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Cos’è l’amiocentesi?

L’amniocentesi è un esame che serve principalmente alla diagnosi precoce di malattie genetiche, come la sindrome di Down, e che prevede il prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico dall’utero della mamma.

Si effettua in genere al quarto mese di gravidanza, tra la 15a e la 18a settimana; durante l’esame un ago lungo e sottile viene inserito attraverso la parete addominale, sulla base di immagini ecografiche in tempo reale, fino a raggiungere il contenuto del sacco amniotico che circonda il feto, dove viene prelevato un piccolo campione di liquido amniotico che verrà poi analizzato.

Il test di solito dura indicativamente 10 minuti, anche se l’intera procedura può richiedere fino a 30 minuti circa.

Viene descritta come fastidiosa più che dolorosa, ma con significative differenze individuali.

Ad oggi, se praticata in un centro d’eccellenza, i rischi della procedura sono ormai pressoché trascurabili.

Donna che si sta sottoponendo ad un'amniocentesi

iStock.com/Topalov

Quando si fa? A che settimana?

Idealmente dovrebbe essere sostenuta attorno alla 15-16esima settimana, ma tendenzialmente può essere praticata dalla 15esima alla 18esima settimana se necessario.

È tecnicamente possibile procedere prima della della 15esima settimana (amniocentesi prococissima), ma l’esame è in questo caso gravato da qualche rischio in più.

Viene talvolta prescritta anche dopo la 25esima settimana, ma in alcuni casi con indicazioni diverse (ad esempio cariotipo tardivo, caratterizzazione dell’infezione fetale in caso di rottura delle membrane, …).

A cosa serve?

L’obiettivo più comune della prescrizione dell’amniocentesi è la diagnosi precoce di malattie genetiche come ad esempio:

Vengono anche valutate altre possibili condizioni, come ad esempio il ritardo mentale da X-fragile e la sordità congenita.

In fasi più avanzate permette infine la valutazione della corretta maturazione dei polmoni.

Quando viene prescritta?

In Italia per le donne con età di 35 anni o superiore, la categoria più a rischio, l’esame è in genere raccomandato e gratuito.

Può essere consigliata anche a donne più giovani, in caso di

  • risultati dubbi ottenuti dai test di screening come il bi-test e simili, o dalle precedenti ecografie,
  • condizioni genetiche presenti nei genitori o in parenti stretti,
  • precedenti gravidanze con episodi di difetti del tubo neurale.

In epoca più avanzata può essere richiesta per valutare la maturazione dei polmoni del feto, nel caso in cui sussista la necessità di indurre a un parto pretermine o procedere a un cesareo con largo anticipo.

È obbligatoria? Sono obbligata a farla?

Assolutamente no, la decisione ultima spetta alla donna, che tuttavia dovrebbe affrontare l’argomento con il ginecologo senza preconcetti e con la consapevolezza che se prescritta, in genere, è perché i benefici sono superiori ai rischi.

La scelta deve essere fatta tenendo conto che:

  • un risultato positivo può servire a tranquillizzare la coppia,
  • un risultato diverso da quello atteso può dare modo alla coppia di valutare un eventuale aborto medico oppure di prepararsi alla nascita di un bimbo con esigenze differenti dalle attese,
  • esiste un rischio teorico inferiore all’1% di andare incontro ad aborto come complicazione dell’esame, ma in ogni caso il rischio non è nullo.

Come avviene?

L’amniocentesi prevede il prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico, il fluido in cui è immerso il feto all’interno dell’utero.

Non è in genere necessaria alcuna preparazione specifica, ma può talvolta essere consigliato di trattenere l’urina da qualche ora prima dell’esame per facilitare l’esecuzione dell’ecografia; la procedura inizia infatti con la paziente che viene sottoposta ad esame ecografico con l’obiettivo di individuare la posizione del feto e scegliere la zona migliore e più sicura dove effettuare il prelievo.

Prima di procedere con l’inserimento dell’ago nell’addome spesso viene somministrato un leggero anestetico locale (attraverso piccole iniezioni sottocute) per ridurre il fastidio percepito durante la procedura.

Sempre sotto controllo ecografico il ginecologo provvede quindi a inserire l’ago con cui effettuerà il prelievo.

Ricostruzione grafica della procedura dell'amniocentesi

iStock,com/MedicalArtInc

Fa male?

In genere non è causa di dolore, ma è normale avvertire un certo fastidio e/o disagio; alcune donne paragonano la sensazione al dolore mestruale.

Quanto dura?

Generalmente servono circa 10 minuti per concludere l’amniocentesi, anche se in seguito la donna verrà tenuta in osservazione circa un’ora per evidenziare eventuali complicazioni (per un totale di 30 minuti circa).

Serve riposo dopo l’amniocentesi?

A seguito dell’esame è possibile tornare a casa, possibilmente accompagnata così da non dover guidare né restare sola, e riposare indicativamente 24 ore.

Si raccomanda di evitare per un paio di giorni attività fisicamente impegnative, sforzi e rapporti sessuali.

Rischi e complicazioni

Il rischio di andare incontro ad aborto spontaneo a seguito dell’amniocentesi è stimato attorno all’1% o meno a seconda delle fonti, ma in base alla letteratura scientifica più recente se l’esame viene eseguito in centri d’eccellenza il rischio sarebbe prossimo allo zero.

Esiste il rischio teorico di andare a creare problemi con l’ago, per esempio quando sia necessario passare attraverso la placenta, ma in genere non ci sono conseguenze.

Più concreto è invece il rischio di infezione, ma si parla di meno di un caso ogni 1000 amniocentesi eseguite.

Se il sangue materno è Rh negativo e quello del feto è invece positivo, è possibile che l’esame causi una sensibilizzazione del sangue materno, che risponderà con la formazione di anticorpi con potenziali complicazioni; per prevenire ogni problema si valutano in anticipo i gruppi sanguigni e si procede eventualmente attraverso l’iniezione di immunoglobuline anti-D per prevenire la sensibilizzazione.

Sottoporsi a un’amniocentesi precocissima, prima della 15esima settimana, porta con sé il rischio di un difetto congenito del piedino.

Eventuali fuoriuscite di liquido amniotico sono destinate a risolversi nell’arco di qualche giorno, ma con gli attuali aghi (particolarmente fini) è ormai raro che si verifichi.

In quali casi devo contattare il ginecologo dopo l’amniocentesi?

A seguito dell’esame è normale avvertire piccoli crampi paragonabili ai dolori mestruali e leggeri sanguinamenti vaginali per 1-2 giorni, ma si raccomanda di recarsi in Pronto Soccorso nel caso comparissero:

Quanto costa?

Per le donne con 35 anni o più gratuita nei centri pubblici, diversamente i costi sono molto variabili da un centro all’altro; a titolo assolutamente indicativo si può stimare in circa € 300.00, ma ampiamente variabili a seconda del centro e dello specialista scelto.

Poiché i rischi sono fortemente legati all’esperienza maturata dall’operatore, si raccomanda di rivolgersi esclusivamente a personale di comprovata affidabilità.

Villocentesi o amniocentesi?

La villocentesi è un esame che prevede il prelievo di un piccolo campione di villi coriali, un tessuto che costituisce la parte embrionale della placenta e che ha la funzione di:

  • assorbire ossigeno e nutrimento dal sangue materno,
  • cedere alla madre anidride carbonica e altre sostanze di rifiuto del feto.
Villi coriali

Di BruceBlausOpera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento

Può essere praticata dall’undicesima alla tredicesima settimana, quindi prima rispetto all’amniocentesi, e il rischio legato alla procedura è sovrapponibile o solo leggermente più elevato a seconda della tecnica utilizzata (va peraltro notato che il rischio di aborto spontaneo nel primo trimestre è più alto a prescindere).

I tempi di risposta sono generalmente più rapidi, pari a pochi giorni.

Entrambe le metodiche consentono la diagnosi di tutte le malattie cromosomiche, ma una differenza di notevole importanza è legata alla tipologia di aborto volontario in caso di scelta da parte della madre, che consiste in un raschiamento in day hospital se la diagnosi è effettuata entro le 13 settimane, un parto indotto se la diagnosi è successiva.

Purtroppo la scelta in alcuni casi è dettata dal fatto che la villocentesi viene eseguita solo in pochi centri specializzati.

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Domande e risposte
  1. A che settimana si fa l’amniocentesi?

  2. È sempre consigliata dopo i 35 anni?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Le ultime linee guida ministeriali consigliano l’esame alle donne con rischio elevato emerso a seguito di test combinato, a prescindere dall’età.

  3. Quando farla?

    1. Dr. Roberto Gindro

      L’argomento è dibattuto, anche perché nella valutazione rientrano pensieri e convinzioni personali, ma tendenzialmente viene valutata in caso di donne che abbiano ricevuto un risultato positivo al test di screening prenatale (test combinato, bi test, tri test), alle donne che abbiano già avuto figli con malattie cromosomiche o difetti del tubo neurale (ad esempio spina bifida) o che ne presentino famigliarità, o quando emergano dubbi durante le indagini ecografiche. Eventualmente può essere valutata in caso di malattie infettive (citomegalovirus, parvovirus B19, toxoplasmosi, rosolia).

  4. L’amniocentesi si fa alla 16a settimana, quindi oltre i 90 giorni per effettuare un interruzione di gravidanza, è forse possibile effettuare questo esame prima?

  5. La puntura è dolorosa?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Assolutamente no, in genere viene descritta più che altro come fastidiosa; non è semplice, ma più si riesce a rimanere rilassati durante l’iniezione dell’ago e minore sarà la percezione (come per le iniezioni normali).