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Introduzione

AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome) sta per sindrome da immunodeficienza acquisita, una malattia che rende difficile al corpo contrastare le altre malattie infettive.

Il virus da immunodeficienza umana, conosciuto come HIV, causa l’AIDS infettando e danneggiando parte delle difese del corpo contro le aggresioni esterne, i linfociti, in particolare, che sono un particolare tipo di globuli bianchi che nel sistema immunitario hanno il compito di scacciare i batteri e virus invasori.

L’HIV può essere trasmesso attraverso il diretto contatto con il sangue o con i liquidi del corpo di qualcuno che è stato infettato dall’HIV, il contatto di solito avviene scambiandosi aghi o avendo rapporti sessuali non protetti con una persona infetta. Un neonato può contrarre l’HIV dalla madre che è infetta.

I primi segni e sintomi dell’infezione da HIV sono:

  • febbre,
  • mal di gola,
  • eruzione cutanea,
  • stanchezza,
  • dolori articolari e muscolari,
  • linfonodi ingrossati.

Si noti che sono sintomi simil-influenzali, quindi vaghi ed aspecifici, ma soprattutto si presentano indicativamente in 4 pazienti su 5 e con entità estremamente variabile, non permettendo quindi una diagnosi sulla base dell’osservazione di eventuali manifestazioni; la diagnosi viene invece formulata attraverso esami del sangue, che possono fornire una risposta spesso definitiva già a 30 giorni dal comportamento a rischio.

Sebbene esistano delle cure per l’HIV e l’AIDS, non esistono vaccini o medicine risolutive; esistono dei comportamenti che, se assunti, permettono di prevenire il contagio.

Il virus HIV attacca specifici linfociti, chiamati cellule T-helper (conosciute anche come cellule T), prende il sopravvento su di esse e si moltiplica. Questo processo continuo distrugge altre cellule T, compromettendo cosi la capacità del corpo di reagire ad insulti esterni attraverso il sistema immunitario.

Quando il numero di cellule T diminuisce considerevolmente, le persone con HIV sono più predisposte ad altre infezioni e potrebbero contrarre alcuni tipi di cancro che un corpo sano normalmente sarebbe capace di combattere. Questa ridotta immunità (immunodeficienza) è conosciuta come AIDS e potrebbe trasformarsi in gravi infezioni minacciose per la vita, alcune forme di cancro ed il deterioramento del sistema nervoso. Sebbene l’AIDS sia sempre il risultato di un infezione da HIV, non tutti quelli che hanno contratto l’HIV hanno l’AIDS. In realtà, gli adulti che hanno contratto HIV possono sembrare sani per anni prima che si ammalino di AIDS.

Infografica riassuntiva sull'HIV

iStock.com/Alena Igdeeva

Che differenza c’è tra HIV e AIDS?

L’HIV è un virus, il virus dell’immunodeficienza umana, capace di attaccare e distruggere il
sistema immunitario negli esseri umani; grazie alla lenta progressione della malattia una persona colpita dall’HIV può apparire perfettamente sana e normale per anni, ma al termine di questo decorso aumenterà la vulnerabilità verso numerose malattie anche gravi (infezioni opportunistiche), da cui un organismo sano riuscirebbe a difendersi senza difficoltà.

AIDS è un acronimo inglese che significa “sindrome da immunodeficienza acquisita” e che indica un sistema immunitario troppo debole per combattere le infezioni.

Se non viene contrastato l’HIV può portare allo sviluppo dell’AIDS.

Come capire se si ha l’HIV?

Non è possibile diagnosticare HIV/AIDS in base ai sintomi, ma solo attraverso l’esecuzione degli specifici esami (su saliva e sangue, con specificità e sensibilità diverse a seconda della tipologia di esame); per approfondire vedere il paragrafo dedicato.

Dopo quanto tempo compaiono i sintomi dell’HIV?

Alcuni pazienti mostrano una serie di sintomi piuttosto generici a distanza di circa 2-4 settimane dal contagio, destinati a passare entro breve tempo; i sintomi più gravi, correlati all’AIDS, richiedono talvolta fino a 10 anni prima di fare la loro comparsa.

Come nasce l’HIV?

L’HIV è molto probabilmente una forma mutata del virus dell’immunodeficienza delle scimmie, una malattia che colpisce solo gli scimpanzé e le scimmie africane; è probabile che il contagio sia avvenuto per contatto con sangue infetto da parte di alcuni cacciatori.

Per approfondire segnalo il relativo articolo su Wikipedia.

Diffusione

Il primo caso di AIDS fu riportato nel 1981, ma la malattia potrebbe essere esistita da tanti anni senza essere isolata o riconosciuta. L’infezione da HIV che porta all’AIDS è una  delle principali cause di malattie e morte tra bambini, adolescenti e adulti in tutto il mondo. L’AIDS è stata la sesta causa principale di morte negli Stati Uniti tra i 15 e i 20 anni di età dal 1991.

In anni recenti in Italia si è registrato dal 1996 un progressivo calo sia del numero di nuove infezioni che di morti dovute alla malattia che dura fortunatamente ancora oggi, così come aumenta progressivamente anche l’aspettativa di vita di un soggetto sieropositivo, che se diagnosticato in fase precoce è ormai paragonabile a quella di chiunque altro.

La maggior parte dei casi di nuova infezione riguarda oggi la trasmissione sessuale, mentre in passato era tipica dello scambio di siringhe infette tra coloro che facevano uso di droghe iniettabili.

i dati diffusi dall’OMS indicano che dall’inizio dell’epidemia i pazienti ad aver contratto l’infezione sono oltre 70 milioni e fino ad oggi la malattia ha mietuto circa 35 milioni di vittime nel mondo,

  • 940.000 nel 2017, ma erano
  • 1.4 milioni nel 2010 e
  • quasi due milioni nel 2004.

Di fronte a questi numeri allarmanti possiamo tuttavia individuare anche buone notizie, come il fatto che tra il 2000 e il 2016 le nuove infezioni da HIV siano diminuite del 39% e le morti ridotte di un terzo.

Ad oggi sono circa 37 milioni i pazienti che nel mondo vivono con l’HIV, di cui 22 milioni in cura e il 25% che ignora la propria condizione di sieropositività, ponendo a rischio sé stesso e i partner.

Di fronte a questi numeri drammatici c’è però un aspetto importante da sottolineare,

nel 2018 l’HIV non è più considerata una malattia mortale, bensì una malattia cronica che richiede tuttavia uno scrupoloso follow-up.

Sintomi

L’infezione da HIV passa essenzialmente attraverso 4 stadi principali:

  1. incubazione,
  2. infezione acuta,
  3. periodo di latenza,
  4. AIDS.

L’iniziale periodo di incubazione, totalmente asintomatico (privo cioè di sintomi) dura mediamente da 2 a 4 settimane dal momento del contagio.

Il secondo stadio, l’infezione acuta, dura in media 28 giorni (ma in genere meno) e spesso trascorre senza alcun sintomo.

Quando presenti, i sintomi caratteristici dell’HIV dopo il contagio sono:

  • febbre,
  • linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi),
  • faringite (mal di gola),
  • rash (manifestazioni cutanee),
  • mialgia (dolore muscolare),
  • stanchezza e malessere,
  • comparsa di piccole piaghe in bocca e nell’esofageo.
Elenco dei sintomi della fase acuta

I sintomi della fase acuta, quando presenti, mimano una sindrome influenzale (iStock.com/solar22)

Più raramente compaiono anche:

Pochissimi casi al mondo sono stati connessi con lo sviluppo di una paralisi facciale.

La terza fase diventa nuovamente priva di sintomi e può durare da qualche anno a oltre 15, fin quando sopraggiunge la fase dell’AIDS con sviluppo di infezioni e tumori di varia natura (polmonite, micosi, …)

Gli adolescenti e gli adulti che contraggono l’HIV spesso non mostrano alcun sintomo al momento in cui contraggono l’infezione.

Potrebbero passare 10 anni o più prima che si manifestino i sintomi.

Nell’arco di questo tempo possono trasmettere il virus senza nemmeno sapere di averlo.

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Quadro_sintomatologico_dell%27AIDS.PNG

Appena i sintomi dell’AIDS si manifestano possono includere:

I pazienti diventano in questa fase più soggetti ad infezioni opportunistiche esterne, che rappresentano i veri pericoli, come ad esempio:

Sintomi nei neonati

Sebbene possano non esserci segni fisici immediati dell’infezione da HIV alla nascita, questi segni di infezione potrebbero comparire nel giro di 2 o 3 mesi dopo che il bambino è nato. I bambini nati con HIV possono sviluppare infezioni opportunistiche , che sono malattie in grado di  manifestarsi solo in sistemi immunitari indeboliti, come la polmonite Pneumocysti carinii (PCP).

Un bambino con HIV potrebbe anche avere attacchi più gravi di altre infezioni comuni dell’infanzia, come l’infezione del virus Epstein-Barr (EBV), che generalmente causa malattie leggere nella maggior parte dei bambini. Nei paesi in via di sviluppo la tubercolosi è un problema particolarmente comune e spesso la causa di morte di bambini e adulti.

Un bambino nato con l’infezione da HIV molto probabilmente sembrerà sano, ma nel giro di 2 o 3 mesi dalla nascita potrebbe iniziare ad apparire malato, con insufficiente aumento di peso, ripetute infezioni da fungo alla bocca (mughetto), linfonodi ingrossati, fegato o milza ingrossati, problemi neurologici ed infezioni batteriche multiple, compresa la polmonite.

Contagio e trasmissione

 

L’HIV viene trasmesso attraverso il contatto diretto con il sangue o i liquidi corporei di qualcuno che è affetto dal virus; le principali condizioni di rischio quindi sono:

I tre modi principali con cui l’HIV viene trasmessa ai bambini sono:

  1. mentre il bambino si sviluppa nell’utero della madre (intrauterino),
  2. al momento della nascita,
  3. durante l’allattamento.

Tra gli adolescenti e gli adulti il virus è più comunemente diffuso attraverso comportamenti ad alto rischio, come:

  • rapporti sessuali non protetti (soprattutto vaginale o anale),
  • scambio di aghi usati per iniettare steroidi o droga, tatuaggi e body art.

In casi molto rari l’HIV viene anche trasmesso attraverso il diretto contatto con una ferita aperta di una persona infetta e attraverso le trasfusioni di sangue.

NON sussiste rischio di contagio in caso di:

  • abbracci,
  • strette di mano,
  • condivisione di servizi igienici,
  • condivisioni di piatti, posate o bicchieri,
  • baci “sociali”,
  • contatti con saliva,lacrime o sudore in assenza di sangue,
  • punture di zanzare o altri insetti.

Trasmissione sessuale

(Fonte: Medicitalia.it, Dr. Mario Corcelli)

Il virus dell’HIV si trova in quantità significativamente importante nel:

  • sangue,
  • liquido pre-eiaculatorio e sperma,
  • fluido vaginale,
  • latte materno.

Mentre la saliva non contiene una quantità significativa, a meno di presenza di problemi in bocca che determinino per esempio la fuoriuscita di sangue.

Tutte le mucose dell’organismo sono esposte a rischio di contagio:

  • glande e cute interna del prepuzio (parti anatomiche del pene),
  • vagina,
  • congiuntiva dell’occhio,
  • interno dell’ano,
  • narici e interno del naso,
  • bocca.

Da un punto di vista molto generale possiamo considerare come atteggiamenti sessuali sicuri la masturbazione reciproca, abbastanza sicuri i rapporti protetti da preservativi ed i baci, mentre è ovviamente ad alto rischio un rapporto completo non protetto.

Se durante un rapporto il preservativo si rompesse non c’è modo di annullare il rischio, ma per diminuirlo il più possibile è necessario:

  • Uomo: Interrompere subito il rapporto, lavarsi accuratamente il pene e cercare di urinare;
  • Donna: Non è chiaro se una lavanda vaginale immediata sia benefica od aumenti il rischio di contagio per alterazione del pH vaginale.
  • Se lo sperma o il sangue mestruale finisce in bocca è importante non ingerire ma sputare subito, per sciacquarsi poi accuratamente la bocca.

Più nel dettaglio vediamo il grado di rischio di diverse pratiche sessuali:

Rischio Nullo

  • Rapporti personali, familiari e sociali (abbracciarsi, baciarsi sulla guancia, stringere la mano, condivisione di bicchieri e posate, condivisione del letto o dell’asciugamano, condivisione pettine o spazzola, starnuti o colpi di tosse, giochi di contatto a scuola, … E’ invece da evitare la condivisione di spazzolini da denti e rasoi.).
  • Contatto con sudore.
  • Contatto con lacrime.
  • Bacio (Rischio basso in caso di gengiviti, parodontopatie e ferite sanguinanti).
  • Leccare il corpo del partner, ad esclusione delle parti intime, sia per chi riceve che per chi agisce.
  • Masturbazione maschile per entrambi i soggetti, attivo e passivo. (L’eiaculazione nella mano o su altre parti non intime del corpo non comporta alcun rischio, perché la pelle è una efficace barriera protettiva. E’ ovviamente necessario lavarsi accuratamente le mani o la parte del corpo con traccie di sperma prima di tornare a toccare le parti intime od altre mucose come la bocca e gli occhi. In presenza di mani con pelle non del tutto integra il contatto con lo sperma ha rischio basso.)
  • Masturbazione femminile dal punto di vista di entrambi i soggetti, attivo e passivo (in presenza di mani con pelle non del tutto integra si ha rischio basso).

Rischio Basso

  • Fellatio passiva (porre il pene in bocca al partner): il rischio nasce solo nel caso di ferite aperte e sanguinanti in bocca al partner.
  • Fellatio attiva (accogliere il pene in bocca) senza eiaculazione in bocca. Secondo alcuni infettivologi il rischio sarebbe nullo.
  • Cunnilingus passivo (ricevere stimolazione della vagina con la lingua): il rischio nasce solo nel caso di ferite aperte e sanguinanti in bocca al partner.
  • Cunnilingus attivo (stimolazione della vagina con la lingua); rischio superiore per il soggetto attivo, la probabilità di contagio aumenta sensibilmente nel caso di mestruazioni e/o presenza di gengiviti, ferite, … in bocca.
  • Anilingus (rapporto orale “bocca-ano”) Rischio nullo o molto basso per chi lo riceve (anche se ci sono dubbi in proposito, in condizioni particolari il rischio può diventare non trascurabile), rischio basso o molto basso per il soggetto attivo a seconda delle fonti consultate (naturalmente le probabilità di contagio cambiano di conseguenza nel caso di sanguinamento orale/anale).

Rischio Alto

  • Rapporto vaginale, dal punto di vista maschile. (Nel caso di presenza di mestruazioni il rischio aumenta sensibilmente)
  • Eiaculazione sulla faccia per il soggetto che viene a contatto con lo sperma (nel caso di contatto del liquido seminale con la mucosa della bocca e degli occhi).
  • Fellatio attiva (accogliere il pene in bocca) con eiaculazione in bocca.

Rischio Altissimo

  • Rapporto vaginale dal punto di vista femminile, il rischio è maggiore per la presenza di sperma in vagina per molte ore/giorni.
  • Rapporto anale, per entrambi i partner (anche se il rischio per il partner passivo è più che doppio).

Si ricorda infine che, oltre all’AIDS, a seguito di rapporti sessuali od altri tipi di contatti si possono contrarre numerose altre malattie.

Rapporti con pazienti sieropositivi in terapia

È stato dimostrato che una persona sieropositiva in terapia antiretrovirale, con viremia stabilmente nulla da almeno sei mesi, non è contagiosa (è importante procedere a periodici controlli della viremia, che potrebbe temporaneamente aumentare anche seguendo correttamente la terapia).

L’indicazione trova solide conferme in letteratura (soprattutto grazie agli studi HPTN 052, PARTNER e Opposites Attrac) ed è ormai accettata e promossa dalle più importanti società scientifiche mondiali (come il CDC e l’NIH americani e l’NHS inglese).

Questa importante considerazione viene sintetizzata con lo slogan undetectable=untransmittable (U=U), ossia non rilevabile = non trasmissibile, concetto che viene spesso descritto anche come “trattamento come prevenzione”, perché una regolare assunzione dei farmaci consente di eliminare il rischio di trasmissione del virus in coppie sierodiscordanti (ossia in cui solo un partner sia sieropositivo).

Questo non deve essere inteso come il via libera ad avere rapporti sessuali con un partner sconosciuto senza preservativo sulla base del pensiero che “forse se sieropositivo assume la terapia”,

  • in primis perché non tutti i sieropositivi sanno di esserlo e quindi non si curano (la maggior parte delle infezioni, anzi, deriva da questa causa),
  • poi perché non tutti i sieropositivi consapevoli si curano immediatamente,
  • per raggiungere una viremia non rilevabile possono servire fino a sei mesi di terapia regolare,
  • esistono altre malattie sessualmente trasmesse,
  • infine perché non è detto che uno sconosciuto che sia sieropositivo assuma le sue pillole ogni giorno, e quindi, adeguatamente.

Allo stesso modo non significa che una persona sieropositiva possa avere rapporti sessuali occasionali non protetti soltanto perché si cura, in quanto la scelta spetterà sempre al partner consenziente negativo.

Questi studi servono invece:

  • nell’ambito di coppie sierodiscordanti, ovvero formate da un partner sieronegativo ed un altro sieropositivo, laddove per esempio la coppia voglia avere Gravidanza in caso di HIV;
  • alla coppia sierodiscordante monogama ,etero o gay, che consapevolmente decida di avere rapporti sessuali senza l’uso del preservativo;
  • alla coppia sierodiscordante, laddove si decida di continuare ad usare il preservativo, per una maggiore tranquillità in caso di incidenti (rottura del condom).

Vale la pena notare che la stessa certezza non esiste per le donne in gravidanza e in allattamento.

Purtroppo anche quando la carica virale non sia più rilevabile, l’HIV è ancora presente nell’organismo in forma inattiva, nascosto in alcune cellule e pronto a riattivarsi in caso di sospensioni della terapia.

Test

Raccomando di chiedere sempre al medico responsabile del centro a cui ci si appoggia quando fare il test e quando considerarlo definitivo, in quanto la variabilità del periodo finestra è elevatissima a seconda del test in uso (da un mese per i test più recenti fino ad un anno per i test di vecchia generazione).

Il test attualmente più utilizzato per rilevare un eventuale contagio da HIV è il test combinato, in grado di rilevare la presenza di anticorpi prodotti dall’organismo in risposta al virus e specifiche particelle virali (antigene p24). Di norma il test HIV Ab viene eseguito con il metodo ELISA, per questo motivo di solito si parla genericamente di test ELISA.

Quando può essere eseguito il test? Dopo quanto tempo dal rapporto? Questo test non può essere eseguito subito dopo il possibile contagio.

Nel momento in cui il virus contagia l’ospite, questo non è in grado di produrre immediatamente gli anticorpi; si parla quindi di periodo finestra in cui il contagio è avvenuto, è possibile contagiare nuovi partner, ma non si sono ancora formati gli anticorpi (non si è ancora sieropositivi ma, ripetiamo, si è già contagiosi).

Il periodo finestra dura mediamente da 4 a 6 settimane per il test ELISA di vecchia generazione (Ministero della Sanità), tecniche più recenti permettono di accorciarlo fino a 22 giorni; oltre il 99% dei contagi sono però rilevabili dopo 3 mesi e, un periodo di 6 mesi, è sì possibile ma raro e consente di includere tutti i soggetti (recentemente le linee guida italiane ritengono definitivo il test a 3 mesi, ma alcuni organismi internazionali come l’OMS suggeriscono la rara possibilità di sieroconversioni tardive).

Sempre più infettivologi considerato definitivo il test eseguito a 30 giorni dal comportamento a rischio, anche se per scrupolo viene in genere fatto ripetere a 3 mesi.

Durante questo periodo il test ELISA è quindi negativo (nonostante si sia stati infettati), anche se in realtà il soggetto è stato contagiato. Per considerare definitivo il risultato è quindi necessario ripetere il test a 3 mesi dal rapporto a rischio, generalmente l’iter seguito è il seguente:

  1. Il primo test viene eseguito dopo un mese (oltre cioè la durata media del periodo finestra): questo permette di riprendere tranquillità in caso di esito negativo o di agire precocemente in caso di esito positivo.
  2. Un secondo test è effettuato dopo 3 mesi: un esito negativo ha valore definitivo.
  3. L’esito a 6 mesi in Italia non è in genere più richiesto, occasionalmente può essere suggerito solo nel caso di rapporto o comportamento a rischio con un soggetto sicuramente sieropositivo.

In genere a seguito di un test Elisa positivo si procede con un test di conferma basato su una tecnica diversa (Western Blot).

Nella maggior parte dei Centri italiani è possibile effettuare il test in completo anonimato, nei restanti per legge il test ed il risultato sono strettamente confidenziali; nelle strutture pubbliche inoltre il test è gratuito.

Test precoci

Sono sempre più diffusi ed utilizzati dei test precoci, per esempio il test che rileva l’RNA virale attraverso la tecnica della PCR, in grado di fornire un risultato praticamente definitivo ben prima dei classici 3 mesi; si consiglia in ogni caso di affidarsi al giudizio di un medico esperto in malattie sessualmente trasmesse, che guiderà nella scelta dei modi e dei tempi da seguire per arrivare ad una corretta esclusione o diagnosi della malattia.

Durata

Non esistono al momento cure per la guarigione dall’HIV o dell’AIDS: i bambini che contraggono l’HIV alla nascita sviluppano AIDS prestissimo e tendono ad avere complicazioni più gravi rispetto agli adulti con il virus.

I recenti progressi ottenuti grazie ai nuovi farmaci hanno permesso di garantire ai pazienti sieropositivi in terapia un’aspettativa di vita pari a quella di chiunque altro ed anche nel caso di diagnosi ritardata la sopravvivenza media è spesso di qualche decennio.

Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet HIV e condotto su quasi 90000 persone conferma che la speranza di vita per un paziente colpito da HIV è in aumento grazie all’attuale offerta di farmaci antiretrovirali disponibili; in particolare si stima che per un ventenne che abbia iniziato la terapia dal 2008 l’aspettativa di vita sarebbe vicina a quella della popolazione generale. Con i nuovi farmaci già in fase avanzata nel loro percorso di ricerca e verifica e presumibilmente in commercio nei prossimi anni è fondata la speranza che i risultati possano ulteriormente migliorare.

Di fatto il momento in cui si inizia la terapia antiretrovirale ha un impatto decisivo sull’aspettativa di vita: quanto più è precoce tanto più è probabile garantire un’aspettativa pari a soggetti sani, tanto che nei Paesi sviluppati si parla ormai di malattia cronica e non più mortale.

Fonti e bibliografia

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Domande e risposte
  1. Come capire se si ha l’HIV?

    1. Dr.ssa Fabiani (Medico Chirurgo)

      L’unico modo per verificarlo è attraverso il test, mentre né eventuali sintomi né esami del sangue non specifici permettono una valutazione attendibile.

  2. Dopo quanto tempo compaiono i sintomi dell’HIV?

    1. Dr. Roberto Gindro

      A seguito del contagio si va incontro al periodo d’incubazione, che dura mediamente da 2 a 4 settimane; a questo punto è possibile sviluppare una serie di sintomi simili a quelli influenzali (ma alcuni pazienti non sviluppando alcun disturbo).
      Possono poi passare diversi anni prima che si sviluppino i sintomi dell’AIDS conclamato.

  3. Dopo quanto tempo fare il test?

  4. Come si trasmette l’HIV?

    1. Dr. Roberto Gindro

      L’HIV si può trasmettere solo attraverso i seguenti liquidi biologici di persone con HIV inconsapevoli o non in terapia: sangue e suoi derivati, sperma e secrezioni vaginali, latte materno.

      Ne consegue che la trasmissione può avvenire per esempio attraverso rapporti sessuali, scambio di siringhe, trasfusioni di sangue contaminato, gravidanza e raramente durante l’allattamento.

      Un paziente in terapia vede spesso annullato il rischio di trasmettere l’infezione (ma si raccomanda di fare riferimento al proprio specialista).

  5. Quanto dura l’incubazione?

    1. Dr. Roberto Gindro

      Passano da 2 a 4 settimane prima della comparsa dei sintomi della fase acuta, ma possono passare fino a 10 anni o più prima dello sviluppo della fase conclamata (AIDS).

  6. Dove comprare il test HIV?

    1. Dr. Roberto Gindro

      È possibile acquistare un test domiciliare in farmacia, oppure rivolgersi presso qualunque ospedale per sottoporsi gratuitamente e in modo anonimo ad un test di ultima generazione.

  7. Con un bacio alla francese (profondo) è possibile prendersi l’HIV?

    1. Dr. Roberto Gindro

      No, il bacio non può essere causa di trasmissione del virus, a meno che entrambi i partner non abbiano gravi ferite in bocca.