagna su cui è riprodotta la formula chimica bruta e quella estesa della vitamina K.

iStock.com/makaule

Cibi e alimenti: dove si trova?

I vegetali a foglia verde rappresentano la fonte principale di vitamina K, seguiti da alcuni olii vegetali (soia, oliva e colza). Di seguito sono elencati i cibi di uso comune a maggior contenuto di vitamina K:

  • spinaci
  • bietole
  • crauti
  • tutte le Brassicacee o Crucifere (cavolo, verza, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, rape)
  • prezzemolo
  • alcuni frutti tra cui avocado, banana, kiwi
  • olio di soia, oliva, colza

Uova, carne, latticini, cereali e legumi ne contengono invece quantità esigue.

A causa del loro contenuto in vitamina K questi alimenti richiedono grande attenzione nei pazienti in cura con warfarin (un anticoagulante), anche alla luce del fatto che il calore non disattiva la vitamina K che quindi rimane inalterata anche nei cibi cotti [4].

A cosa serve?

La vitamina K gioca un ruolo fondamentale nel meccanismo di coagulazione del sangue, tramite la produzione di protrombina e di altri fattori della coagulazione, che vengono attivati a livello epatico per via enzimatica grazie alla presenza di questa vitamina (si tratta dei fattori II, VII, IX e X) [5].

Diversi studi suggeriscono che la vitamina K abbia un ruolo fondamentale anche nella salute delle ossa, tanto che la sua carenza potrebbe avere un ruolo non secondario nello sviluppo dell’osteoporosi. Inoltre, bassi valori di vitamina K sono stati associati ad un aumento del rischio di fratture dell’anca.

La vitamina K è infatti essenziale per l’attivazione dell’osteocalcina, una proteina responsabile della mineralizzazione dell’osso, e sembra sia in grado di promuovere la trasformazione da osteoblasti a osteociti (gli osteoblasti sono precursori degli osteociti, i principali componenti dell’osso).

Diversi studi clinici hanno evidenziato come un buon livello di vitamina k circolante nel sangue sia correlato a

  • maggiore massa ossea
  • minor rischio di fratture, soprattutto all’anca

Riguardo al ruolo terapeutico della vitamina K nel contrastare o prevenire l’osteoporosi, tuttavia, i risultati sono ancora contrastanti – motivo per cui le autorità regolatorie mantengono una posizione di prudenza nei confronti della sua somministrazione, per esempio, alle donne in menopausa, per contrastare la perdita di massa ossea. Unica eccezione è rappresentata dal Giappone, dove già da diversi anni la vitamina K è stata approvata per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi [6].

Più uniformi sembrano invece i risultati ottenuti dall’uso di vitamina K e vitamina D in associazione: in uno studio condotto dalla Keio University di Tokyo, i ricercatori hanno evidenziato un aumento della massa ossea a livello lombare in caso di osteoporosi primaria e nelle donne in menopausa con osteoporosi, a seguito della somministrazione combinata di vitamina K e D [7].

Lo stesso risultato positivo si è ottenuto associando vitamina D, vitamina K e Calcio e somministrandoli in via preventiva a donne in menopausa senza osteoporosi, per un arco di tempo di 2 anni: nel gruppo trattato con il mix completo è stato registrato un aumento della massa e della densità ossea, rispetto ai gruppi che avevano ricevuto vitamina K da sola, vitamina K+calcio oppure placebo [6].

L’uso combinato di vitamina K e D ha dimostrato avere un ruolo protettivo anche contro la perdita di massa ossea in pazienti con glomerulonefrite cronica, in trattamento con farmaci steroidei (l’osteoporosi è una delle complicanze dell’uso prolungato di cortisone)[7].

Infine, uno studio condotto su donne in menopausa affette da osteoporosi e durato 24 mesi, ha evidenziato un marcato aumento della massa ossea nel caso di somministrazione di vitamina K e D insieme, laddove non si è registrato alcun miglioramento con l’integrazione della sola vitamina K [7].

 

Dosi, effetti collaterali, interazioni

Le quantità di vitamina K necessarie al nostro corpo sono esigue, nell’ordine di 90-120 µg/die in un individuo adulto – facilmente reperibili da fonti alimentari, all’interno di una dieta bilanciata: in condizioni di buona salute e buon apporto nutrizionale, dunque, la supplementazione tramite integratori risulta superflua.

Nello specifico, le dosi giornaliere da assumere, preferibilmente tramite l’alimentazione, consigliate dai LARN  (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti) per la popolazione italiana sono le seguenti:

  • Neonati 10 μg
  • Bambini e ragazzi
    • 1-3 anni 50 μg
    • 4-6 anni 65 μg
    • 7-10 anni 90 μg
    • 11-14 anni 130 μg
    • 15-17 anni 140 μg
  • Adulti
    • 18-59 anni 140 μg
    • dopo i 60 anni 170 μg
  • Gravidanza e allattamento 140 μg

Gli integratori presenti in commercio forniscono un apporto di vitamina K che va dai 10 mg/ml delle formulazioni iniettabili (Konakion®), ai 50-200 µg dei preparati in gocce, capsule o compresse per uso orale (ad esempio VitaK Plus®, Vitamin K®).

La vitamina K assunta negli adulti come integratore è generalmente ben tollerata.

Carenza

Le situazioni di carenza sono abbastanza rare e derivano, più che dalla scarsa assunzione, da un insufficiente assorbimento, dovuto ad alterazione della flora batterica oppure a ostruzioni delle vie biliari – dato che la bile è indispensabile per l’assorbimento della vitamina K [2,4].

Ne consegue che tutte le patologie che comportano problemi di malassorbimento cronico a livello intestinale, quali

possono costituire un fattore di rischio per la carenza di vitamina K, così come estese resezioni intestinali (per esempio asportazioni in seguito a patologia tumorale) o alterazioni dovute ad alcolismo cronico.

Vi sono inoltre alcuni farmaci che, quando assunti in modo continuativo, possono ridurre i livelli di vitamina K:

  • antibiotici, salicilati (aspirina e derivati), farmaci anti-convulsivanti e alcuni sulfamidici, per via della possibile alterazione della funzione epatica o per danneggiamento della flora batterica intestinale;
  • farmaci dimagranti (Alli/Xenical/Beacita) o per il colesterolo alto (es. Questran®), poiché sequestrano i grassi a livello intestinale e quindi impediscono, o quantomeno riducono, l’assorbimento delle sostanze liposolubili, come la vitamina K.

In caso di carenza di vitamina K, le conseguenze più comuni risultano essere

  • difficoltà di coagulazione (sanguinamento gengivale, facilità alla formazione di lividi, …)
  • osteoporosi.

Neonati e malattia emorragica

Una situazione particolare di carenza da vitamina K è costituita dalla malattia emorragica del neonato, condizione che si stimi interessare fino all’1,7% dei neonati nelle prime settimane di vita e che pare derivi da un insufficiente apporto di vitamina K tramite il latte materno o da un insufficiente assorbimento dovuto all’immaturità della flora batterica intestinale.

L’incidenza di questa patologia è relativamente bassa, ma il conseguente rischio di decesso per emorragia intracranica è elevato: per questa ragione è fortemente consigliata l’integrazione di vitamina K – come unica somministrazione dopo la nascita o in modo continuativo per i primi tre mesi di vita sulla base alle indicazioni ospedaliere ricevute [4,5].

Coumadin e vitamina K

La vitamina K, contrariamente alle altre vitamine liposolubili (A,D,E), è scarsamente immagazzinata all’interno del nostro corpo: senza un’adeguata e continua introduzione con la dieta si andrebbe facilmente e rapidamente incontro a carenza. Per questa ragione il corpo ha sviluppato un sistema di riciclo di tale vitamina, in modo da garantirne sempre livelli adeguati, anche in caso di scarso o mancato apporto nutrizionale.

I farmaci anticoagulanti cumarinici come il Warfarin (Coumadin®) agiscono proprio su questo meccanismo, impedendo il riciclo di vitamina K e quindi riducendone le dosi circolanti, con conseguente diminuzione del processo di coagulazione sanguigna.

Si tratta di farmaci prescritti in tutte quelle situazioni in cui sia fondamentale evitare formazione di coaguli di sangue, per esempio in caso di

L’evidente effetto collaterale di questi farmaci riguarda il rischio di perdita di massa ossea, soprattutto in soggetti già affetti da osteoporosi. Tuttavia, secondo un lavoro di revisione sugli studi finora effettuati, pubblicato nel 2019 dall’Università di Catania, mentre gli anticoagulanti che agiscono inibendo l’azione della vitamina K possono causare effetti indesiderati significativi sul metabolismo osseo (e in particolare sull’osteocalcina), la stessa cosa sembra non accadere con gli anticoagulanti più recenti (dabigatran, rivaroxaban, apixaban, edoxaban): questi, agendo con un meccanismo d’azione diverso (inibiscono altri fattori della coagulazione, ma non la vitamina K), si sono dimostrati più sicuri dal punto di vista dell’impatto sulla salute delle ossa, sia in termini di rischio di fratture da osteoporosi che di perdita della massa ossea [7, 9] – oltre al vantaggio di non richiedere un continuo controllo dei parametri di coagulazione (tempo di protrombina e INR) tramite esami del sangue.

L’azione antagonista della vitamina K nei confronti degli anticoagulanti cumarinici può invece essere sfruttata in modo vantaggioso qualora esista la necessità di contrastare l’effetto del farmaco – per esempio in caso di sovradosaggio dello stesso oppure in caso di intervento chirurgico in regime d’urgenza- in modo da ripristinare una corretta coagulazione.

Uso veterinario: un antidoto contro i veleni

Molti veleni topicidi agiscono con lo stesso meccanismo del warfarin (ma in modo estremamente più potente), inibendo l’azione della vitamina K e provocando la morte per emorragia interna. Nel malaugurato caso di ingestione accidentale del veleno da parte di animali domestici (cani e gatti sono i più soggetti) la vitamina K può essere utilizzata come valido antidoto all’avvelenamento.

Anticoagulanti e alimentazione

In caso di terapia prolungata con farmaci anticoagulanti che agiscono inibendo l’azione della vitamina K (Coumadin®, Sintrom®), è prassi comune da parte del personale sanitario sconsigliare l’assunzione di alimenti ricchi di tale vitamina, poiché potrebbero interferire con l’azione del farmaco. In realtà, il problema non è tanto l’assunzione in sé di questi cibi, ma il consumo non regolare, che causerebbe variazioni repentine e imprevedibili di vitamina K con conseguente continua variazione nei parametri di controllo degli esami del sangue e, di conseguenza, continui aggiustamenti nel dosaggio del farmaco.

Fermo restando che con l’utilizzo di anticoagulanti di ultima generazione (Pradaxa® e simili) il problema alimentare non si pone (vedi paragrafo “Coumadin e vitamina K”), in caso di assunzione di derivati cumarinici le linee guida più recenti propendono nel suggerire, più che la totale eliminazione, un consumo costante e non saltuario dei cibi ricchi di vitamina K – anche perché una terapia anticoagulante efficace poggia proprio sull’equilibrio fra quantità di farmaco assunto e quantità di vitamina K introdotta con l’alimentazione.

Le verdure a foglia larga, dunque, tanto per citare l’esempio più comune, non andrebbero eliminate, anche in ragione dei numerosi benefici che apportano alla salute: l’importante è farne un consumo regolare come frequenza e quantità [10,11].

Resta comunque buona prassi informare il medico curante sulle proprie abitudini alimentari ed eventualmente concordare con lui la scelta dietetica più opportuna.

Fonti e bibliografia

  1. Biochem J. 1935 Jun;29(6):1273-85. The antihaemorrhagic vitamin of the chick. Dam H.
  2. Dietary Supplements and Functional Foods, G.P.Webb
  3. FDA
  4. Blood Transfus. 2011 Jan; 9(1): 4–9. Vitamin K in neonates: facts and myths Giuseppe Lippi, Massimo Franchini
  5. Enciclopedia of Dietary Supplements, 2nd Ed. – Vitamin K, J.W. Suttie
  6. Metabolism. 2017 May;70:57-71. Vitamin K and osteoporosis: Myth or reality? Palermo A, Tuccinardi D, D’Onofrio L et al.
  7. Oral Dis. 2017 Nov;23(8):1021-1028. Regulation of bone remodeling by vitamin K2. Myneni VD, Mezey E.
  8. Keio J Med. 2003 Sep;52(3):147-50. Treatment with vitamin D3 and/or vitamin K2 for postmenopausal osteoporosis. Iwamoto J, Takeda T, Ichimura S.
  9. Int J Mol Sci. 2019 Oct 24;20(21). pii: E5275. doi: 10.3390/ijms20215275. Anticoagulants and Osteoporosis. Signorelli SS, Scuto S, Marino E, Giusti M, Xourafa A, Gaudio A.
  10. J Thromb Thrombolysis (2016) 41:187–205 Guidance for the practical management of warfarin therapy in the treatment of venous thromboembolism Daniel M. Witt, Nathan P. Clark, Scott Kaatz et al.
  11. JAMA. 2019 Sep 4. Green Vegetables, Herbs, and Oils May Help Stabilize Patients Taking Warfarin. Voelker R.
Domande e risposte
Dove si trova la vitamina K?
Tra le più importanti fonti alimentari di vitamina K ricordiamo
  • Verdure a foglia verde come cavoli, spinaci, cime di rapa, cavoli, bietole, senape, prezzemolo, lattuga romana e lattuga verde
  • Crucifere come cavoletti di Bruxelles, broccoli, cavolfiori e cavoli
In quantità minore si trova anche in alimenti di origine animale come pesce, fegato, carne, uova e cereali.
A cosa serve?
La più importante funzione della vitamina K è garantire una corretta coagulazione, ma interviene anche in altri contesti come ad esempio il mantenimento della salute ossea.
Articoli Correlati
Articoli in evidenza

Su alcuni dei link inseriti in questa pagina Healthy The Wom ha un’affiliazione ed ottiene una percentuale dei ricavi, tale affiliazione non fa variare il prezzo del prodotto acquistato.

Domande e risposte
  1. Gli alimenti con elevata concentrazione di vitamina K interagiscono con l’ibuprofene? Ne assumo 3-4 compresse nei giorni del ciclo.

    1. Dr. Roberto Gindro

      No, nessun problema.

  2. Perché si somministra la vitamina K ai neonati?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Per la prevenzione della malattia emorragica del neonato, una condizione particolarmente pericolosa dovuta alla carenza di vitamina causata dalla difficoltà a superare i filtri della placenta materna.

  3. Konakion fiale è da conservare in frigo o no?

    1. Dr. Roberto Gindro

      In farmacia viene spesso conservato in frigo, ma qualche anno fa è stato leggermente modificato il criterio ed è ora sufficiente conservarlo a temperatura inferiore ai 25°.