Dislessia: significato, sintomi, cause e test

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Che cos’è la dislessia?

La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento della capacità di lettura che si manifesta nonostante un’adeguata istruzione, in assenza di deficit intellettivi, neurologici o sensoriali e con adeguate condizioni socio-culturali (DSM-IV, manuale diagnostico e statistico americano).

Il significato del termine dislessia deriva dal greco:

  • dys, mancante o inadeguato,
  • lexis, parola o linguaggio.

Si tratta della disabilità di apprendimento più comune (si stima che colpisca dal 3 al 7% della popolazione, ma alcuni autori ritengono che fino al 10% delle persone o più abbia almeno un sintomo) e la diagnosi è sicuramente più comune nei bambini, che manifestano un desiderio di apprendimento pari ai coetanei, pur scontrandosi con difficoltà scolastiche maggiori nello sviluppo di specifiche abilità di lettura e scrittura.

“La dislessia non è una porta murata, ma una porta chiusa a doppia mandata. Per aprirla bisogna trovare la chiave giusta. Non è facile. Perché la serratura è veramente complicata, perché spesso non basta una chiave sola, perché la mandata a volte è tripla, non solo doppia… ma il messaggio è chiaro: la chiave esiste, la porta si può aprire, il muro è valicabile, non bisogna rassegnarsi. Per gli addetti ai lavori la chiave si chiama compensazione, o uso di strumenti compensativi, ossia l’insieme di strategie, metodi di studio, tecnologie, atteggiamenti, accorgimenti… che può consentire di ridurre, magari di azzerare, gli effetti del disturbo.”

(Filippo Barbera, Un’insolita compagna: la dislessia).

La dislessia non è quindi da considerare una malattia: i soggetti dislessici hanno problemi con la lettura e l’ortografia, pur avendo la capacità e il desiderio di imparare, ma richiedono semplicemente un approccio diverso dal percorso più comune per raggiungere gli obiettivi tradizionali.

Ad oggi si pensa che le cause siano da cercare in una possibile predisposizione genetica, probabilmente innescata da fattori ambientali.

La dislessia è generalmente un problema cronico, con cui il soggetto dovrà imparare a convivere per il resto della vita, ma il supporto oggi disponibile permette di affrontare con successo le sfide quotidiane scolastiche e professionali.

Come riconoscerla?

Soggetti diversi manifestano differenti gradi del disturbo e i problemi comprendono difficoltà relative a:

  • pronuncia,
  • lettura veloce,
  • scrittura a mano,
  • comprensione di ciò che si legge.

A chi rivolgersi?

In caso di dubbi, gli specialisti che si occupando di dislessia sia nel caso dei bambini che degli adulti sono principalmente:

  • psicologi clinici,
  • neuropsichiatri (infantili nel caso dei bambini),
  • logopedisti.

A seconda del centro possono poi fare parte dell’equipe anche altre figure specialistiche, come ad esempio:

  • pedagogista,
  • foniatra,
  • tecnico dell’Apprendimento.

Ricordiamo che la diagnosi può essere formulata solo da psicologici e medici mediante specifici test (per tale valutazione ci si può rivolgere alla propria ASL di appartenenza, oppure a specialisti che svolgono privatamente la libera professione).

I soggetti dislessici possono imparare a leggere?

Sì. Se un bimbo riesce ad avere una diagnosi sufficientemente precoce e riceve un adeguato supporto nella scuola materna e primaria, avrà significativamente meno problemi di lettura rispetto a bambini la cui diagnosi di dislessia sia avvenuta più avanti con l’età. In ogni caso non è mai troppo tardi per imparare a leggere, elaborare ed esprimere informazioni e concetti in modo più efficiente.

La ricerca mostra che i programmi di supporto che utilizzano tecniche strutturate di istruzione e alfabetizzazione possono realmente aiutare bambini e adulti nel migliorare le proprie capacità di lettura.

Fotografia di un bambino impegnato nella lettura

iStock.com/Chalabala

Cause

Non si conosce con esattezza la causa alla base della dislessia, ma è opinione diffusa che vada cercata in un complesso intreccio di fattori genetici e ambientali, mentre non è correlata al livello di intelligenza del soggetto colpito.

Quello che emerge con sufficiente chiarezza dalla letteratura ad oggi disponibile è l’aumento della probabilità di avere problemi di apprendimento della lettura per un bambino che abbia un genitore affetto da tale disturbo (familiarità). La presenza di difficoltà specifiche dell’apprendimento nei genitori di bambini con dislessia evolutiva è molto frequente e raggiunge circa il 70% dei casi. Alcuni studi attestano che il 45% dei parenti di primo grado dei soggetti dislessici è a sua volta affetto dal disturbo.

Gli studi anatomici effettuati con tecniche di imaging mostrano poi differenze rilevanti nel modo in cui il cervello di un soggetto dislessico si sviluppa e funziona, ancor più importante sono spesso rilevate difficoltà relative

  • all’identificazione dei diversi suoni che compongono la parola
  • e nel memorizzare e riconoscere quali lettere rappresentano quei suoni.

Può anche esordire in soggetti adulti a seguito di lesioni cerebrali causate da

Fattori di rischio

Relativamente ai fattori di rischio associati allo sviluppo di dislessia è bene ricordare che:

  • la loro assenza non esclude la comparsa del disturbo,
  • ma la presenza o la compresenza di più fattori di rischio ne aumenta notevolmente il sviluppo.

Ricordiamo tra gli altri:

  • presentare di un disturbo del linguaggio,
  • storia genitoriale di alcolismo e abuso di sostanze,
  • esposizione a due o più anestesie generali dopo il parto entro il 4° anno di vita,
  • familiarità.

In passato si riteneva che i ragazzi fossero maggiormente soggetti allo sviluppo di dislessia rispetto alle ragazze, ma la ricerca attuale ha dimostrato che le percentuali di diffusione tra i due sessi sono in realtà più o meno sovrapponibili; una possibile spiegazione delle passate valutazioni può essere legata al fatto che le ragazze mostrano una maggior tendenza a mascherare e nascondere eventuali difficoltà, portando quindi a una riduzione delle diagnosi. A questo proposito vale infine la pena notare che ad oggi non esistono più casi in assoluto che in passato, ma nel complesso possiamo avvalerci di una più efficace individuazione e diagnosi.

Sintomi: come si manifesta la dislessia?

I segni ed i sintomi della dislessia variano da persona a persona e ogni individuo rappresenta un modello unico di forza e debolezza.

Bambini in età prescolare

In alcuni casi è possibile ipotizzare il disturbo prima ancora dell’ingresso nella scuola primaria, attraverso l’osservazione di sintomi quali:

  • ritardo nello sviluppo della parola rispetto ai coetanei (anche se ovviamente le cause possono essere diverse),
  • difficoltà di pronuncia per alcuni suoni e inversione delle lettere,
  • difficoltà o ridotto interesse verso le lettere dell’alfabeto (quando affrontato nella scuola materna).

Bambini in età scolare

La dislessia è una difficoltà che riguarda essenzialmente la capacità di leggere in modo corretto e fluente.

Il soggetto dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacità e le sue energie (manca l’automatizzazione) e inoltre:

  • si stanca rapidamente,
  • commette numerosi errori (come l’inversione di fonemi e sillabe il-li, sostituzione di fonemi vento-fento, aggiunta o ripetizione tavolo-tavovolo,…),
  • rimane indietro,
  • legge più lentamente,
  • non impara in maniera adeguata (comprende le informazioni trasmesse verbalmente, ma ha difficoltà con quelle scritte),
  • può presentare una calligrafia non ottimale,
  • manifesta difficoltà di organizzazione.

Adolescenti e adulti

Oltre a quanto presentato sopra, i soggetti con età maggiore possono manifestare altri sintomi:

  • difficoltà nel presentare argomenti in forma scritta, anche se ottimamente conosciuti,
  • difficoltà nel produrre temi e scritti elaborati,
  • tentativo di evitare situazioni in cui sia richiesta una qualche forma di lettura/scrittura,
  • difficoltà nel prendere appunti,
  • difficoltà nel memorizzare numeri (PIN, numeri di telefono, …).

Altro

Spesso i soggetti affetti da questo disturbo manifestano buone o ottime capacità in altri ambiti, come il pensiero creativo e il problem-solving.

Sovente la dislessia si presenta in comorbilità (cioè “insieme a”) con altri disturbi specifici quali,

  • disortografia (difficoltà nell’apprendimento della scrittura in presenza di normale intelligenza),
  • discalculia (difficoltà nell’apprendimento e nella risoluzione di concetti matematici),
  • difficoltà di attenzione (come l’ADHD).

Diagnosi

Quanto prima viene riconosciuto il disturbo e formulata la diagnosi, tanto più efficaci potranno essere gli interventi educativi a sostegno del bambino, anche se purtroppo una diagnosi precoce rappresenta una sfida particolarmente impegnativa sia per i genitori che per gli insegnanti, perché segni e sintomi non sempre sono sufficientemente evidenti e chiari.

Se sei preoccupato/a per gli scarsi progressi di tuo/a figlio/a verso la lettura e la scrittura, il primo passo è parlarne con i suoi insegnanti ed eventualmente con il pediatra, per escludere problemi organici di:

  • visione (miopia, strabismo, …),
  • udito,
  • altro (come un deficit di attenzione e iperattività).

Sono disponibili alcuni strumenti e test utili agli insegnanti per l’individuazione precoce dei bambini “a rischio”, con cui eventualmente impostare e attuare attività di potenziamento mirate; nel caso in cui il bambino continuasse a presentare difficoltà, si consiglia l’invio (fine classe seconda primaria) presso la NPI locale (neuropsichatria infantile) per l’accertamento del disturbo attraverso test standardizzati convalidati relativi a:

  • memoria,
  • ortografia,
  • visione,
  • capacità di lettura.

Anche se la diagnosi definitiva può essere posta solo a 8 anni, un intervento intrapreso prima di questa scadenza permette in caso di conferma una prognosi migliore.

Si sottolinea che la formulazione della diagnosi è un atto di esclusiva pertinenza specialistica (neuropsichiatra e/o psicologo) e per richiedere una diagnosi di DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) è necessario rivolgersi all’ASL o a un professionista privato convenzionato o accreditato dall’ASL in base alla Consensus Conference 2012 (cerca la sezione Associazione Italiana Dislessia più comoda per ricevere supporto).

Insegnanti ed altre figure professionali (come logopedisti, psicomotricisti, …) possono tuttavia somministrare alcuni dei test necessari per una diagnosi certa, tappa che è spesso di fondamentale importanza per individuare i bambini/ragazzi da inviare allo specialista.

Riabilitazione

L’approccio attuale è di tipo multifattoriale e integrato; è auspicabile intraprendere un training riabilitativo non solo fonologico-metafonologico con l’aiuto di un logopedista, ma anche imperniato sulle funzioni esecutive (attenzione, memoria, percezione, …).

Il termine “evolutivo” che spesso accompagna il nome del disturbo (dislessia evolutiva) indica i cambiamenti e le modificazioni del disturbo nel tempo che, attraverso riabilitazioni personalizzate, è possibile guidare verso una miglior gestione dei sintomi e delle proprie caratteristiche e abilità. Anche se non si riesce a curare e risolvere completamente la disabilità, è senza dubbio possibile diminuire significativamente l’impatto dei sintomi sul quotidiano.

Come anticipato in apertura dovremmo quindi più correttamente considerare la condizione come un diverso modo di apprendere, con vantaggi e svantaggi; alcune delle differenze cognitive che gli individui dislessici manifestano possono concretamente conferire vantaggi in specifici ambiti di applicazione, da valorizzare attraverso diversi percorsi di apprendimento.

I seguenti sono alcuni dei punti di forza che le persone con dislessia possono manifestare:

  • spiccata curiosità,
  • capacità di risoluzione di problemi,
  • comprensione di nuovi concetti,
  • creatività e pensiero laterale,
  • pensiero analitico,
  • costruzione 3D,
  • capacità di visione del quadro generale.

Attraverso l’uso di strategie di compensazione ed un adeguato supporto educativo i bambini dislessici possono imparare a leggere e scrivere; esistono ad esempio tecniche ed ausili che aiutano a gestire ed affrontare i sintomi del disturbo.

Un parte importante dell’approccio riguarda poi la necessaria riduzione dello stress e dell’ansia, che ostacolare la comprensione scritta. Sono stati proposti specifici font (caratteri) per favorire il riconoscimento delle lettere, ma i risultati in letteratura non hanno mantenuto le attese, mentre sembra poter essere utile una maggiore spaziatura tra le lettere.

Fonti e bibliografia

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Domande e risposte
  1. Si può guarire dalla dislessia?

    1. Dr. Roberto Gindro

      No, tendenzialmente non è possibile guarire, ma un adeguato training riabilitativo permette grandi miglioramenti; si noti che questo è il pensiero più diffuso nella comunità scientifica, ma alcuni specialisti ritengono che sia possibile la guarigione.

  2. A quale specialista devo rivolgermi per una diagnosi certa?