Tumore alla tiroide: sintomi, sopravvivenza, cura

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Introduzione

La tiroide è una ghiandola che si trova nella parte anteriore del collo, dietro la laringe (la zona delle corde vocali), e di norma non può essere avvertita toccando semplicemente la pelle.

È divisa in due parti (lobi), separate da un sottile ponte di tessuto (istmo); è una ghiandola endocrina che produce due tipi di ormoni diversi:

  • Ormone tiroideo. L’ormone tiroideo è prodotto dalle cellule follicolari e regola il battito cardiaco, la pressione, la temperature corporea ed il peso.
  • Calcitonina. La calcitonina è prodotta dalle cellule C della tiroide, insieme ad altri fattori serve per mantenere costante la concentrazione di calcio nell’organismo.

Dietro la tiroide, attaccate alla sua superficie, ci sono quattro ghiandole più piccole, dette paratiroidi, che secernono l’ormone paratiroideo (paratormone). Il paratormone è fondamentale per il mantenimento della giusta concentrazione di calcio nell’organismo.

Il principale sintomo di un cancro alla tiroide è la formazione di un nodulo nella parte anteriore del collo, tuttavia questo tumore tende a svilupparsi lentamente e potrebbe non esserci alcun sintomo all’inizio (si noti inoltre che solo 1 nodulo su 20 è tumorale).

Tra gli altri sintomi possibili ricordiamo:

  • linfonodi ingrossati,
  • raucedine inspiegabile che non migliora dopo qualche settimana,
  • mal di gola che non migliora,
  • difficoltà a deglutire.

La fascia di età in cui è più comune è quella compresa tra i 30 e i 60 anni e le donne hanno una probabilità due o tre volte maggiore di svilupparlo rispetto agli uomini.

Si tratta di un cancro che solitamente è curabile (oltre il 98% dei pazienti a 5 anni dalla diagnosi), anche se sono talvolta possibili recidive.

Posizione anatomica della tiroide (parte anteriore del collo)

iStock.com/urfinguss

Tumore alla tiroide

Un qualsiasi tumore si manifesta a livello delle cellule, che sono “mattoncini” che costituiscono i tessuti; i tessuti, a loro volta, formano i diversi organi del nostro corpo.

In condizioni normali le cellule crescono, si dividono e originano così le nuove cellule quando l’organismo ne ha bisogno. Le cellule normali che invecchiano o subiscono un qualche danno muoiono e vengono sostituite da cellule nuove.

In alcuni casi questo processo si altera, iniziano a formarsi cellule nuove anche quando l’organismo non ne ha bisogno e le cellule vecchie o danneggiate non vengono distrutte. L’accumulo di cellule va a formare una massa anomala di tessuto detta tumore.

Le masse di tessuto all’interno della tiroide di norma sono dette noduli, ma più di 9 su 10 sono benigni, cioè di natura non cancerosa, e non pericolosi come i noduli maligni.

I noduli benigni di norma:

  • non rappresentano un pericolo grave,
  • non invadono i tessuti circostanti,
  • non si diffondono in altre parti dell’organismo (cioè non formano metastasi),
  • di solito non devono essere asportati.

I noduli maligni invece

  • in alcuni casi possono rappresentare un pericolo grave,
  • sono in grado di invadere i tessuti e gli organi circostanti,
  • possono diffondersi in altre parti dell’organismo,
  • in molti casi possono essere asportati o distrutti, ma il tumore può comunque recidivare.

Le cellule tumorali possono diffondersi in tutto l’organismo, staccandosi dal tumore originario; possono entrare in circolo o nei vasi linfatici e raggiungere così tutti i tessuti dell’organismo. Le cellule tumorali si attaccano ad altri organi e, crescendo, formano nuovi tumori che possono danneggiare gli organi. I nuovi tumori sono detti metastasi.

Classificazione

Il tumore alla tiroide può essere di diversi tipi:

  • Adenocarcinoma papillare. In Italia questo tipo è responsabile di circa il 75% per cento dei casi di tumore alla tiroide. Si manifesta nelle cellule follicolari e si sviluppa lentamente. Con una diagnosi precoce la maggior parte dei pazienti affetti da adenocarcinoma papillare può essere curata con successo.
  • Adenocarcinoma follicolare. Rappresenta il 15 per cento circa dei tumori alla tiroide. Si manifesta nelle cellule follicolari e si sviluppa lentamente. Con una diagnosi precoce, la maggior parte dei pazienti affetti da adenocarcinoma follicolare può essere curata con successo.
  • Carcinoma midollare. Rappresenta meno del 5% dei tumori tiroidei. Si manifesta nelle cellule C della tiroide e può far innalzare considerevolmente i livelli della calcitonina. I carcinomi midollari tendono a crescere piuttosto lentamente, sono più facili da tenere sotto controllo se la diagnosi e la terapia iniziano prima della formazione di metastasi in altre parti dell’organismo.
  • Carcinoma anaplastico. Rappresenta meno dell’1 per cento dei tumori tiroidei. Si manifesta nelle cellule follicolari della tiroide e di norma cresce e si diffonde molto velocemente. Il carcinoma anaplastico è raro, ma è molto difficile da tenere sotto controllo e da curare.

Cause

I medici spesso non sono in grado di spiegare perché in alcuni pazienti si manifesti il tumore alla tiroide mentre altri rimangano perfettamente sani, l’unica certezza è che il tumore alla tiroide non è una malattia contagiosa.

Le ricerche, tuttavia, hanno permesso di individuare alcuni fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare un tumore alla ghiandola, ma si è scoperto che circa una tiroide su tre fra quelle esaminate in fase di autopsia presenta una qualche forma tumorale non diagnosticata in precedenza, quindi si tratta di fatto di un tumore tanto comune quando lento e poco aggressivo nella sua crescita.

Tra i principali fattori di rischio in grado di aumentare la possibilità di sviluppare un tumore alla tiroide ricordiamo:

  • Sesso femminile. Il rischio di soffrire di tumori tiroidei è circa triplo per le donne.
  • Età superiore ai 45 anni. La maggior parte dei pazienti affetti da tumori alla tiroide ha più di 45 anni; la maggior parte dei pazienti affetti da carcinoma anaplastico ha più di 60 anni.
  • Obesità (fonte).
  • Esposizione a radiazioni. Chi si espone a specifiche tipologie di radiazioni presenta un maggior rischio di soffrire di adenocarcinoma papillare o follicolare. Una fonte importante di esposizione alle radiazioni è la terapia con i raggi X (radioterapia). Tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta i bambini affetti da problemi alle tonsille, acne e altri disturbi alla testa e al collo erano curati con i raggi X molto potenti. In seguito, tuttavia, i medici scoprirono che alcuni pazienti sottoposti nel loro passato a questo tipo di terapia avevano sviluppato un tumore alla tiroide. Le normali radiografie, usate ad esempio per diagnosticare problemi ai denti o al torace, usano i raggi X, ma a dosi minime, quindi i benefici sono di norma maggiori dei rischi; tuttavia l’esposizione ripetuta potrebbe essere pericolosa, quindi è consigliabile chiedere al medico o al dentista se la radiografia è veramente necessaria e se è opportuno usare protezioni per le altre parti dell’organismo. Un’altra possibile fonte di radiazioni è il fallout radioattivo, cioè le radiazioni che ricadono sulla Terra in seguito ai test nucleari (come quelli condotti dagli Stati Uniti in diverse zone del mondo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta), agli incidenti nucleari (come quello di Chernobyl del 1986 o il recente episodio di Fukushima) ed alle fuoriuscite di materiale radioattivo dagli impianti (come l’impianto Hanford nello stato di Washington alla fine degli anni Quaranta). Il fallout radioattivo contiene iodio radioattivo (I-131) e altri elementi radioattivi. Chi è stato esposto a una o più sorgenti di I-131, soprattutto se era un bambino al momento dell’esposizione, potrebbe presentare un rischio maggiore del normale di soffrire di disturbi alla tiroide. Ad esempio i bambini esposti allo iodio radioattivo dopo l’incidente di Chernobyl corrono un rischio maggiore del normale di soffrire di tumore alla tiroide.
  • Genetica e precedenti famigliari di adenocarcinoma midollare. L’adenocarcinoma midollare a volte può essere ereditario: la mutazione del gene RET, infatti, può trasmettersi dai genitori ai figli. Quasi tutti i pazienti che presentano la mutazione del gene RET svilupperanno un adenocarcinoma midollare. Il disturbo si presenterà da solo, e sarà definito carcinoma midollare familiare, oppure in concomitanza con altre patologie (neoplasia endocrina multipla). Per individuare le mutazioni del gene RET è sufficiente un esame del sangue specifico. Se la mutazione del gene è riscontrata in un paziente affetto da adenocarcinoma midollare, il medico consiglierà ai famigliari di sottoporsi all’esame. In caso di mutazione del gene, il medico può consigliare di tenere sotto controllo il disturbo con esami regolari oppure con l’intervento chirurgico di tiroidectomia (asportazione della tiroide) prima che il tumore si sviluppi.
  • Gozzo, una condizione caratterizzata dalla presenza di numerosi noduli benigni dovuti a carenza di iodio, o altre condizioni infiammatorie della ghiandola (tiroidite). Ipotiroidismo e ipertiroidismo di per sé NON rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di tumore.
  • Precedenti famigliari di gozzo o di polipi al colon. In rari casi i pazienti con precedenti famigliari di gozzo multinodulare sono a rischio per quanto riguarda l’adenocarcinoma papillare. Lo stesso rischio si presenta, in rari casi, per i pazienti con precedenti famigliari di polipi multipli nel colon o nel retto (poliposi familiare).
  • Acromegalia, una rara condizione in cui il corpo produce ormone della crescita in quantità eccessive.
  • Iodio. Lo iodio è un minerale che si trova nei crostacei e nel sale iodato. Gli scienziati lo stanno studiando come possibile fattore di rischio per il tumore alla tiroide. L’apporto insufficiente di iodio nella dieta può far aumentare il rischio di adenocarcinoma follicolare; viceversa altre ricerche dimostrano che l’eccesso di iodio nella dieta può far aumentare il rischio di adenocarcinoma papillare. Per sapere con certezza se lo iodio rappresenta un fattore di rischio, però, saranno necessarie ulteriori ricerche.

La presenza di uno o più fattori di rischio non implica automaticamente la comparsa del tumore, la maggior parte dei pazienti che presentano fattori di rischio, infatti, non svilupperà alcun tumore.

Sintomi

Nei primi stadi, di solito, il tumore alla tiroide è asintomatico (non presenta cioè alcun sintomo), tuttavia negli stadi avanzati possono comparire i sintomi seguenti:

Nella maggior parte dei casi questi sintomi non sono da imputare a un tumore e possono essere causati da un’infezione, dal gozzo benigno o da un altro disturbo; se però i sintomi non guariscono nel giro di due o tre settimane è opportuno rivolgersi al proprio medico, per procedere ad una diagnosi precoce ed alla terapia.

Sopravvivenza

La sopravvivenza al tumore della tiroide è molto elevata (oltre il 98 per cento a 5 anni dalla diagnosi) e in generale è una condizione relativamente poco comune (rappresenta l’1-2% di tutti i tumori, almeno in Italia).

Diagnosi

Se avvertite sintomi che potrebbero essere connessi al tumore alla tiroide, il medico cercherà di scoprire se sono davvero imputabili a questo oppure se causati da altre patologie; il medico indagherà sui problemi di salute passati vostri e della vostra famiglia, e vi farà eseguire uno o più degli esami seguenti:

  • Visita. Il medico visiterà il collo, in corrispondenza della tiroide e dei linfonodi, alla ricerca di eventuali zone gonfie (noduli) o di gonfiori anomali.
  • Esami del sangue. Il medico controllerà il livello dell’ormone TSH (ormone tireotropo, cioè incaricato di stimolare la tiroide) nel sangue. Se il valore è troppo basso o troppo alto la tiroide non funziona bene. Se il medico sospetta un adenocarcinoma midollare, gli esami del sangue saranno mirati al controllo della calcitonina.
  • Ecografia. Nell’ecografia vengono usate onde sonore non percepibili dall’orecchio umano. Il dispositivo emana onde sonore e le dirige verso la tiroide e il computer crea un’immagine basandosi sulle onde che fanno eco contro la ghiandola. L’ecografia permette di visualizzare i nodi troppo piccoli per essere avvertiti al tatto. Il medico usa l’immagine ecografica per capire le dimensioni e la forma dei noduli e per scoprire se i noduli sono solidi oppure hanno un contenuto liquido. I noduli con contenuto liquido di solito non sono maligni, mentre quelli solidi potrebbero essere di natura tumorale.
  • Scintigrafia tiroidea. Il medico può prescrivervi una scintigrafia tiroidea: durante l’esame dovrete deglutire una piccola quantità di tracciante radioattivo che entrerà in circolo, Le cellule della tiroide lo assorbiranno e quindi saranno visibili durante la scansione. I noduli che assorbono più tracciante rispetto ai tessuti circostanti sono detti noduli caldi e di solito non sono di natura tumorale. I noduli che invece assorbono una minore quantità di tracciante rispetto ai tessuti circostanti sono detti noduli freddi e potrebbero essere di natura tumorale.
  • Biopsia. La biopsia è l’unico modo sicuro per diagnosticare il tumore alla tiroide. Il patologo esaminerà al microscopio il campione di tessuto prelevato, alla ricerca delle eventuali cellule tumorali. Per prelevare il campione di tessuto, i medici possono procedere in due modi:
    1. Ago aspirato. È la tecnica bioptica a cui si ricorre con maggior frequenza. Il medico preleva un campione di tessuto dal nodulo tiroideo usando un ago molto sottile, per capire dove dirigere l’ago il medico usa un dispositivo ecografico.
    2. Biopsia chirurgica. Quando non sia possibile giungere ad una diagnosi certa sulla base del solo ago aspirato, il chirurgo asporterà tutto il nodulo durante un intervento chirurgico. Se si sospetta un adenocarcinoma follicolare, può essere necessario ricorrere alla biopsia chirurgica per giungere alla diagnosi.
Disegno che mostra come avviene una biopsia tiroidea ecoguidata

iStock.com/corbac40

Prima della biopsia, vi consigliamo di rivolgere le domande seguenti al vostro medico:

  • Dovrò andare in ospedale e farmi ricoverare?
  • Quanto durerà la biopsia?
  • Sarò sveglio o sotto anestesia? Avrò male?
  • Ci sono dei rischi? Mi può quantificare i rischi di infezione o di emorragia connessi alla biopsia?
  • Quanto tempo ci vorrà per riprendermi completamente?
  • Mi rimarrà una cicatrice sul collo?
  • Quando potrò conoscere l’esito? Chi mi spiegherà i risultati?
  • Se si scopre che ho un tumore, chi mi dirà che come procedere? Quando?

Stadiazione

Per capire qual è la terapia migliore nel vostro caso, il medico deve sapere qual è lo stadio in cui si trova il tumore, cioè la gravità e la diffusione della patologia. Per stadiazione si intendono i parametri seguenti:

  • dimensioni del nodulo,
  • eventuale diffusione del tumore (metastasi) in altre parti dell’organismo e identificazione delle altre zone colpite.

Le sedi più comuni di eventuali metastasi del tumore alla tiroide sono

  • i linfonodi,
  • i polmoni,
  • le ossa.

Se il tumore si diffonde in una zona dell’organismo diversa dalla sede originaria il nuovo tumore ha lo stesso tipo di cellule, e quindi lo stesso nome, di quello originario; ad esempio se il tumore alla tiroide si diffonde nei polmoni, le cellule tumorali presenti nei polmoni saranno a tutti gli effetti cellule del tumore tiroideo. La patologia, quindi, sarà identificata come tumore tiroideo metastatico, e non come tumore ai polmoni, e come tale sarà curata. Il nuovo tumore sarà detto metastasi, o tumore a distanza.

Per giungere alla stadiazione del tumore, dovrete eseguire uno o più degli esami seguenti:

  • Ecografia. L’ecografia del collo permette di capire se il tumore ha formato metastasi nei linfonodi o negli altri tessuti vicini alla tiroide.
  • TAC. Un dispositivo radiografico connesso a un computer scatta una serie di immagini dettagliate dell’interno dell’organismo. La TAC può permettere di capire se il tumore si è diffuso nei linfonodi, in altre zone del collo oppure nel torace.
    • TAC total body. Per capire se ci sono metastasi, in alcuni casi può essere utile ricorrere alla TAC total body. Prima dell’esame viene somministrata al paziente una piccola quantità di tracciante radioattivo che entra in circolo, le cellule del tumore alla tiroide che hanno dato origine a metastasi nelle ossa o in altre parti dell’organismo assorbono il tracciante e vengono quindi visualizzate chiaramente dalla TAC.
  • Risonanza magnetica. La risonanza magnetica sfrutta una calamita potente connessa a un computer per scattare immagini dettagliate dei tessuti dell’organismo. Il medico può visualizzare le immagini su schermo oppure stamparle. La risonanza magnetica permette di capire se il tumore si è diffuso nei linfonodi o in altre zone dell’organismo.
  • Radiografia toracica. La radiografia del torace può permettere di capire se il tumore ha formato metastasi polmonari.

Cura e terapia

Chi soffre di tumore alla tiroide ha a disposizione diversi tipi di terapia, che di norma inizia entro alcune settimane dalla diagnosi, ma avrete sempre e comunque il tempo di chiedere informazioni al medico ed eventualmente un secondo parere da un altro specialista.

La scelta dell’approccio ideale dipende da fattori quali

  • tipo di tumore (papillare, follicolare, midollare o anaplastico),
  • dimensioni del nodulo,
  • età del paziente,
  • eventuale presenza di metastasi.

Il medico potrà indicarvi uno specialista di tumori alla tiroide, oppure sarete voi stessi a chiedere il nome di uno specialista a cui rivolgervi.

  • L’endocrinologo è il medico specializzato nella terapia dei disturbi ormonali e della tiroide.
  • L’oncologo, invece, è il medico specializzato nella cura dei tumori.

Lavorerete insieme allo specialista scelto per elaborare un piano terapeutico adeguato alle vostre necessità, ma probabilmente sarete seguiti da un’équipe di professionisti, che comprenderà chirurghi, oncologi e radiologi, nonché, probabilmente, diversi infermieri oncologici e un dietologo.

Il medico vi descriverà le varie terapie e i risultati attesi di ciascuna di esse; il tumore alla tiroide può essere curato attraverso

  • intervento chirurgico,
  • terapia ormonale,
  • terapia radiometabolica a base di iodio radioattivo,
  • radioterapia esterna,
  • chemioterapia.

La maggior parte dei pazienti viene in genere sottoposta a una terapia combinata; ad esempio il protocollo terapeutico (terapia standard) per l’adenocarcinoma papillare comprende l’intervento chirurgico, la terapia ormonale e la terapia radiometabolica. La radioterapia e la chemioterapia, invece, sono usate più di rado, e di solito sono combinate.

  • L’intervento chirurgico e la radioterapia sono terapie locali, perché rimuovono o distruggono il tumore localizzato nella tiroide. Se invece si sono formate delle metastasi, la terapia locale può essere usata per tenere sotto controllo la patologia localizzata in zone specifiche.
  • La terapia ormonale, la terapia radiometabolica e la chemioterapia sono, invece, terapie sistemiche, perché entrano in circolo e distruggono o tengono sotto controllo il tumore in tutto l’organismo.

Vi consigliamo di informarvi sugli eventuali effetti collaterali e su come le varie terapie sono in grado di influire sulla vostra vita quotidiana; le terapie antitumorali spesso danneggiano le cellule e i tessuti sani, quindi gli effetti collaterali sono piuttosto frequenti e dipendono principalmente dal tipo di terapia e dalla sua aggressività. Gli effetti collaterali variano a seconda del paziente e possono cambiare anche tra una sessione e l’altra di terapia. Prima dell’inizio della terapia vi suggeriamo quindi di chiedere all’équipe che vi segue informazioni sui possibili effetti collaterali e sui modi per gestirli se si presentano.

In tutte le fasi della malattia è possibile alleviare gli effetti collaterali della terapia, tenere sotto controllo il dolore e gli altri sintomi, e ricevere aiuto per affrontare i sentimenti che la diagnosi di tumore inevitabilmente scatena.

In alcuni casi, inoltre, è possibile chiedere al proprio medico di partecipare a un esperimento clinico, cioè a una ricerca che sperimenta nuove terapie.

Prima di iniziare la terapia, vi consigliamo di rivolgere le domande seguenti al vostro medico:

  • Di che tipo è il tumore? Posso avere una copia degli esiti della biopsia?
  • In quale stadio si trova il tumore? Ci sono delle metastasi? Se sì, dove?
  • A quali terapie posso ricorrere? Quale/i mi consiglia? Perché?
  • Dovrò sottopormi a diverse terapie?
  • Quali benefici posso aspettarmi da ciascuna terapia?
  • Quali sono i rischi e i possibili effetti collaterali di ciascuna terapia? Che cosa posso fare per tenere sotto controllo gli effetti collaterali?
  • Devo fare qualcosa per prepararmi alla terapia?
  • Dovrò essere ricoverato in ospedale? Per quanto tempo?
  • Quanto costa la terapia? È mutuabile?
  • Quali ricadute avrà la terapia sulla mia vita quotidiana?
  • Che possibilità ho di guarire completamente?
  • Posso partecipare a un esperimento clinico? Può aiutarmi a trovarne uno?
  • Ogni quanto tempo dovrò fare le visite di controllo?

Intervento chirurgico

La maggior parte dei pazienti affetti da tumore alla tiroide deve sottoporsi all’intervento chirurgico, che è considerato l’approccio di elezione, ma il metodo di intervento dipende dal tipo e dallo stadio del tumore, dalle dimensioni del nodulo e dalla vostra età.

Tiroidectomia totale. Questo tipo di intervento può essere usato per tutti i tipi di tumore alla tiroide perchè il chirurgo rimuove l’intera ghiandola praticando un’incisione nel collo. Se non è possibile rimuovere tutti i tessuti della tiroide durante l’intervento, potrà essere usato lo iodio radioattivo in un secondo momento.

Durante l’intervento possono anche essere rimossi i linfonodi vicini alla tiroide. Se il tumore ha invaso i tessuti del collo, il chirurgo li asporterà, se invece il tumore si è diffuso in altre parti dell’organismo queste zone potranno essere curate chirurgicamente, oppure con la terapia radiometabolica o con la radioterapia.

Lobectomia. Ad alcuni pazienti affetti da adenocarcinoma follicolare o papillare può essere asportata solo una parte della tiroide, cioè un solo lobo e l’istmo. Alcuni di essi, però, dopo la lobectomia, dovranno sottoporsi a un secondo intervento per rimuovere il resto della tiroide. In rari casi, il resto della tiroide potrà essere distrutto dalla terapia radiometabolica.

Il tempo di guarigione dopo l’intervento varia a seconda del paziente. Per i primi giorni potrete avvertire dolore e fastidio, entrambi controllabili con i farmaci appositi. Prima dell’intervento vi consigliamo di chiedere al medico o agli infermieri come verrà gestito il dolore postoperatorio. Dopo l’intervento, il medico potrà adeguare il piano terapeutico alle vostre necessità, se il dolore sarà molto forte.

L’intervento chirurgico rimuove le cellule che producono gli ormoni tiroidei, quindi quasi tutti i pazienti che si sottopongono all’intervento dovranno assumere farmaci che vanno a sostituire gli ormoni tiroidei sintetizzati naturalmente dalla tiroide sana. Probabilmente dovrete assumere gli ormoni tiroidei per tutta la vita.

Se il chirurgo asporta le paratiroidi, probabilmente dovrete assumere calcio e vitamina D per tutta la vita.

In alcuni pazienti l’intervento chirurgico può danneggiare determinati nervi o muscoli, in questo caso il paziente può avere problemi alla voce oppure si può creare un’asimmetria delle spalle.

Prima dell’intervento vi consigliamo di rivolgere le domande seguenti al vostro medico:

  • Qual è il tipo di intervento più indicato nel mio caso?
  • Mi saranno asportati i linfonodi, le ghiandole paratiroidi o altri tessuti? Perché?
  • Quali sono i rischi dell’intervento?
  • Come mi sentirò dopo l’intervento? Se avrò molto male, come faremo per tenere sotto controllo il dolore?
  • Per quanto tempo dovrò rimanere ricoverato?
  • Mi rimarranno delle brutte cicatrici?
  • Ci saranno degli effetti collaterali di lungo periodo?
  • Dovrò assumere gli ormoni tiroidei? Quando dovrò iniziare? Dovrò assumerli per tutta la vita?
  • Quando potrò riprendere la mia vita di sempre?

Terapia ormonale

Dopo l’intervento chirurgico di tiroidectomia o di lobectomia, quasi tutti i pazienti dovranno assumere i farmaci che sostituiscono gli ormoni tiroidei sintetizzati naturalmente dalla tiroide sana; questi ormoni, però, sono anche usati nel corso della terapia per l’adenocarcinoma papillare o follicolare, perché rallentano la crescita delle cellule tumorali rimaste nell’organismo dopo l’intervento.

Gli ormoni tiroidei di solito non provocano effetti collaterali. Il medico vi farà eseguire gli esami del sangue per capire se li state assumendo nella dose corretta. L’eccesso di ormoni tiroidei può farvi dimagrire, farvi sudare più del solito o avvertire più caldo del solito; tra gli altri effetti collaterali ricordiamo l’aumento della frequenza cardiaca, il dolore toracico, i crampi e la diarrea. Viceversa, l’insufficienza di ormoni tiroidei può farvi ingrassare, farvi sentire stanchi, farvi avere più freddo del solito, causare un’eccessiva secchezza della pelle e dei capelli. In caso di effetti collaterali il medico potrà comunque adeguare la dose.

Prima di iniziare la terapia a base di ormoni tiroidei, vi consigliamo di chiedere al medico:

  • Perché devo sottopormi a questa terapia?
  • A che cosa servono gli ormoni tiroidei? Avrò degli effetti collaterali?
  • Per quanto tempo dovrò seguire la terapia?

Terapia radiometabolica

La terapia radiometabolica a base di iodio radioattivo (I-131) serve per combattere gli adenocarcinomi papillari o follicolari, perché uccide le cellule tumorali della tiroide e le cellule tiroidee rimaste nell’organismo dopo l’intervento.

Chi invece soffre di adenocarcinoma midollare o di carcinoma anaplastico, di norma non deve sottoporsi a questa terapia, perché non sarebbe efficace per queste due forme di tumore.

Anche chi è allergico allo iodio può sottoporsi tranquillamente alla terapia con I-131. La terapia è somministrata per via orale, sotto forma di liquido o di capsule. Lo iodio entra in circolo e raggiunge le cellule tumorali in tutto l’organismo: quando le cellule tumorali assorbono una quantità eccessiva di iodio, muoiono.

Molti pazienti si sottopongono a questa terapia in ospedale o in day-hospital e possono ritornare immediatamente a casa una volta terminata. Altri, invece, dovranno essere ricoverati in ospedale per un giorno o per alcuni giorni. Chiedete all’équipe che vi segue com’è possibile proteggere i vostri famigliari e le persone che vi circondano dall’esposizione alle radiazioni.

La maggior parte delle radiazioni emesse dallo iodio scompare nel giro di una settimana. Dopo tre settimane, nell’organismo rimangono soltanto tracce dell’elemento radioattivo.

Durante la terapia, è possibile proteggere la vescica e gli altri tessuti sani bevendo molto, perché i liquidi aiutano a eliminare le scorie dello iodio più velocemente.

Nel primo giorno di terapia alcuni pazienti possono avvertire una lieve nausea; altri invece avvertiranno un certo gonfiore e dolore nel collo, in corrispondenza delle cellule tiroidee rimaste dopo l’intervento. Se le cellule tumorali si sono diffuse fuori dal collo, anche le zone di diffusione possono dare fastidio o fare male.

Per un breve periodo dopo la somministrazione di I-131 potrete avere la bocca secca o perdere il senso del gusto o dell’olfatto. Può essere utile masticare un chewing-gum senza zucchero o una caramella dura senza zucchero.

Un effetto collaterale molto raro per gli uomini che si sottopongono a una terapia aggressiva a base di iodio I-131 è l’infertilità. Nelle donne, lo iodio radioattivo probabilmente non causerà l’infertilità, però alcuni medici consigliano di evitare le gravidanze nell’anno successivo alla somministrazione di alte dosi di I-131.

Le ricerche dimostrano che un numero esiguo di pazienti potrebbe sviluppare una recidiva del tumore anche anni dopo la terapia con una dose elevata di I-131.

Una dose massiccia di I-131 uccide anche le cellule sane della tiroide, cioè quelle che producono gli ormoni tiroidei. Dopo la terapia radiometabolica dovrete assumere gli ormoni tiroidei di sintesi per sostituire quelli prodotti dalla tiroide.

Prima di iniziare la terapia radiometabolica vi consigliamo di rivolgere le domande seguenti al vostro medico:

  • Perché devo sottopormi a questa terapia?
  • Come funziona lo iodio radioattivo?
  • Cosa posso fare per prepararmi? Devo evitare gli alimenti e i farmaci che contengono lo iodio? Per quanto tempo?
  • Dovrò essere ricoverato in ospedale? Per quanto tempo?
  • Diventerò radioattivo? Dovrò proteggere i miei famigliari e chi mi circonda dalle radiazioni? Per quanti giorni?
  • La terapia causa effetti collaterali? Come potrò tenerli sotto controllo?
  • Rischio di dovermi sottoporre nuovamente alla terapia con iodio I-131 in futuro?

Radioterapia esterna

La radioterapia esterna rappresenta un’opzione terapeutica per tutti i tipi di tumore alla tiroide che non possono essere curati con la chirurgia o con la terapia a base di I-131. È anche usata per le recidive o per curare il dolore alle ossa dovuto alle metastasi.

La radioterapia esterna usa radiazioni molto potenti per uccidere le cellule tumorali, una grande apparecchiatura dirige le radiazioni sul collo o sugli altri tessuti sede di metastasi.

La maggior parte dei pazienti dovrà recarsi in ospedale o in clinica per questa terapia, di solito per cinque giorni a settimana e per diverse settimane. Le sessioni durano pochi minuti.

Gli effetti collaterali dipendono in primo luogo dalla quantità di radiazioni somministrate e dalla zona dell’organismo che deve essere curata. Le radiazioni dirette verso il collo possono causare secchezza e lesioni alla bocca e alla gola, raucedine o problemi di deglutizione. La pelle della zona trattata può arrossarsi, seccarsi o far male.

Con ogni probabilità avvertirete una profonda stanchezza durante la radioterapia, soprattutto nella prima settimana. Riposarsi è fondamentale, ma i medici di solito consigliano ai pazienti di rimanere il più attivi possibile.

Gli effetti collaterali della radioterapia possono essere molto fastidiosi, ma il medico di solito è in grado di curarli o di tenerli sotto controllo. Di norma gli effetti collaterali scompaiono una volta terminata la terapia.

Prima di iniziare la radioterapia, vi consigliamo di rivolgere le domande seguenti al vostro medico:

  • Perché devo sottopormi a questa terapia?
  • Quando inizierò? Con quale frequenza? Quando finirò?
  • Come mi sentirò durante la terapia?
  • Come si fa a capire se la radioterapia è efficace?
  • Posso fare qualcosa per stare meglio durante la terapia?
  • Posso continuare a svolgere la vita che svolgevo prima?
  • Ci sono effetti collaterali sul lungo periodo?

Chemioterapia

La chemioterapia è una terapia consigliata per il carcinoma anaplastico, ma in alcuni casi può essere usata anche per alleviare i sintomi dell’adenocarcinoma midollare o di altre forme di tumore alla tiroide.

La chemioterapia è una terapia farmacologica che uccide le cellule tumorali, di norma i farmaci sono somministrati per endovena, entrano in circolo e vanno a colpire le cellule tumorali in tutto l’organismo.

I farmaci possono essere somministrati in ospedale, in ambulatorio o presso il vostro domicilio. Alcuni pazienti, però, dovranno essere ricoverati in ospedale.

Gli effetti collaterali della chemioterapia dipendono principalmente dal tipo e dalla dose dei farmaci somministrati, perchè i farmaci sono anche in grado di danneggiare tutte le cellule sane che si dividono rapidamente, ad esempio quelle della mucosa della bocca. Tra gli effetti collaterali più frequenti ricordiamo:

L’équipe medica che vi segue può suggerirvi come tenere sotto controllo molti di questi effetti collaterali. La maggior parte di essi scomparirà spontaneamente alla fine della terapia.

Prima di iniziare la chemioterapia vi consigliamo di rivolgere al medico le domande seguenti:

  • Perché devo sottopormi a questa terapia?
  • Come funziona la chemio?
  • Avrò degli effetti collaterali? Come li potrò tenere sotto controllo?
  • Quanto durerà la terapia?

Convalescenza

Dopo la terapia per il tumore alla tiroide dovrete sottoporvi a visite ed esami regolari. Anche se i sintomi del tumore sono scomparsi, infatti, la patologia può recidivare, cioè ripresentarsi, perché la terapia non ha distrutto tutte le cellule tumorali presenti nell’organismo.

Il medico controllerà la vostra ripresa ed escluderà la presenza di recidive avvalendosi degli esami del sangue e degli esami di imaging. Se il tumore recidiva, tende a colpire soprattutto il collo, i polmoni o le ossa.

Le visite di controllo servono anche per diagnosticare i problemi di salute che potrebbero essere causati dalla terapia antitumorale: chi è stato curato con la terapia radiometabolica o con la radioterapia corre un maggior rischio di sviluppare nuovi tumori. Se tra una visita e l’altra avete un qualche problema di salute, dovreste contattare immediatamente il medico.

Chi in passato ha sofferto di adenocarcinoma papillare o follicolare deve fare gli esami del sangue per controllare i livelli del TSH e della tireoglobulina. Gli ormoni tiroidei, in condizioni normali, sono immagazzinati nella tiroide sotto forma di tireoglobulina. Se la tiroide è stata asportata i livelli di tireoglobulina nell’organismo devono essere molto bassi o nulli. Se sono molto alti potrebbero indicare che il tumore si è ripresentato. Per prepararvi all’esame della tireoglobulina, il medico vi consiglierà di:

  • Interrompere la terapia con gli ormoni di sintesi per un breve periodo. Circa sei settimane prima dell’esame, il medico potrebbe cambiarvi il tipo di pillole. Circa due settimane prima dell’esame, dovrete interrompere completamente la terapia e probabilmente avvertirete effetti collaterali spiacevoli. Probabilmente aumenterete di peso e vi sentirete molto stanchi. Può essere utile chiedere consiglio al medico o all’infermiere su come affrontare questi problemi. Dopo l’esame della tireoglobulina, riprenderete ad assumere gli ormoni tiroidei come al solito.

oppure

  • Iniezione di TSH. Il medico può iniettarvi l’ormone TSH. Se nel vostro organismo sono rimaste delle cellule tumorali dopo la terapia, il TSH farà loro rilasciare la tireoglobulina, rilevabile con un esame del sangue specifico. Se si ricorre all’iniezione, non occorre interrompere la terapia ormonale.

Chi in passato ha sofferto di adenocarcinoma midollare deve sottoporsi agli esami del sangue specifici per la calcitonina e per altre sostanze.

Oltre agli esami del sangue, le visite di controllo potranno comprendere:

  • Ecografia del collo, per individuare eventuali recidive locali.
  • TAC total body. Per prepararsi a quest’esame dovrete interrompere l’assunzione di ormoni tiroidei per alcune settimane oppure farvi iniettare il TSH, per i motivi descritti in precedenza. La maggior parte dei pazienti, inoltre, dovrà evitare i crostacei e il sale iodato nella settimana o nelle due settimane precedenti all’esame. Il medico vi somministrerà una dose minima di iodio radioattivo o di un’altra sostanza radioattiva. Le cellule tumorali, se sono presenti, la assorbiranno molto velocemente e diventeranno visibili alla TAC.
  • PET. Quest’esame serve per escludere le recidive. Vi viene iniettata una piccola quantità di zucchero radioattivo. Un’apparecchiatura computerizzata scatta delle immagini nel momento in cui lo zucchero viene assorbito dalle cellule: le cellule tumorali lo assorbono più velocemente rispetto alle cellule sane, e quindi diventano immediatamente visibili nelle immagini.
  • TAC e Risonanza Magnetica, per escludere le recidive.

Una volta terminata la terapia, vi consigliamo di rivolgere le domande seguenti al vostro medico:

  • Ogni quanto tempo dovrò sottopormi alle visite e agli esami di controllo?
  • Quali esami sono indicati nel mio caso? Devo evitare il sale iodato e le altre fonti di iodio prima di effettuarli?
  • Se ho dei problemi tra un esame e l’altro posso rivolgermi a lei? A quali sintomi devo fare attenzione?

Fonti e bibliografia

Domande e risposte
Quali sono i sintomi di un tumore alla tiroide?

Purtroppo nella maggior parte dei pazienti un tumore alla tiroide rimane silente, cioè privo di sintomi, fino alle fasi più avanzate, quando possono comparire

  • sviluppo di un nodulo (talvolta visibile anche esternamente in forma di gonfiore)
  • linfonodi ingrossati a livello del collo
  • raucedine inspiegabile che non migliora nell'arco di qualche settimana
  • mal di gola che non migliora
  • difficoltà a deglutire
Quali sono mortalità e sopravvivenza associati al tumore alla tiroide?
La prognosi è ottima, a 5 anni dalla diagnosi la sopravvivenza media è di oltre il 98% dei pazienti.
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Domande e risposte
  1. Un ipotiroidismo sotto controllo può predisporre allo sviluppo di tumore?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Non mi risulta che possa essere un fattore di rischio.

  2. TSH a 2.5, va bene?

    1. Dr. Roberto Gindro

      In teoria sì, in pratica raccomando sempre il parere del medico che potrà valutarlo nel suo contesto specifico (alcuni pazienti necessitano per esempio di valori più bassi, in base alla diagnosi/condizione).