Febbre e convulsioni febbrili nei bambini, cosa fare?

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Cosa sono le convulsioni febbrili

Le convulsioni febbrili sono crisi convulsive che possono verificarsi soprattutto nei neonati e nei bambini piccoli, scatenate dalla febbre. Queste convulsioni sono più probabili nei bambini tra i 6 mesi e i 5 anni di età, con un picco durante il secondo anno di vita.

Com’è noto la febbre può accompagnare comuni malattie dell’infanzia, come

ma in alcuni casi il bambino può non avere febbre al momento dell’episodio convulsivo e tuttavia svilupparla qualche ora dopo; durante la crisi il bambino perderà quasi sempre conoscenza e sia le braccia che le gambe verranno scosse da movimenti incontrollabili. Sintomi meno comuni consistono in

  • rotazione degli occhi,
  • irrigidimento degli arti,
  • spasmi di un solo lato o parte del corpo, ad esempio un braccio o una gamba.

Talvolta invece durante una crisi convulsiva il bambino può esclusivamente perdere conoscenza, ma senza manifestare scosse o movimenti evidenti.

La maggioranza degli episodi convulsivi dura solo pochi minuti e si accompagna a febbri con temperature superiori a 38°C. Benché possano spaventare i genitori, gli episodi di breve durata (meno di 15 minuti)

  • non sono causa di problemi di salute persistenti,
  • non sono connessi all’eventuale sviluppo di epilessia, disturbo caratterizzato da attacchi ricorrenti in assenza di febbre.

Anche episodi prolungati (di durata superiore ai 15 minuti) si risolvono di solito positivamente, ma comportano un rischio maggiore che ci sia un disturbo epilettico di base.

Un primo episodio di durata prolungata non potenzia sostanzialmente il rischio di recidiva, tuttavia un’eventuale recidiva avrà maggiori probabilità di avere una durata protratta.

Bambina a letto con la febbre

iStock.com/Martinbowra

Cause

Le convulsioni febbrili sono le più comuni manifestazioni convulsive nei lattanti e nei bambini piccoli e interessano circa il 2-5% dei bambini americani sotto i 5 anni di età; la causa esatta è ancora sconosciuta, ma sembrano connesse alla fase iniziale della febbre (in genere di 38° o superiore).

In alcuni casi può esserci una certa famigliarità, la probabilità di un attacco aumenta infatti in caso di parenti stretti che abbiano manifestato episodi durante l’infanzia.

L’elevata temperatura corporea è il fattore d’innesco più comune e questa di solito è una conseguenza della presenza di infezioni.

Si noti che, in presenza di diarrea o vomito gravi, le convulsioni possono essere dovute alla disidratazione.

Infezione

Le febbri che scatenano le convulsioni febbrili sono solitamente causate da infezioni virali, più raramente batteriche. Infezioni virali come l’influenza e malattie esantematiche, spesso accompagnate da febbre alta, sono le cause più comuni.

Convulsioni post-vaccinazione

Il rischio può aumentare dopo alcune vaccinazioni infantili, come le vaccinazioni per difterite, tetano e pertosse o morbilloorecchionirosolia. Il bambino può sviluppare una febbre modesta dopo una vaccinazione, ma è importante che è la febbre, non la vaccinazione, a causare le convulsioni.

La ricerca ha dimostrato i bambini hanno una probabilità di su 3-4000 di manifestare convulsioni febbrili dopo aver il vaccino MPR e i rischi sono ancora più bassi con il vaccino DTaP/IPV/Hib (un caso su 11-16000).

Sintomi

Gli episodi insorgono perlopiù entro 24 ore dall’inizio della febbre e possono essere il primo segno di malattia.

Le convulsioni sono classificate come semplici o complesse:

  • Semplici: questo tipo più frequente dura da qualche secondo a 15 minuti; non si ripetono nell’arco delle 24 ore e sono generalizzate, cioè non specifiche di una parte del corpo.
  • Complesse: questo tipo dura più di 15 minuti, si manifesta con più di un attacco nelle 24 ore o è limitato a un lato del corpo del bambino.

I sintomi associati possono andare da un modesto “sguardo perso” a un più grave tremore e irrigidimento dei muscoli.

Un bambino con convulsioni febbrili può:

  • avere febbre con temperatura superiore a 38 °C,
  • perdere conoscenza,
  • scuotere o muovere di scatto braccia e gambe,
  • vomitare o perdere schiuma dalla bocca,
  • girare gli occhi all’indietro.

Recidive

Circa un terzo dei bambini che ha manifestato un episodio andrà incontro a una recidiva in seguito, spesso entro un anno.

La recidiva è più probabile in caso di

  • primo episodio è avvenuto prima dei 18 mesi di vita
  • famigliarità
  • convulsioni febbrili comparse come primo segno di malattia
  • il primo episodio è legato a una febbre durata meno di un’ora o più bassa di 40°
  • il bambino frequenta un asilo nido (questo lo espone a un rischio maggiore di contrarre malattie infantili comuni, come l’influenza o la varicella).

Quando chiamare il medico

  • Si raccomanda di chiamare il pediatra il prima possibile dopo un primo episodio convulsivo, anche se di durata limitata a pochi secondi.
  • Chiamare l’ambulanza per portare il bambino in pronto soccorso se le convulsioni durano più di 10 minuti o sono associate a:

Pericoli

La stragrande maggioranza delle convulsioni febbrili è di breve durata e non causa danni a lungo termine. Durante un episodio convulsivo esiste una minima probabilità che il bambino si possa fare male cadendo o possa soffocarsi con cibo o saliva. Misure di primo soccorso adeguate aiutano a scongiurare questi pericoli (risulta per esempio essenziale liberare lo spazio attorno al bambino).

Non esistono dati a sostegno del fatto che brevi episodi convulsivi causino danni cerebrali: ampi studi hanno riscontrato che anche i bambini con convulsioni febbrili prolungate possono godere di percorsi scolastici normali e siano caratterizzati da test intellettivi con risultati sovrapponibili a quelli dei coetanei.

La maggioranza dei bambini si riprende perfettamente anche da episodi di durata protratta.

Convulsioni come fattore di rischio per l’epilessia

Più episodi o manifestazioni prolungate sono tuttavia un fattore di rischio per l’epilessia, ma la maggior parte dei bambini non va incontro agli episodi ricorrenti caratteristici di questa condizione. Alcuni bambini, inclusi quelli con paralisi cerebrale, sviluppo ritardato, altre anomalie neurologiche o una storia familiare di epilessia, hanno un rischio maggiore di svilupparla a prescindere dalle convulsioni febbrili, che possono sì essere più frequenti in questi bambini, ma non contribuiscono più di tanto al rischio globale.

Riassumendo:

  • I bambini che hanno un episodio breve a carico di tutto il corpo sono leggermente più a rischio di sviluppare epilessia rispetto alla popolazione generale.
  • I bambini che manifestino un episodio che dura più di 10 minuti, un episodio focale (convulsioni che iniziano da un lato del cervello) o episodi ricorrenti nell’arco delle 24 ore hanno un rischio moderatamente aumentato (circa 10%) di sviluppare epilessia rispetto ai bambini che non hanno convulsioni febbrili.
  • Il piccolo gruppo di bambini con episodi di durata superiore a 30 minuti suscita invece maggiori preoccupazioni. In questi bambini il rischio di epilessia arriva a 30 – 40%, anche se la malattia potrebbe non manifestarsi per parecchi anni. Studi recenti sembrano indicare che episodi prolungati possono danneggiare l’ippocampo, una struttura del cervello colpita da epilessia del lobo temporale (TLE, dall’inglese Temporal Lobe Epilepsy).

Diagnosi

Prima di eseguire la diagnosi nei lattanti e nei bambini, il pediatra può talvolta richiedere degli esami per assicurarsi che le convulsioni non siano causate da una sottostante e più grave condizione patologica.

Per esempio, la meningite, un’infezione delle membrane che circondano il cervello, può causare sia febbre che convulsioni che possono sembrare da febbre pur essendo ben più gravi. Se il pediatra sospetta che il bambino abbia la meningite può ritenere necessaria una rachicentesi per la ricerca di segni di infezione nel liquido cerebrospinale (il liquido che circonda il cervello e il midollo spinale).

I medici, inoltre, spesso eseguono altri test, come esami del sangue e dell’urina, per identificare la causa della febbre del bambino.

Se l’episodio convulsivo dura molto o è associato a un’infezione grave, oppure il bambino ha meno di 6 mesi, il pediatra può raccomandare il ricovero ospedaliero. Nella maggioranza dei casi, comunque, il bambino che le manifesta non dovrà ricorrere all’ospedalizzazione.

Cosa fare?

È importante che genitori e il personale assistenziale rimangano calmi, seguano le misure di primo soccorso e osservino attentamente il bambino. Se il bambino sviluppa convulsioni febbrili, è necessario:

  1. Annotare l’ora di inizio dell’episodio. Se l’episodio dura più di 5 minuti chiamare l’ambulanza, perché il bambino dovrà essere immediatamente ospedalizzato nel centro più vicino per la diagnosi e il trattamento.
  2. Chiamare l’ambulanza anche se l’episodio è durato meno di 5 minuti, ma il bambino non sembra riprendersi rapidamente.
  3. Porre gradualmente il bambino su una superficie protetta come il pavimento o il suolo per evitare lesioni traumatiche. Non provare a contenere il bambino durante le convulsioni.
  4. Al termine dell’episodio posizionare il bambino su di un fianco o sullo stomaco per evitare il soffocamento.
  5. Quando possibile, rimuovere con delicatezza qualunque oggetto dalla bocca del bambino. Durante una convulsione, non inserire mai niente nella bocca del bambino. Eventuali oggetti possono ostruire le vie aeree e ostacolare la respirazione del bambino.
  6. Ricorrere immediatamente al medico se è il primo episodio di convulsione febbrile del bambino e portarlo dal pediatra non appena la crisi è superata per identificare l’origine della febbre. Ciò è particolarmente urgente se il bambino mostra sintomi di rigidità nucale, sonnolenza estrema o vomito abbondante, che possono essere segni di meningite, un’infezione della superficie del cervello.

Prevenzione

Gli esperti raccomandano che i bambini colpiti da uno o più episodi non assumano nessuna terapia anticonvulsivante a scopo preventivo, poiché gli effetti collaterali dell’assunzione giornaliera di tali farmaci superano qualunque eventuale beneficio. Ciò è particolarmente vero dal momento che la maggioranza delle convulsioni febbrili è di breve durata e priva di rischi.

Se il bambino ha la febbre si ricorre in genere alla somministrazione di farmaci antipiretici, come paracetamolo o ibuprofene, tuttavia gli studi disponibili mostrano che questo di fatto non riduce il rischio di manifestare un ulteriore episodio.

Benché la maggioranza dei bambini con convulsioni non abbia bisogno di farmaci, medicine come il diazepam possono essere somministrate ai soggetti con particolare predisposizione. Questo farmaco può abbassare il rischio di una recidiva, è generalmente ben tollerato, benché occasionalmente possa causare sonnolenza, mancanza di coordinamento o iperattività. La suscettibilità a tali effetti collaterali varia enormemente tra i bambini.

Un primo episodio di durata protratta non implica necessariamente un rischio maggiore di recidive con durata protratta, però un’eventuale recidiva ha maggiori probabilità di essere protratta. Poiché episodi convulsivi di durata molto lunga hanno maggiori probabilità di determinare lesioni e un rischio aumentato di epilessia, alcuni medici possono prescrivere farmaci a questi bambini per prevenire convulsioni protratte.

Fonti e bibliografia

Adattamento dall’inglese a cura della Dr.ssa Greppi Barbara, medico chirurgo

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Domande e risposte
  1. Salve dottore,
    le volevo chiederle un info su mio figlio .
    I primi di agosto mio figlio ha preso la sesta malattia che gli ha causato febbre alta e purtroppo una convulsione.
    E’ stato ricoverato ed ora fortunatamente sta bene.
    Volevo solo chiederle…
    è normale che ora sia un po’ piu’ nervoso? è vero che è uscito dall’ospedale il 10 agosto(c’è stato 5 giorni) ma notiamo che da un po di tempo è più capriccioso.
    Le premetto che il primo settembre abbiamo l’elettrocefalogramma, però siamo un po preoccupati per il suo atteggaimento un po piu’ nervoso.
    Volevo sapere un suo parere
    ringraziandola in anticipo
    Marco

    1. Dr. Roberto Gindro

      Probabilmente solo un po’ di stress dovuto al ricovero.

  2. Tachipirina si può dare anche a stomaco vuoto? E Nurofen?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Tachipirina senza alcun problema.
      Nurofen in teoria sarebbe preferibile a stomaco pieno, ma con il benestare del proprio pediatra spesso viene somministrato anche a stomaco vuoto.